Humanae vitae: rigore, tenerezza e coraggio contro la tecnocrazia (I)

di Andreas Hofer

La liberazione totale è il processo che costruisce la prigione perfetta.
(Nicolás Gómez Dávila)

Oggi è una data storica. Il 25 luglio 1968, nel pieno della Contestazione studentesca, col suo ripudio della morale dei comandamenti, Paolo VI pubblicava infatti uno dei documenti più coraggiosi nella storia della Chiesa: l’enciclica Humanae vitae, con la quale papa Montini ribadiva il «no» del magistero petrino alla logica contraccettiva, sfidando non solo l’opinione pubblica e i poteri del «mondo» ma anche un vasto quanto inedito dissenso interno.
Il papa, pesantemente colpito, ne rimarrà segnato: non pubblicherà più alcuna enciclica nei dieci anni a venire (il famoso “decennio senza encicliche”).

Una sorprendente difesa

A difesa dell’Humanae vitae si schiereranno in campo ecclesiale il filosofo Jean Guitton e il grande teologo gesuita Jean Daniélou. Ma un sorprendente sostegno giungerà, inaspettato, da una zona estranea all’ecumene cattolico: quello di Max Horkheimer, fondatore della celebre Scuola di Francoforte.
Guitton, dopo aver meditato e letto più volte l’enciclica, scriverà che essa «partecipava a un non so che di netto, sull’essenziale, ed anche di condiscendente, d’umano, di tenero, che è il profumo del Vangelo. Elle est ferme, mais non fermée. Essa è ferma ma non chiusa. Se parla della via stretta, mostra che la via stretta è la beatitudine profonda e pura, è la via aperta verso l’avvenire» (J. Guitton, Rilettura dell’enciclica, «L’Osservatore Romano», 6 settembre 1968, p. 4).
Secondo Daniélou invece l’enciclica aveva affrontato una questione di immensa portata, perché sull’amore e il matrimonio si sarebbe giocata «una delle più grandi battaglie dei nostri tempi», fomentata dalla «congiura dei tecnocrati e dei libertari», dove l’aspirazione dei primi «ad estendere al campo della famiglia la loro volontà universale di pianificazione» si era ormai sposata alla volontà dei secondi di promuovere «la  libertà sessuale» come «una delle forme principali della contestazione». Aveva dunque dimostrato Paolo VI uno «straordinario coraggio nell’affrontare tutte queste forze, per andare contro corrente». Con la sua enciclica papa Montini si era fatto portatore delle aspirazioni migliori della protesta giovanile contrastando la riduzione della sessualità a «semplice prodotto della società dei consumi, di cui si tratta d’organizzare razionalmente l’uso», associandosi così alla «rivolta contro la tecnocrazia» (J. Daniélou, Le sacré de l’amour, in Tests, Beauchesne, Paris 1968, pp. 73-76).
E proprio a questa chiave di lettura si allaccerà l’analisi di Horkheimer.
Smaltita l’illusione marxista, il pensatore francofortese preconizza da tempo l’avvento di un «mondo amministrato» (verwaltete Welt) assai prossimo al Brave New Word, la distopia tecnocratica vagheggiata da Aldous Huxley.
Convinto che il suo ruolo di “intellettuale critico” gli prescriva di indicare alla società il prezzo da pagare per il “progresso” delle tecniche contraccettive, concentra la propria riflessione sulla pillola anticoncezionale, che considera un decisivo step intermedio in direzione di una società tecnocratica.

La morte dell’amore

Non il matrimonio – come vuole il mantra in voga nella “società liquida” – ma la pillola scava la tomba dell’amore, sostiene Horkheimer nel libro-intervista La nostalgia del totalmente altro: «L’amore si fonda sulla nostalgia, sulla nostalgia della persona amata. Esso non è libero dalla dimensione sessuale. Quanto più è grande la nostalgia dell’unione con la persona amata, tanto più grande è l’amore. Se si toglie il tabù della dimensione sessuale, cade la barriera che produce continuamente la nostalgia, e così l’amore perde la sua base. […] La pillola trasforma Giulietta e Romeo in un pezzo da museo. Mi permetta di dirlo in forma drastica: oggi Giulietta spiegherebbe al suo Romeo che deve prendere ancora in tutta fretta la pillola, prima di accostarsi a lui. […] Ritengo … mio dovere rendere attenti gli uomini sul prezzo che devono pagare per questo progresso e questo prezzo è l’accelerazione della perdita della nostalgia, e alla fine la morte dell’amore» (M. Horkheimer, La nostalgia del totalmente altro, trad. it., Queriniana, Brescia 2001 (ed. or. 1970), pp. 87-88).

Bisogno e desiderio

A ridosso della pubblicazione dell’Humanae vitae il fondatore della Scuola di Francoforte si era già chiesto se le implicazioni sociali della commercializzazione su larga scala della pillola non avessero comportato «una conversione della quantità in qualità» nella storia della regolazione delle nascite. Non si è infatti prodotta, novità assoluta, «una situazione in cui, almeno nelle città, praticamente ogni giovane donna può in qualsiasi momento dormire con qualunque uomo le piaccia, e viceversa, senza preoccuparsi delle conseguenze e senza aver necessità di fastidiosi preliminari? […] Le conseguenze culturali non sono lontane. Non solo per le relazioni umane ma anche per la scomparsa dell’istinto di sublimazione. Con la sua enciclica, per quanto sia fondata sull’ortodossia cattolica, Paolo VI ha più ragione di quanto lui stesso forse sappia» (M. Horkheimer, Ist die Pille das Ende der Liebe? (settembre 1968), in Nachgelassene Schriften (1949-1972). Notizien, in Gesammelte Schriften, vol. XIV, Fischer, Frankfurt am Main 1988, p. 496).

