Siamo tutti un po’ pinocchi

di Jane

Ma alla fine, in amore la verità bisogna sempre dirla tutta? O solo quando viene richiesta? E anche qualora ci venisse richiesta, è sempre giusto dirla?

Alberoni, ossia la mia primaria fonte di ispirazione per questi temi, nel suo ultimo articolo del lunedì (per chi ancora non lo sapesse ora è passato a “Il Giornale”, quindi è inutile ogni lunedì cercarlo disperatamente in fondo a sinistra nella prima pagina del Corriere, lui non c’è più, dovete farvene una ragione) intitolato “Se la sincerità è il salvavita della passione”, afferma che l’unica cosa che faccia durare la passione amorosa, l’unica forza in grado di tenerla unita è la sincerità.

Credo che il tasto della sincerità sia dolentissimo per molti, forse per tutti. La sincerità, il dire la verità, il dire quello che si pensa, è una delle imprese umane più difficili da affrontare, e non solo in amore. Forse, però, è anche l’impresa in grado di renderci davvero liberi. In amore, in particolare, dire la verità è come rendersi trasparenti verso l’altro ed è come togliersi di dosso quell’involucro dei sensi di colpa che ci opprime e ci nasconde.

Noi esseri umani dobbiamo fare costantemente i conti con la verità, il più delle volte in modo conflittuale poiché non riguarda solo il rapporto di noi con noi stessi (si può perfettamente mentire a se stessi e conviverci serenamente per un bel po’) ma riguarda il rapporto che, nel caso dell’amore, ci lega a qualcun’altro. Il dilemma sul dire o meno sempre la verità alla persona che amiamo nasce dalla difficoltà di soppesare danni e benefici a cui la sincerità o la menzogna porterebbero. In più è vero che l’inclinazione alla verità è tipicamente umana, ma lo è anche quella alla menzogna, e da questo fatto nasce il conflitto. Faccio fatica a credere che nessuno, almeno una volta nella vita, abbia mai mentito alla persona amata.

Bisognerebbe qui fare le dovute distinzioni all’interno della categoria di verità, perché la verità ha diverse sfaccettature, può riguardare una cosa stupida (sì, sono stata io a magiare l’ultima fetta di torta), una cosa più importante (sì, ti ho tradito perché nostra relazione è in crisi) o una situazione transitoria e trascurabile (sì, mi sono infatuato di quella ragazza ma ciò non incide nella relazione).

Ora, il dilemma del dire o meno la verità va sempre posto in relazione al tipo di rapporto che si sta vivendo (mentire al moroso di turno non è come mentire al marito) e va considerato in rapporto alle conseguenze a cui essa potrebbe portare. Infatti, come ci ricorda la Mannoia, “una bugia è una mancata verità che prima o poi succederà”.

Cioè, forse, per quanto possiamo mentire o tacere per nascondere la verità, essa, prima o poi, salterà fuori, anche se noi non lo vogliamo: ciò significa che, nel caso in cui essa riguardi una situazione rilevante (es. tradimento) che possa compromettere serenità ed equilibrio del rapporto, la sincerità nei confronti della persona che si ama è necessaria.

Invece, solo nel caso della situazione transitoria può essere concesso, per preservare la serenità e la solidità della relazione, dire qualche bugia o tacere qualche verità che riguarda fatti o vicende personali che non incidono in alcun modo nel rapporto, laddove la sincerità porterebbe solo danni.

Tornando alla mia fonte di ispirazione, lui sostiene che la completa trasparenza su di sé e sui propri pensieri sia d’obbligo senza fare distinzioni. Due innamorati dovrebbero, come prima tappa del rapporto, raccontarsi tutta la loro vita precedente al loro incontro, tutti i loro vecchi amori, senza nascondere nulla. Due che si amano dovrebbero, in sostanza, dirsi sempre la verità ogni giorno su tutto, perché “solo la verità crea la fiducia totale”.

