L’eretico (replay)

di Cyrano

Allora, che effetto vi fa?

Il titolo, intendo. È che avrei bisogno di capire che corde pizzichi oggidì una parola del genere per esercitare il fascino che evidentemente esercita. Me lo chiedevo pochi giorni fa in una libreria del centro, quando l’occhio m’è scivolato sul bancone dei gialli mentre chiedevo alla commessa un saggio di Kant. La copertina non aveva nulla di particolare, non ne ricordo neanche il colore di fondo. Ricordo soltanto questa grossa scritta sulla sovraccoperta: “L’eretica”.

Prima che leggessi il nome dell’autrice (un nome da americana, ma non saprei dire di più) mi accorsi di conoscere già la trama e i personaggi, come se l’avessi già letto: lei (udite udite: l’eretica!) vive nell’oscurissimo medioevo, diciamo dopo il mille tanto per non sembrare eccessivamente vaghi; è una donna di mente illuminata e di spirito libero e, manco a farlo apposta, studia le proprietà terapeutiche delle erbe. Sicuramente sarà stata un gran bel pezzo di ragazza, e forse avrà pure avuto i capelli rossi… che altro ci vuole per essere eretiche? Ah, certo: manca il potente brutto, ottuso e crudele (magari affiliato al clero, o comunque vicino), il bello puro, libero e lontano, un viaggio, un crimine (possibilmente un omicidio), le peripezie, l’ombra del rogo che si fa vedere di tanto in tanto… beh, a quattrocento pagine si dovrebbe arrivare in fretta…

Una furtiva sbirciata alla quarta di copertina confermava il pronostico e accendeva sul mio viso un sorriso agrodolce. La commessa però s’era voltata di scatto verso di me, e mi venne istintivo distogliere lo sguardo dal libro per portarlo sul suo: «Mi scusi!», fa lei con aria supplichevole. Accidenti, dovevo essere così preso nel piccolo vortice dei miei pensieri da non essermi reso conto d’essere stato nel frattempo oggetto di gravi ingiurie: «Di cosa?», dico trasecolando. «Ah, pensavo che l’avesse visto… vabbe’, niente, ormai glie lo dico: è che stavo cercando “KANTI”, con la “I” finale». Credo di non aver neanche barcollato, anzi, con un inatteso guizzo di spirito ho cercato di consolare la commessa per la sua défaillance: «Ci mancherebbe, si figuri che poco fa alla Librairie Française ho dovuto fare tre volte lo spelling di “De Lubac”, e non ho infierito sul commesso dandogli al volo una dozzina di ragioni per le quali avrebbe dovuto conoscere quell’Autore». A ripensarci ora, a dire il vero, non sono sicuro che questa seconda parte della frase stesse bene, nell’ambito di un (goffo, va bene) tentativo di consolarla, ma tant’è, e comunque poi ho cercato di cambiare argomento, rivelandole a mia volta cosa stavo pensando mentre lei cercava il saggio di Kant (che, per inciso, non c’era). Quando la commessa m’ha detto che, sì, anche lei non capiva proprio come si possa avere interesse per certe cose, perché comunque i gialli non le piacciono per niente… allora non ho trovato di meglio che rispondere che anch’io m’annoio a morte sulle pagine dei gialli: a dirla tutta per me i gialli sono come una settimana enigmistica in forma di romanzo, e non riesco facilmente a pensarli come opere letterarie (giganti come Agatha Christie esclusi) per lo stesso motivo per cui non sarei capace di rifare un cruciverba che avessi già fatto.

Questi però son gusti, e non c’è da disputarne; il dubbio che mi resta, invece, è sul tipo di attrattiva esercitata da un titolo come “L’eretica”. Uscendo per strada mi veniva voglia di fermare la gente per un sondaggio: «Mi scusi, secondo lei chi e che cosa è un eretico?». Vista la confusione che c’è sull’idea di “dogma” (ne abbiamo parlato recentemente) chissà cosa verrebbe fuori a proposito di un concetto tanto legato al primo…

Il problema, però, è che proprio non capisco da dove nasca la simpatia contemporanea per la figura dell’eretico. Quelle volte (poche) che proprio non posso evitare di passare per Campo de’ Fiori mi sorprendo sempre ad avere un sentimento di malinconica misericordia per quel povero diavolo di Bruno, che forse non meritava le fiamme (anche se ce l’aveva messa tutta, per ottenerle!), ma che di sicuro non merita di essere contornato di quel tappeto umano di gente dal brillo andante allo sfasciato sfuso. Il grosso malinteso è che l’eretico non è l’uomo del libero pensiero, non è l’uomo della libertà di opinione: l’eretico è un uomo dalla verità granitica (e quasi sempre meno equilibrata e delicata di quella del dogma)!