Ha trovato così concreta realizzazione, osserva Horkheimer, la «teoria del “bicchiere d’acqua”», secondo l’espressione con cui Lenin aveva apostrofato gli esiti banalizzanti della posizione “libertina” di Aleksandra Kollontaj, una delle prime apostole della “liberazione sessuale”.
Almeno in quell’occasione il patriarca sovietico aveva visto giusto: assimilare l’esercizio della sessualità al semplice soddisfacimento di un bisogno fisiologico, come voleva la Kollontaj, equivaleva effettivamente a ridurre la relazione sessuale all’atto di bere un semplice bicchiere d’acqua.

Una visione realmente disperante e deprimente, quella della Kollontaj, dimentica del fatto che conservazione e riproduzione, i processi biologici fondamentali, solo nell’animale assumono il tono della necessità implacabile e cadono sotto il regno dell’automatismo cieco.
L’animale non si impone di digiunare. Non può, coscientemente, impedirsi di mangiare come di riprodursi.
Ma mentre l’animale ha dei bisogni, nell’uomo il bisogno può tramutarsi in desiderio. Quando ciò accade il bisogno soggiace a una trasfigurazione, il cangiamento in desiderio comporta un mutamento di natura poiché «al bisogno si aggiunge il senso dell’infinitudine», scrive il solito Guitton, e «l’istinto è invaso dall’infinito» (J. Guitton, La famiglia e l’amore, trad. it., Paoline, 1986, p. 17).
Il bisogno, limitato e finito, cede il passo al desiderio, illimitato e infinito. Prova ne sia la possibilità, nell’uomo, che l’istinto perda la misura conducendolo alla rovina e al vizio schiavizzante (ne è esempio l’insaziabile auri sacra fames dell’avaro).
In rapporto al mondo animale l’uomo perde in sicurezza e stabilità quel che guadagna in libertà. Nell’ordine del bisogno il nutrimento sazia la fame, in quello del desiderio talora accade invece che la bevanda accresca la sete.
Indicibile presenza del desiderio nell’uomo, pellegrino dell’Assoluto, è il richiamo della Fonte inesausta, la sola che possa soddisfarne la sete d’infinito…

Eclissi della fedeltà e consumismo dell’amore

Promuovendo l’equivalenza dell’amore e del bisogno a paradigma della relazione sessuale, la pillola sferra un colpo diretto all’idea della vita a due come fedeltà, responsabilità e promessa. A differenza del rapporto mercenario, che esclude l’amore-impegno col provvedere al mero appagamento degli impulsi sessuali, la famiglia fondata sul matrimonio è imperniata sulla «fedeltà sessuale» (sexuelle Treue), osserva Horkheimer. La pillola «rimuove in gran parte gli ostacoli posti fino ad ora sulla via del soddisfacimento dei desideri sessuali. Poiché oggi tutti possono disporre di tutti non si addiviene più alla nostalgia per la persona amata, da cui solo si dispiega l’amore» (M. Horkheimer, Ehe, Prostitution, Liebe und die Pille (gennaio 1970), in Nachgelassene Schriften (1949-1972), cit., p. 537).

Si diffonde così nel mondo occidentale una sessualità meccanizzata, un’intimità sempre più indifferenziata e liquida, contraddistinta dall’intercambiabilità del partner, scelto sulla base di un’attrazione “epidermica”. Analogamente a quanto già rilevava Walter Benjamin a proposito dell’opera d’arte, la “riproducibilità tecnica” dell’atto sessuale svincolato dalla generazione rende la sessualità fruibile come bene di consumo, producendone la morte, insieme con la scomparsa dell’”aura” di mistero e del carattere di unicità e di elezione esclusiva dell’essere amato.

Christopher Lasch ha mostrato quanto amaro e decadente possa essere il destino che attende una relazionalità desostanzializzata e spersonalizzata, senza impegni e conseguenze, “ipotetica” e revocabile, con data di scadenza. Si apre la strada alla riduzione dei protagonisti delle relazioni intime a prodotti intercambiabili. La fungibilità sessuale esige l’equiparazione di uomini e donne alla stregua di indistinguibili articoli di consumo. Ma la libertà di scegliere tra prodotti fungibili è una libertà illusoria, puramente formale, una libertà che nega se stessa riducendo la persona a oggetto da consumare (Cfr. C. Lasch, L’io minimo, trad. it., Feltrinelli, Milano 2006 (ed. or. 1984), p. 24).

La rivoluzione contraccettiva

Con la diffusione generalizzata della pillola si verifica un vero e proprio salto di qualità, per il quale non è eccessivo spendere la parola “rivoluzione”.
I demografi ci dicono che la pillola, congiuntamente ad altri sofisticati metodi anticoncezionali come la sterilizzazione chirurgica e la spirale, segna il passaggio dalla prima (XIX-prima metà del XX secolo) alla seconda rivoluzione contraccettiva. La disponibilità di questi metodi infatti ha rovesciato lo status della fertilità femminile e sancito l’affermazione della scienza e della tecnica in ambito contraccettivo. Da una condizione in cui la donna è normalmente fertile, dove gli accorgimenti per impedire il concepimento vengono adottati generalmente dall’uomo e solo in concomitanza col rapporto sessuale, si passa a una situazione in cui essa diviene normalmente non fertile e questo stato viene modificato intenzionalmente solo qualora si desideri concepire un figlio.
La donna ora ha anche acquisito il controllo attivo della propria fertilità laddove in precedenza svolgeva un ruolo prevalentemente passivo (la strumentazione della prima rivoluzione contraccettiva – come il condom, ad esempio – cade sotto la diretta responsabilità maschile).

