Darsi una mano

di Marta e Mario G.

Quante volte vostro marito si è offerto di darvi una mano e voi, in una frazione di secondo, come in un film avete già visualizzato almeno cinque possibili catastrofi ambientali? Con il sorriso più bello avete celato questo terrore dicendogli: “No grazie, tesoro, vai pure a riposare, faccio da sola….”.

E lui sollevato da ogni incombenza, orgoglioso di aver offerto la sua assistenza all’adorata mogliettina, con la convinzione di essere stato anche questa volta un bravo marito disponibile, si dirige soddisfatto alla sua postazione informatica: “E’ fatta, ho il pomeriggio libero! E poi a me dà molto fastidio sudare…”.

Vogliamo provare ad individuare alcune attività che richiedono l’aiuto dell’altro?

Avete mai provato a riempire un sacco di plastica con qualche palata di letame? Il sacco vuoto non vuole proprio saperne di stare in piedi da solo e soltanto un marito può rendere il tutto più pratico e piacevole: che gioia poi vedere la sua faccia quando “casualmente” cade qualche grumo di stabbio sulle sue mani!

Avete mai provato a piegare un lenzuolo matrimoniale fresco di bucato da sole, senza che assuma la forma di un paracadute dopo una discesa? Io, dopo vari tentativi, mi sono dovuta arrendere e accettare, invocare e attendere l’aiuto del mio “lui”. Ora mio marito mi dà una mano, ma sapeste quante volte abbiamo dovuto riprovare per giungere “democraticamente” alla nostra attuale tecnica: d’altronde lui in gioventù aveva “piegato” (meglio, raccolto) solo lenzuola per single.

Anche il semplice montaggio di una tenda non è poi così scontato: dipende dalle dimensioni e dal peso della stoffa. Certamente se si è in due, uno per ogni parte dell’asta, l’inserimento nei perni diventa un gioco da ragazzi (però solo dopo aver discusso almeno per mezz’ora su come farlo!).

E se l’automobile parcheggiata in garage non vuole saperne di partire, uno si siede alla guida e l’altra spinge fuori l’auto (è successo solo pochi giorni fa, quando la batteria ha deciso, dopo otto anni di onorato servizio, che era l’ora del pensionamento, NdR).

E quando dal box doccia si leva un urlo “agghiacciato” seguito da una scampanellata di allarme, se non ci fosse l’altra a dargli una mano a riattivare la caldaia che è andata in blocco, si assisterebbe al passaggio di uno “yeti” tremante e sgocciolante alla ricerca del calore perduto. La nostra caldaia ha il primato di essere stata installata nella posizione più scomoda della casa, nel sottotetto, raggiungibile solamente scalando una fatiscente scaletta artigianale di legno (tanto che ogni anno i termoidraulici si giocano “a pari e dispari” a chi tocca venire a fare la revisione). Pertanto all’indomita mogliettina, sprezzante del pericolo, spetta il rischioso compito di arrivare alla spia rossa.

In due si quadruplica la possibilità di darsi una mano (abbiamo a disposizione due sinistre e due destre, dopotutto) ……. Ma se i due formano una coppia che si vuole bene, una coppia all’antica (maschio e femmina Dio li creò), in realtà il valore matematico decade e due più due non fa solo quattro…ma fa tanto tanto di più! Perchè la consapevolezza della presenza dell’altro/a ti da una mano in più, donandoci la forza con cui affrontare e vivere a pieno le sfide che l’avventura della vita ci propone quotidianamente.

Ed a questo calcolo non possiamo tralasciare di aggiungere la mano più importante, quella che Lui tiene costantemente su ciascuno di noi.

5 pensieri su “Darsi una mano

  1. Già, se “i due formano una coppia che si vuole bene” perchè altrimenti è tutto di una difficoltà estrema ed alle volte anche solo una febbre della moglie crea in casa una catastrofe e la poverella si sente pure in colpa perchè sta male e non riesce a fare tutto ciò che svolge quotidianamente!!!