L’eretico non si fa uccidere per difendere il diritto di ciascuno ad avere la propria opinione. Questo è Voltaire (che poi lo dovrei vedere, a farsi ammazzare…): l’eretico si fa uccidere per non rinunciare a quella che ritiene essere la verità, l’unica, insostituibile, rocciosissima verità. Resto sempre ammirato da come Valerio Evangelisti riesce a tratteggiare il rispetto e la stima “professionali” che l’inquisitore dei suoi romanzi nutre per gli eretici cui dà la caccia (almeno per alcuni): l’inquisitore sa che all’eretico va reso l’onore delle armi, e che “il culto del libero pensiero” è un’ingiuria che egli non merita.

Certo, col fuoco non si scherza: non solo è da dimenticare (ma da ricordare sempre!) il tentativo di purgare nel fuoco gli uomini che hanno ostinatamente tentato di suggerire per vero ciò che era (ed è) falso; bisogna pure rifuggire all’enorme tentazione di condannare al rogo perlomeno gli scritti, le opere. Ci sono molti libri che sarebbe meglio non venissero letti, ma resta verissimo il tremendo oracolo di Heinrich Heine: «Laddove si comincia per bruciare i libri si finisce per bruciare gli uomini».

Se solo il conseguimento della verità conduca l’uomo alla felicità che da sempre cerca, o anche solo la sua ricerca, questa è antica questione accademica, e non m’illudo di dirimerla qui in due righe. Ricordo però una splendida figura d’inquisitore (non ufficiale), il monaco cieco de “Il nome della Rosa” (dài che lo sto riabilitando, Eco!): Jorge capiva che il culto della verità e la sua ricerca esigono sacrificio, e che questo non può limitarsi al sangue dei soli eretici. Mentre pazientemente spiegava tutto questo a Guglielmo, mano a mano che faceva a brani e mangiava il “terribile” secondo libro della Poetica di Aristotele, dalle pagine preventivamente cosparse d’arsenico per i temerari lettori, diventava finalmente chiaro perché avesse meritato il titolo di “venerabile”: «Così io sigillo quello che non doveva essere scritto nella tomba che ora divento».

3 pensieri su “L’eretico (replay)

  1. Be’, se la può consolare, “L’Eretica” è anche il titolo di un ottimo saggio di Marco Meschini sulla Crociata contro gli Albigesi.
    E, soprattutto, a discolpa dei poveri lettori “affascinati”, a scuola non viene detto che bisogna distinguere Inquisizione e Inquisizione: l’inquisizione del Medioevo è cosa completamente diversa dall’Inquisizione Spagnola, che a sua volta è diversa dall’Inquisizione Romana. Ci sono poi tutte le varie Inquisizioni civiche, non controllate direttamente dalla Chiesa, ma dagli Stati (quella della Repubblica di Venezia, della Repubblica di Genova, ecc.) Per non parlare della “caccia alle streghe” che è ancora un altro discorso… Cose che al livello specialistico sono assodate da un pezzo, ma che nell’istruzione “di base” vengono trascurate completamente!

    Se qualcuno volesse approfondire un po’ meglio, ho riportato qualche articolo in materia sul mio blog:
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2011/07/19/maledetti-catari-eretici-%C2%ABperfetti%C2%BB/
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2011/08/09/questionario-sullinquisizione/
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2011/08/17/il-mito-del-conflitto-tra-scienza-e-fede/
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2011/09/01/fra-dolcino/
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2012/07/04/streghe-e-roghi-a-milano-non-e-solo-storia-da-medioevo/
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2012/08/01/la-biblioteca-leo-moulin-linquisizione-sotto-inquisizione/

  2. …l’evidenza dell’impossibilità di dimostrare di avere più ragione di chiunque altro su ogni cosa pensabile.
    …e per questo sono nati i parlamenti, le leggi, i tribunali (pur anch’essi fallibili, se si vuole ancora usare questo vocabolo)

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