Un’innovazione che ancora una volta ha il suo prezzo da pagare, avverte Horkheimer, per il quale nella tecnicizzazione della sessualità è virtualmente contenuto uno scenario futuro di rigida irreggimentazione tecnocratica: «Con la scienza e con la tecnica l’uomo ha sottomesso le forze smisurate della natura. Se queste forze – per esempio, l’energia nucleare – non devono servire alla distruzione, devono essere prese sotto vigilanza da una amministrazione centrale veramente razionale. La farmaceutica moderna – per portare un altro esempio – ha reso manipolabile mediante la pillola i dinamismi della generazione umana. Un giorno avremo bisogno di una amministrazione delle nascite. Io credo che gli uomini in siffatto mondo amministrato non potranno sviluppare liberamente le loro capacità, ma si adatteranno a regole razionalizzate. Gli uomini del mondo futuro agiranno automaticamente: ad un segnale rosso si fermeranno, ad un segnale verde proseguiranno. Obbediranno a segnali» (La nostalgia del totalmente altro, cit., pp. 97-98).

QUI la seconda parte

40 pensieri su “Humanae vitae: rigore, tenerezza e coraggio contro la tecnocrazia (I)

  1. Quante parolone di pensatoroni messe in campo per dire che?
    Che non è più come prima, che il preservativo era molto meglio che ci si ferma al semaforo etc etc,

    1. Marco De Rossi

      Una precisazione doverosa: la spirale non e’ un contraccettivo, ma e’ un abortivo.

      http://www.olimpiatarzia.it/wp-content/uploads/2011/12/CT-mpv-educare80p_1_80.pdf

      … omissis …

      CONTRACCEZIONE, INTERCEZIONE,
      CONTRAGESTAZIONE

      Premessa

      Vorrei innanzitutto fare una riflessione su questi termini perché spesso vengono
      usati confondendone il significato. Dobbiamo chiarire cosa s’intende
      per contraccettivo, per intercettivo oppure contragestativo. Non sono questioni
      solo di semantica, ma di ciò che si nasconde dietro i termini.
      Per contraccezione intendiamo l’impedimento, per lo più temporale, del
      concepimento. Con il termine contraccezione s’intende quindi significare
      l’impedimento della fusione dello spermatozoo con l’ovulo. Alcuni contraccettivi,
      effettivamente svolgono questo tipo di funzione, ad esempio il profilattico
      (o condom, o preservativo), il diaframma, la spugna, le creme spermicide.
      Per intercezione, invece, intendiamo riferirci a tecniche che intercettano
      l’embrione, alterandone la fisiologia del trasporto e dell’impianto in
      utero, cioè non agiscono prima del concepimento, ma intervengono, ad avvenuto
      concepimento, intercettando l’embrione, in modo da impedirgli una
      normale evoluzione e quindi hanno un’evidente modalità d’azione di natura
      abortiva. Di questo gruppo fanno parte, ad esempio, la spirale, la pillola del
      giorno dopo e i progestinici. Per contragestazione intendiamo riferirci a
      tecniche che provocano l’eliminazione dell’embrione da poco annidato. Di
      questo gruppo fanno parte l’RU486, il vaccino anti hCG (antigonodatropine
      corioniche) e le prostaglandine.

      … omissis …

  2. Che quando si è talmente abbarbicati e aggrovigliati intorno al proprio bastiancontrarismo ad oltranza si finisce per riuscire a vedere bene solo il proprio ombelico e a scambiarlo per quello del mondo? 😉

  3. E poi come si spiega la diffrenza (almeno dichiarata) tra le persone p.es. di questo blog e il maialesco mondo esterno?
    Con la credenza in Cristo? Solo la Credenza in Cristo e nella chiesa ci salverà dalla barbarie tecnica di massa?
    O non siete voi p.es (ancora) contro anche ai verdi agli ambientalisti agli animalisti e a tutti quanti in pratica eccetra?

    1. 61Angeloextralarge

      Alvise Maria: il termine “maialesco” è eslusivamente inappropriato! Usato con ironia per antitesi ai commentatori di questo blog? Ma qualcuno delle “persone p. es. di questo blog” ha mai definito “maialesco” il mondo esterno? Leggi meglio, su! Smack! 😀

        1. 61Angeloextralarge

          Non lo definirei: condanno il peccato e non il peccatore, ma non tanto per! 😉

        2. Velenia

          Uno o una che spesso rimane frustrato.Non mi pare che sia il massimo della vita,o no?

        3. annarita

          Un poveretto che rischia l’inferno per evitarsi la gioia di stringere un bambino a se.

    2. Prego, un po’ più di rispetto per il maiale, gran brava (anzi buona) bestia ed elemento di tutto rispetto della nostra cultura d’Occidente. 😛

  4. Su Adorno, la Scuola di Francoforte eccetra, consiglierei il libro di Marzio Vacatello “Il rinvio della prassi” Firenze 1972,
    per quanto riguarda Lasch, lasciamo perdere….