Ma è proprio vero che in una relazione d’amore sia necessaria la sincerità totale? E ammettendo pure il caso che fosse necessaria, e che quindi rappresenterebbe l’ideale dell’amore la piena franchezza e limpidezza, è questa un’operazione umanamente possibile? Davvero due persone che si amano si dicono tutto, e, soprattutto, hanno il dovere di dirsi tutto per preservare il loro amore? Forse, io credo e ripeto, talvolta, qualche bugia deve essere concessa, qualche bugia è doverosa, o, se non altro, necessaria proprio per preservare il rapporto e per prevenire ansie, preoccupazioni o sospetti inutili, se a questo rapporto diamo davvero importanza e se la mancata verità riguarda qualcosa che siamo in grado di gestire da soli e, soprattutto, di risolvere.

Non sarà forse vero che ciascuno di noi, seppur legato a qualcuno, ha il diritto, e talvolta anche il dovere, di serbarsi uno spazio nel proprio cuore per i propri segreti? Non è un’esigenza tipicamente umana quella di aver bisogno di ritirarsi con sé e coi propri pensieri senza renderne partecipe nessuno, nemmeno la persona che si ama? Questo bisogno non credo possa logorare un rapporto d’amore. Anzi, forse è proprio questo mistero, questa consapevolezza di non poter mai sapere tutto dell’altro, che ci rende così affascinante l’altro, che ce lo rende attraente al punto da non volerlo lasciare mai. Recitava quella canzone di Battisti, “così vicini ma irraggiungibili”. Che sia questo il segreto dell’amore?

71 pensieri su “Siamo tutti un po’ pinocchi

  1. Nessun timore di dire sempre e tutta la Verita’ (anche se a volte non e’ la Verita’ con la V maiuscola ma e’ solo quello che si pensa).
    Soprattutto alla carne della propiria carne “I due sarananno una cosa sola”.
    “La Verita’ vi fara’ liberi”.
    Ma ovviamente non bisogna dimenticare di usare la Carita’.
    Verita’ e Carita’.

    Marco

  2. perfectioconversationis

    Non sono d’accordo. Troppe distinzioni, troppe sfumature. La verità si dice sempre, a tutti. Dire qualcosa di diverso è un peccato.
    La dose di verità, solo questa, va dosata in base al rapporto: non dico a un conoscente il mio numero di bancomat o questioni delicate che riguardano la mia o altre famiglie, non uso termini crudi per parlare di certe realtà con i bambini piccoli, non annoio mio marito con questioni che non lo interessano – chessò, le mie opinioni sulla moda o le chiacchiere che si fanno fuori dalla scuola. Ci sono anche zone d’ombra personali, che però non riguardano i fatti, riguardano invece una sorta di combattimento spirituale: non dico a mio marito ciò che dico al mio confessore, o comunque non negli stessi termini.
    Per il resto tutti noi siamo molto esigenti sulla quantità di verità che vogliamo ricevere, dobbiamo essere dunque generosi nel concederla.
    Solo in un caso non sono d’accordo con la verità ad oltranza, ed è proprio quello del tradimento. Se si arriva a ferire così profondamente il proprio rapporto, allora bisogna avere il coraggio di prendersi TUTTO il carico sulla coscienza, di non farci sconti, e portare interamente il peso delle nostre azioni. In molti casi essere sinceri in questioni di tradimento significa voler fare i propri comodi, o comunque assecondare le proprie debolezza, con in più la coscienza limpida perché “siamo stati sinceri”, ferendo così due volte il nostro coniuge.

  3. CloseTheDoor

    Se masticate un po’ di francese, forse troverete divertente questo monologo di Patrick Huard. E’ un attore canadese molto chiaccherato per la sua vita privata e i suoi (supposti?) tradimenti. Con una mitragliata di domande sempre più assurde, arriva a dimostrare che forse l’1% della platea è davvero completamente sincero con se stesso e con gli altri.

  4. Essere veri sempre. Che non significa necessariamente esaurire sempre la verità. Ma raccontare balle, nascondersi,mostrarsi agli altri diversi da come si è, soprattutto alla persona con cui si condivide la vita, no, non sono d’accordo, non va bene mai. Non significa raccontarsi tutto, a volte il silenzio è un dovere di carità verso l’altro (sono d’accordo con perfect sull’esempio del tradimento) o verso altre persone terze al rapporto (detesto quelle coppie con cui se parli con lei già sai che tutto quello che le dici lo saprà anche lui. Non è questo essere sinceri. Io l’intimità dei miei amici la devo rispettare anche con mio marito)
    Ma raccontarsi balle, tenersi una parte di sè riservata, deliberatamente nascosta, non mostrarsi totalmente per quello che si è (non è questo che suggerisce l’autrice del post?) non mi piace, non sono d’accordo. Per amare bisogna conoscere. Quanto più ci si conosce tanto più ci può amare. La conoscenza non avviene necessariamente (anzi quasi mai) raccontandosi i segreti. Ma sicuramente non avviene se chiudiamo il nostro cuore, o una parte di esso, e non permettiamo a nessuno di accedervi.