  2. Raffaella

    io sono sicuramente una donna temeraria: mi faccio aiutare persino in cucina… Comincio a pensare che in me covi un’anima ermafrodita… no, scherzo. E’ solo che sbucciare le patate o le uova sode, lavare il coniglio con l’aceto, battere la carne e pulire il guscio delle cozze mi sembrano attività così inequivocabilmente maschili. E dunque mi avventuro.

  3. Personalmente mi risulta molto faticoso aiutare mia moglie, non tanto e non solo per umana pigrizia, ma perché la risposta immancabile é: “No no, faccio io. No guarda ho giá finito. No ci penso io”.

    Onestamente non mi sento rallegrato e “libero da impegi”, ma innervosito perché a sera lei comunque sarà stanca e le sembrerà che “nessuno l’abbia aiutata…” (sic).

    Le discussioni poi sul “come”, essendo entrambi dotati di mente pensante meglio dell’altro ;-), sarebbero all’ordine del giorno, quindi esiste un tacito accordo: lei per lo più si occupa delle “faccende”, io dei “lavori straordinari” che essendo io dotato di una certa manualitá, non sono pochi (dall’elettrodomestico guasto, al tinteggoare pareti, al montare mobili o sgorgare lavandini).

    Debbo peró riconoscere che i lavori straordinari danno un certa soddisfazione… “L’ho fatto io! Sono stato bravo vero? (La risposta è implicita). Mentre riordinare casa, fare i letti e da mangiare ogni giorno, occuparsi dei figli è nell’immediato molto meno gratificante.

    Già i figli… Sono ormai grandicelli e a ognuno spetta un compito e “su richesta” anche piú di uno. Mi sembra più che giusto.

    Bene nulla di straordinario perchè quando ci si vuole bene ogni fatica poi rientra nel normale vivere e spendersi anche (un po’) per l’altro.
    E in questo, in questo, non vedo nulla di diverso da quello che ci accomuna a tante famiglie non credenti.
    Lo so, torno spesso su questo tema e spesso la cosa suscita opinioni contrarie e anchepolemiche, ma credo la famiglia Cristiana in altro si distingua.
    Ció che é descritto in questo articolo é il minimo comun denominatore che può dirci famiglie.
    Che poi in alcune ahimé neppure questo minimo ci sia é un altro discorso.

  4. Raffaella

    Bariom: dovresti scrivere un libro. Tipo “L’ho sposata e sono ancora vivo per lei” leggere questo commento mi ha confortata. Non sono solo io la fortunata ad avere sposato un uomo che sa insegnarti a fare un passo indietro sul perfezionismo e che si duole del fato che una donna non sappia farsi aiutare e conseguentemente liberarsi poi dei sensi di colpa o della fatica lamentosa. Sarebbe interessante vedere un gruppo di uomini così uomini incontrarsi una sera a bere una birra. Io ho fatto e faccio tanta fatica (soprattutto a trattenermi da fare glosse odiose su ogni cosa che fa quando gli permetto di aiutarmi). E concordo pienamente sul “minimo di legge” per essere famiglia ma osservo che oggi, anche questo minimo, guarda caso, scaturisce nel 90 per cento dei casi, da una vita di fede condivisa. Forse perchè, come diceva una mio vecchio amico, la cultura di oggi “ha distrutto l’umano” e credo che, se proviamo a rimettere in piedi l’uomo (e la donna chiaramente), sarà poi inevitabile che questa creatura, di nuovo pienamente uomo, sappia alzare gli occhi “alla cava da cui siete stati estratti”, al Cielo.

  5. Credo che l’aiuto domestico reciproco possa essere presente anche laddove non ci sia la Fede. Semmai si può dire che dove ci sia la Fede qualunque aspetto della nostra vita assuma una dimensione e un significato profondo.

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