  5. 61Angeloextralarge

    Andreas: grazie! Ovviamente il post va letto, riletto, riletto, etc… Smack! 😀

  6. vale

    da che l’hai dedotto che qui ci sono persone contro verdi, ambientalisti,animalisti ecc?
    a me sembrava di capire che ci fosse gente contro gli- ismi ( le formulazioni ideologico-ideologizzate di comportamenti “normali” o “ragionevoli”,tra cui anche il coitus interrupt. tié).
    ma che c’entra con il post? mi sfugge…

    1. …narcisismo, edonismo, sesso fine a se stesso, preservativo, aborto, coitus interruptus (post duas horas, aut tres) pillola, prima e dopo, chimica al servizio della contraccezione e quindi del piacere fine a se stesso (belli(?) senz’anima) illusione del benessere assoluto tra i prati verdi di in mondo incontaminato etc. etc, pattinare sui fiumi ghiacciati della Siberia, montagne fiabesche, pensieri fatti solo di questi pensieri new-age (cattolici a parte, ovviamente)….

  7. Erika

    Andreas, il tuo post è, come al solito, molto interessante.
    Sono convinta che la contraccezione diffusa comporti un importante cambiamento nel rapporto di coppia, non sempre positivo, ma prima della pillola, prima della contraccezione di massa, secondo me la situazione non era molto migliore.
    Quel tipo di rapporto “elettivo” tra uomo e donna era raro ieri tanto quanto oggi.
    Semplicemente ieri era ineluttabile, che è cosa diversa.
    C’è stato un periodo in cui la cosiddetta “rivoluzione sessuale” ha comportato il pensiero diffuso, anche ingenuo se vogliamo, che se non c’è rischio di gravidanza, si può, anzi SI DEVE, fare l’amore con chiunque e in qualsiasi momento, ma io credo che oggi non sia più così.
    Mi spiego meglio: non credo di conoscere una sola donna (a parte una delle mie sorelle), che non faccia o non abbia mai fatto uso di contraccettivi, ma da ciò non consegue che tutte queste donne siano insaziabili e promiscue predatrici sessuali.
    Io sono davvero convinta che la sessualità umana possa essere slegata dalla procreazione.
    E sono altrettanto convinta che, contraccettivi o meno, la delicatezza e la profondità delle emozioni che accompagnano il sesso, non possano essere neutralizzati da nessuna pillola.
    Ho conosciuto tante ragazze tristi e amareggiate perché avevano provato il fantomatico “sesso senza amore”: il fatto di aver preso precauzioni per evitare una gravidanza non ha evitato loro sconforto e solitudine.
    Allo stesso modo ho un caro amico, (ateo e al quale le donne saltano praticamente in braccio) che da quando è stato lasciato dalla fidanzata (circa tre anni fa), non si vergogna di dire che non ha avuto rapporti con nessun’altra, perché non riesce a concepire il sesso al di fuori di un legame stabile e profondo.
    Ecco, solo cinquant’anni fa, un uomo che dicesse questo, sarebbe stato con ogni probabilità pubblicamente deriso…

    1. @ Erika

      Sono di fretta per cui affastello pensieri piuttosto alla rinfusa, me ne scuso in anticipo. In primo luogo premetto che l’argomento è talmente vasto che per quanto il post sia molto lungo, tanto da averlo dovuto ancora una volta spezzare in due tronconi, è comunque una riflessione ancora troppo breve e superficiale (approfondimento che conto di fare in altre sedi). Resto sempre dell’idea che un post possa solo sollecitare la riflessione e l’approfondimento, a maggior ragione un commento. Per cui mi limito ad aggiungere considerazioni che naturalmente non hanno alcun intento di convincerti, ma solo quello di stimolare un approfondimento, così come è stato stimolante per me leggere il tuo commento – e di questo ti ringrazio come sempre – pur non condividendolo in diversi punti.

      Puntualizzo anche che mi è aliena ogni idealizzazione del passato in quanto tale, il passato non mi interessa in quanto tale ma del passato mi interessa quanto in esso esprimeva – certo in forme contingenti – un valore durevole.
      La storicità dei valori non equivale allo storicismo, i valori soprastorici non vanno confusi con le forme e le realizzazioni storiche che hanno assunto. Ciò detto, è evidente che sono intercorsi dei mutamenti nel campo della sessualità. Si tratta di comprenderli e valutarli, e questo cerco di fare. Ma per valutare occorre un metro di paragone.

      Detto questo: io ho un’altra formazione, più sociologica diciamo. Dunque sono portato a ragionare, più che individualmente, in termini di “logica del sociale”, di “meccanica sociale”, di logiche collettive e oggettive, di istituzioni se vogliamo. Dunque realtà che in un certo senso plasmano le volontà individuali (date certe premesse seguono le conseguenze), anche se non in senso deterministico, dato che l’uomo è un essere libero. L’istituzione incide socialmente in senso statistico, conferisce una certa regolarità. Ora, è difficilmente contestabile che il nostro mondo sia caratterizzato dalla liquidità relazionale, il che non significa che all’atto pratico tutte le relazioni si rivelino liquide e a scadenza. Ma certamente significa che sono state create le condizioni oggettive perché potenzialmente ogni relazione sia liquida. Questa è la novità.

      Stesso discorso per l’amore come elezione. Per rapporto elettivo intendo quel rapporto basato sulla fedeltà e condizionato dall’indissolubilità del vincolo (rimando qui per ulteriori approfondimenti), come ho scritto in altri post, e questo non coincide con le “affinità elettive” del romanticismo o col puro sentimento, che è solo una parte dell’amore. L’amore sigillato dal matrimonio è analogo a un patto di sangue, comprende in un certo senso l’affinità elettiva ma non è riducibile a questa.

      Ho citato Benjamin perché nel suo saggio forse più famoso parla della riproducibilità tecnica nel caso dell’opera d’arte mette in luce come nella fotografia fosse già virtualmente presente (in potenza) lo sviluppo successivo, il cinematografo. Un discorso che Horkheimer applica in qualche modo alla pillola. Nella seconda tranche di domani forse sarà più chiaro a quale modello di società si avvicina sempre più il nostro mondo. La seconda rivoluzione contraccettiva ha creato i presupposti per una “amministrazione razionale” della fertilità, è sotto gli occhi di tutti il fatto che oggi i poteri pubblici spingano in questa direzione.

      Parli poi di ineluttabilità di ieri, contrapponendola alla “libertà di scelta” odierna. Questo è molto discutibile (occorrerebbe aprire un’altra enorme parentesi sul c.d. matrimonio d’interesse del passato, con una buona dose di distinguo, non ultimo per ricordare l’atteggiamento della Chiesa a questo riguardo). Sia come sia, è proprio questo che Horkheimer contesta, e non solo lui (invito davvero a leggere quello che scrive Lasch sull’illusorietà di una scelta fra prodotti intercambiabili). Rispondendoti come farebbe, credo, uno della Scuola francofortese, replico che l’idea di “libertà di scelta” che oggi va per la maggiore proviene con tutta evidenza dall’universo della “razionalità strumentale”, la razionalità tecnica che si interessa unicamente dei mezzi e degli strumenti tecnici, riducendo anche i fini a mezzi. Ne consegue che ciò che è tecnicamente realizzabile diviene anche moralmente legittimo, “assioma indiscutibile” – come direbbe la mia carissima e arguta sorellona Giuliana 😉 – di certa modernità. È evidente che la “libertà di scelta” intesa come libero arbitrio (libertas minor come dice la teologia) allo stato puro, senza contenuto, cioè senza fine, è la libertà patrocinata da un mondo imperniato sulla razionalità strumentale. Ma questa libertà è mutilata, la libertà è sempre uno strumento “per” qualcosa, esige un contenuto verso cui dirigersi. E un mondo dominato dalla pura tecnica (su questo ha scritto pagine illuminanti Jacques Ellul, oltre al solito Lasch) è un mondo dominato dai “tecnici”, i soli che ne conoscano i segreti. Non a caso il progresso delle tecniche contraccettive è legato allo sviluppo tecnico. Paolo VI e la Chiesa invece hanno ricordato che la tecnica è uno strumento che non può determinare l’ordine valoriale.

      Mi scuso ancora per lo stile arruffato, la lungaggine e l’ordine “ingarbugliato” dei pensieri, come direbbe un caro amico. Diciamo che si poterebbe andare avanti a lungo…

      Un caro saluto e grazie a tutti! 🙂

      1. 61Angeloextralarge

        Andreas. grazzzzie! Argomento vasto ma un po’ alla volta… eh? Smack! 😀

  8. Forse è un po’ lungo e difficile da leggere, ma credo che Andres ci proponga un argomento molto interessante e di grande attualità. Una decina di giorni fa a Londra si è svolto un convegno promosso da Planning Parenthood con la Fondazione Gates (Gates quello della Microsoft) sul problema della povertà e mortalità femminile nei paesi poveri ed emergenti. Scopo del consesso: promuovere la diffusione della contraccezione in quei paesi come tutela alla vita della donna e dei suoi diritti (questa parola comincia ad annoiarmi…). Consiglio a tutti di fare un giretto in rete per informarsi sulla questione e anche a grattare un po’ la superficie “perbene” e “umanitaria”: scoprirete che dietro la filantropia si nascondono grossi interessi economici di case farmaceutiche di cui, pare, Gates sia azionista…. Oltre al fatto che il tasso di natalità mondiale non è vero che sia in crescita, anzi. E che i problemi del mondo povero non sono quelli della natalità, quanto piuttosto le guerre, la mancanza di giustizia, gli scarsissimi approvvigionamenti, lo sfruttamento delle materie prime a favore di pochi, la persecuzione religiosa, eccetera. Cose di cui ormai non si parla neanche più nei telegiornali.
    Quanto a noi occidentali, poggiati solidamente sulla fede nella pillola, bè, direi che Horkheimer ci aveva preso in pieno. E non è che le coppie cattoliche siano esenti. Nei corsi in preparazione al matrimonio non si parla quasi mai di metodi naturali, se non come citazione, e gli sposi sono lasciati soli a decidere della loro sessualità, non formati, non educati alla conoscenza della natura, come se l’argomento fosse tabù o roba vecchia, superata dalle tecniche moderne.

    1. Per chi non ha una crisi di rigetto alla sola vista della lingua inglese, consiglio di leggere anche questo articolo, tanto per capire la filosofia che guida larghe parti del mondo

      http://www.thepublicdiscourse.com/2012/07/5757
      The White House and Sexualityism (by Helen Alvaré, July 16, 2012)

      […] one of the underlying forces driving the HHS abortion, contraception, and sterilization mandate is the current federal ideology of “equal sexual liberty,” embracing the notion that “women will and should have lots more sexual intercourse than they have interest in conceiving children. … [that] sexual license should never impede a woman’s lifestyle, at least no more than it does a man’s.” Elsewhere, I have identified such a position as “sexual expressionism” or “sexualityism” and have defined it to include also the suggestion that sex should not only be free of the slightest reflection on its link with procreation, but also free of commitment, or even the real possibility of a relationship between the man and the woman involved. [segue…]

  9. Alessandro

    Scriveva Prezzolini sul Resto del Carlino nel 1968: “Si rimprovera al papa di avere proibito ai coniugi di evitare di far figli che non possono nutrire o educare in modo degno. Di avere così contribuito al crescere di una popolazione che starebbe sorpassando in parecchie parti del mondo i limiti dei beni a disposizione… si è perso un po’ dappertutto il senso di cosa sia stato il cristianesimo… una dottrina del soprannaturale che chiede agli uomini dei sacrifici ottenibili soltanto per la grazia di Dio…Coloro ai quali questi sacrifici sembrano impossibili, oppure non fondati sulla ragione, e che credono che la ragione sola debba dominare l’uomo, non hanno altro da fare che riconoscere che non sono o non sono più cristiani”.

  10. Una volta vidi il film e ne rimasi profondamente colpita, questo avvenne prima di sposarmi e di capire bene le implicazioni della sessualità nel matrimonio. Mi sento di dire “grazie” a questo Papa per non aver permesso che gli sposi cristiani venissero ridotti in schiavitù. Chi parla tanto di libertà sessuale, non ha idea di cosa sia la sessualità. Io non ho mai preso la pillola, io e mio marito non abbiamo avuto rapporti prima del matrimonio, ho conservato la mia verginità fino a quel giorno. Ebbene, posso dire che quello della sessualità per entrambi è stato un cammino al pari di quello matrimoniale e spirituale. Non si nasce imparati, in niente. Gli sposi cristiani si danno la mano e poi la danno a Dio e Gli dicono “Conduci Tu!”. Se Dio non entra anche nella sessualità, questa non viene vissuta pienamente. Semplicemente bisogna aprire gli occhi e capire che la sessualità deve essere come Dio l’ha pensata per portare alla crescita degli sposi e per dare i suoi frutti.

  11. Erika

    @Andreas: grazie per la tua replica niene affatto “raffazzonata”….:-)

    Io ho volutamente ricondotto i princìpi enunciati nel post a una realtà più piccola e senza valore “statistico”, perché le pieghe della realtà a volte mettono a dura prova le teorie…
    Quello che contesto, nello specifico, è il collegamento che viene fatto tra contraccezione e “relativismo sessuale”.
    Infatti condivido totalmente l’idea dell’amore elettivo. L’amore è anche e soprattutto un atto di volontà, per me.

    L’enciclica Humanae Vitae, per me, è sempre stata fonte di perplessità: da una parte si sancisce l’illiceità dei mezzi chimici o meccanici per la regolazione delle nascite, dall’altra però dichiara perfettamente lecito che in certe condizioni queste nascite si cerchi di regolarle, quindi ammettendo una (pur parziale) disgiunzione dell’atto sessuale dall’atto procreativo, almeno nelle intenzioni.
    Questo mi sembra un po’ contradditorio.

    1. @ Erika: d’accordissimo – anche se nel post, mi permetto di dire, non c’è solo teoria, anche se non ho potuto eccedere coi riferimenti – sull’allergia per l’eccesso di astratta teoria, ma come ripeto a me il caso singolo interessava poco, perché mi sono soffermato su logiche collettive. D’altro canto sarei semplicemente follemente presuntuoso se pretendessi di poter persuadere tutti. E in fin dei conti non mi interessa nemmeno. Questi post servono sopratutto a me come occasione di approfondimento, per capire meglio cosa è vero, buono e giusto. Col post di domani vorrei solo suggerire l’idea che certa “libertà” senza contenuto non rende necessariamente più libero l’uomo. Anzi, di regola accade esattamente il contrario.

      Naturalmente sei libera di non essere convinta, ma il collegamento – se ci soffermiamo sulle conseguenze sociali e non sui sentimenti individuali, che sono alquanto soggettivi – è piuttosto evidente. È oggettivo che la pillola abbia eliminato molti degli ostacoli che in precedenza impedivano una sessualità “liquida”, azzerando – o quasi –la possibilità di rimanere incinte e permettendo un rapporto senza troppe preparazioni preliminari. Dunque ha creato delle condizioni oggettivamente propizie alla promiscuità sessuale. È assurdo pensare che questo non potesse avere conseguenze profondissime, e infatti così è successo con la seconda rivoluzione contraccettiva. Poi aggiungiamoci la normativa, che ha sempre seguito la medesima direzione (sempre maggiore revocabilità dei rapporti).

      No, non vedo alcuna contraddizione: la procreazione responsabile com’è intesa dalla Chiesa non altera tecnicamente la fertilità né interpone una qualche barriera artificiale durante il rapporto.
      Dunque si osserva un ciclo naturale, se vogliamo, ma sempre rimanendo aperti alla trasmissione della vita (l’uomo non opera attivamente alcuna disgiunzione), mentre la logica contraccettiva impone di escludere attivamente e a priori il fine procreativo. Prova ne sia che la logica contraccettiva ha condotto addirittura a invertire la condizione che – si può dire da sempre – caratterizzava la fecondità femminile, per cui l’infecondità è divenuta la condizione di normalità.

  12. Horkeimer a parte, e Scuola di Francoforte, che semmai sono stati gli “scopritori” della cultura di massa, della banalizzazione dell’arte, della mercificazione di ogni cosa, termini ormai consunti e ultrausati, ma dove dentro ci viviamo, discorsi che facciamo compresi, non può esistere un discorso che sia fuori di quelli che fanno tutti e che si fanno anche noi eccetra, ivi compreso rifarsi al vangelo, al Papa, ai frati, agli eremiti, alle monache, a flia ecclesiae, al Passator Cortese (Hofer) ma una cosa almeno è sicura, che dal tempo di S. Paolo la chiesa ha incominciato a pensare con particolare concentrazione che il sesso è sudicio, che le donne meglio che stiano chiuse, che dalla vita in giù è peccato, che siamo dei depravati e degli zozzi, e da allora non ha più smesso…Prezzolini di certo aveva ragione, era una persona intelligente, essere santi (non necessariamente cristiani) è fatica e impegno. Ma, bisognava aggiungesse, che non è obbligatorio. Quanto a quelli che si definiscono cristiani senza lo siano, che si mettano al bando tra loro.
    A noi, gente comune, la teologia non interessa.

    1. “una cosa almeno è sicura, che dal tempo di S. Paolo la chiesa ha incominciato a pensare con particolare concentrazione che il sesso è sudicio, che le donne meglio che stiano chiuse…”

      Invece al tempo di prima (di san Paolo) sesso pulito a gogo, sia con i liberi, sia soprattutto con gli schiavi (maschi e femmine, adulti e piccini, tanto sono oggetti, non persone). E le donne? Liberissime di far quel che loro pareva, prima di san Paolo. Di filare la lana nel loro bel gineceo in Grecia, se di buona famiglia, o di esercitare la prostituzione a tutti i livelli, etere, pornai o sacerdotesse (ma poi certo, vuoi mettere se una su centomila diventava un’Aspasia o una Frine, quelle sì che son soddisfazioni). In stato di minorità perpetua nel mondo romano; esposta alla soppressione appena nata (come del resto i maschi indesiderati), alla poligamia e al ripudio in tutte le culture, ebraica compresa. Diamine, sì, sono stati proprio san Paolo e la diffusione degli istituti cristiani (come il matrimonio indissolubile) a rovinare la vita delle donne della beata Antichità pagana.

    2. vale

      http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=2033
      Sessualità, matrimonio e concupiscenza in sant’Agostino
      di Emanuele Samek Lodovici.La densa disamina di Emanuele Samek Lodovici sfata la leggenda nera della sessuofobia dell’Ipponate e lo fa emergere come assai meno rigorista di come certa cattiva storiografia ha raccontato.
      per cui neppure nei primi tempi post-apostolici ‘sta storia della sessuofobia sembrerebbe vera…

    3. annarita

      a si? devo dunque dire al mio confessore che il sesso è roba sozza, perchè mi ricorda a volte che il debito coniugale esiste, ma scherza? Mica voglio isozzarmi, ma come si permette il mio confessore, è troppo moderno? Non lo sa che la Chiesa crede che il sesso sia cosa sudicia? Poi devo avvertire le mie amiche cattoliche che devono stare chiuse, perchè mi pare che stiamo alzando troppo la cresta, sempre a gironzolare in giro, a dire la nostra pure sui blog. Chissà se Santa Caterina da Siena sapeva tutto questo quando importunava principi e il Papa, chissà Santa Teresa d.Avila. Che scandalo noi che credavamo che Gesù ci avesse liberate, invece ci ha rese schiave più che Maometto.
      Filosofiazzero, la scuola di Stato le ha giocato un brutto scherzo, le hanno insegnato frottole riguardo alla libertà della donna e alla Chiesa. Slogan e basta. O vuol farmi credere che per essere libera devo essere la fotocopia di un maschio? Mai pensato che alcune donne sono felici di fare figli, educarli, crescerli, di cuocere la zuppa, di stirare e cucire? Mica devo pilotare un aereo per sentirmi realizzata. Non è uno scandalo avere peculiarità proprie, non è peccato essere diverse dagli uomini e avere anche diversi compiti. Con ciò le ricordo che nel Medioevo, detta anche età cristiana, la donna aveva compiti sociali anche molto importanti, non esistevano le femministe, ma donne che facevano commercio, che gestivano proprietà etc, c’erano già. Persino dottori della Chiesa donne, si figuri. Legga la donna ai tempi delle cattedrali di Regine Pernoud.
      Come dire che un uomo si deve sentire sminuito dalla Chiesa perchè non può fare figli, o che un muratore si senta offeso perchè non può operare un malato.
      Una sottolineatura, essere santi è possibile solo se si è necessariamente dentro la Chiesa (non c’è salvezza fuori dalla Chiesa). Lei dice che non è obbligatorio essere santi , ma in qualche modo lo è, se si pensa che se non si diventa santi non si va neppure in Paradiso. Certo se uno preferisce l’Inferno…..

  13. vale

    ma perché devi sempre estremizzare tutto? io, in S.Paolo ed altri,tutta questa considerazione “sudicia” del sesso, non ce la trovo.
    oltretutto,per es. nel medioevo, che secondo la “vulgata” dovrebbe essere il non plus ultra dell’oscurantismo soprattutto contro le donne:
    http://www.storialibera.it/attualita/donna_e_donne/articolo.php?id=2740
    “il 12 settembre 2007 su Repubblica è apparso un titolo-choc: “Medioevo, prove di femminismo. Così cominciò il potere rosa”. Nell’articolo si parla di uno studio di Sue Niebrzydowski, docente di storia alla Bangor University del Galles, sulla condizione della donna nei secoli compresi fra il dodicesimo e il quindicesimo. Dopo avere esaminato una gran mole di documenti, questa storica è giunta alla conclusione che il Medioevo è stato “un’epoca d’oro” per le donne.
    per il celebre medievalista “fedele alla linea”(alla “vulgata”) Jacques Le Goff le donne portate ad esempio da questa sua collega “molto presuntuosa e soprattutto molto ignorante” (Repubblica, 12.9.2007) sarebbero soltanto delle sparute eccezioni fra milioni di donne umiliate ed oppresse nei “secoli bui.
    Secondo Régine Pernoud no. Circa trenta anni fa questa storica francese, oggi scomparsa, ha sostenuto le stesse tesi che oggi sostiene Sue Niebrzydowski nei libri Medioevo un secolare pregiudizio (edito in Italia da Bompiani nel 1983) e La donna al tempo delle cattedrali, (edito in Italia da Rizzoli nel 1982). Andiamo a rileggerli.”
    ecc.
    sia dal punto di vista politico che intellettuale che pratico( diritto di proprietà ed altro) dal V al XV sec. fu, forse il periodo meno buio. anche per le donne. dopo il “pagano” rinascimento (peraltro splendido),e dopo Lutero(Al declino femminile diede un contributo fondamentale anche la Riforma protestante. Martin Lutero vietava alle donne di operare al di fuori dell’ambito delimitato dalle tre “K”: Kirche, Kinder, Küche (chiesa, bambini, cucina). Quelle che provavano ad infrangere questo divieto, finivano braccate come “streghe”) invece….

    ma leggitelo ,l’articolo, che è muy interessante…

  14. Alessandro

    Domenica 5 gennaio 1969 “L’Osservatore Romano” pubblicò in prima pagina un ampio articolo del cardinale arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla che – a distanza di cinque mesi – rileggeva e spiegava l’enciclica di Papa Montini.

    Questo l’inizio:

    “Sembrerà strano che noi cominciamo le nostre riflessioni sull’enciclica Humanae vitae partendo dall’Autobiografia di M. Gandhi. “A mio avviso – scrive il grande uomo indiano – affermare che l’atto sessuale sia una azione spontanea, analoga al sonno o al nutrirsi, è crassa ignoranza. L’esistenza del mondo dipende dall’atto del moltiplicarsi – dalla procreazione, diremmo noi – e poiché il mondo è dominio di Dio e riflesso del suo potere, l’atto del moltiplicarsi – della procreazione, diremmo noi – deve essere sottoposto alla norma, che mira a salvaguardare lo sviluppo della vita sulla terra. L’uomo che ha presente tutto questo, aspirerà ad ogni costo al dominio dei suoi sensi e si fornirà di quella scienza necessaria, per promuovere la crescita fisica e spirituale della sua prole. Egli tramanderà poi i frutti di questa scienza ai posteri, oltre che usarli a suo giovamento”. In un altro passo della sua autobiografia Gandhi dichiara che due volte nella sua vita ha subito l’influsso della propaganda che raccomandava i mezzi artificiali per escludere la concezione nella convivenza coniugale. Tuttavia egli arrivò alla convinzione, “che si deve piuttosto agire attraverso la forza interiore, nella padronanza di se stesso, ossia mediante l’autocontrollo”.
    Rispetto all’enciclica Humanae vitae, questi tratti dell’autobiografia di Gandhi acquistano il significato di una particolare testimonianza. Ci ricordano le parole di san Paolo nella lettera ai Romani, riguardo alla sostanza della Legge scolpita nel cuore dell’uomo e attestata dal dettame della retta coscienza (Romani, 2, 15). Anche al tempo di san Paolo una tale voce della retta coscienza era un rimprovero per quelli che, pur essendo “i possessori della Legge”, non la osservavano.
    Forse è bene anche per noi avere davanti agli occhi la testimonianza di questo uomo non cristiano. È opportuno avere presente “la sostanza della Legge” scritta nel cuore dell’uomo e attestata dalla coscienza, per riuscire a penetrare la profonda verità della dottrina della Chiesa, contenuta nell’enciclica di Paolo VI Humanae vitae.”

    http://paparatzinger-blograffaella.blogspot.it/2008/07/la-verit-dellhumanae-vitae-nelle-parole.html

  15. 61Angeloextralarge

    Fuori tema ma non troppo… e fresco di poche ore:

    “Cari figli! Oggi vi invito al bene. Siate portatori di pace e di bontà in questo mondo. Pregate che Dio vi dia la forza affinché nel vostro cuore e nella vostra vita regnino sempre la speranza e la fierezza perché siete figli di Dio e portatori della Sua speranza in questo mondo che è senza gioia nel cuore e senza futuro perché non ha il cuore aperto verso Dio, vostra salvezza. Grazie per aver risposto alla mia chiamata” (Medjugorje 25 luglio 2012 alla veggente Marija)

  16. Pingback: Humanae vitae: rigore, tenerezza e coraggio contro la tecnocrazia (II) | Il blog di Costanza Miriano

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