  5. Io però distinguerei l’essere autentici e veritieri dall’essere sinceri, altrimenti si rischia l’impasse. Se l’animo è interiormente confuso e preda di miraggi e illusioni io sarò anche sincerissimo ma certo non veritiero. Ecco perché il “mito della sincerità a tutti i costi”, gemello eterozigota del mito dello spontaneismo, è essenzialmente falso. La sincerità ha valore se è legata a una profonda conoscenza di se stessi. Ci può essere una “sincerità incosciente” e quanto spesso in suo nome esprimiamo pensieri non meditati e dunque superficiali.

    1. Filippo Maria

      Andreas condivido pienamente! Non potevi trovare parole più appropriate; Mi permetto di trascrivere un passaggio della “Regola non bollata” di San Francesco in cui si evince una concezione dell’ipocrisia abbastanza “rivoluzionaria”:

      “E si guardino i frati dal mostrarsi tristi all’esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti, ma si mostrino lieti nel
      Signore e giocondi e garbatamente amabili” (FF 27)

      Ad un primo approccio potrebbe sembrare che l’ipocrita sia quello che sorride fuori mentre dentro è triste; per Francesco è esattamente il contrario! Come se dicesse: sono vero quando vivo secondo Dio e la mia vocazione non secondo quello che mi viene e mi sento di essere (spontaneismo). Mi sembra che sia una questione di punti di vista; e il punto di Francesco è quello di decentrarsi, sempre!

      San Francesco, a mio avviso, ha ancora molto da insegnare all’uomo di oggi! Peccato che ci sia in corso una strumentalizzazione paurosa di questo santo: ambientalisti, naturalisti, pacifisti, frati che ballano in piazza, in televisione e quant’altro… 🙁

      1. Filippo Maria

        E poi Andreas volevo anche dirti grazie! Io scrivo poco in questo blog ma leggo quasi tutti i giorni (i commenti, sinceramente, non sempre) e grazie a te non solo ho scoperto la straordinaria figura di G. K. Chesterton ma anche che ha scritto un saggio proprio su San Francesco d’Assisi; l’ho ordinato in questi giorni e sono ansioso di leggerlo!

        1. @ Filippo Maria
          Non c’è per me soddisfazione maggiore di quella d’aver almeno un poco potuto contribuire alla diffusione della “chestertonite”. 😉 Per altro il libro su san Francesco, assieme a quello dedicato alla figura di san Tommaso d’Aquino e, of course, a “Ortodossia” sono tra i libri più belli, a mio avviso, scritti da GKC..
          È vero comunque: c’è tutta una mitologia fuorviante fiorita intorno al serafico padre Francesco, tanto che a ragione si è parlato anche per la sua figura di un “Francesco del mito” contrapposto a un “Francesco della storia”. Tanti episodi, elencati nel bel libretto di Guido Vignelli, “San Francesco antimoderno”, edito da Fede & Cultura, mostrano invece come. il “Francesco della storia” non fosse la figura zuccherosa, sdolcinata e melensa del “mito” e certo deluderebbe le aspettative di molti suoi poco accorti discepoli del giorno d’oggi.

          1. Filippo Maria

            Andreas sarebbe interessante, per eliminare la figura zuccherosa di Francesco, molto semplicemente (ma non semplicisticamente) ritornare a studiare gli scritti DI Francesco più che gli scritti SU Francesco. E’ un fatto del tutto singolare oggi che, a partire proprio da questo presupposto, i più grandi studiosi viventi di San Francesco non siamo noi frati ma un voi laici (c’è una pletora di nomi che vi risparmio). Questo mi fa arrossire, ma è la verità!

            1. Già, non c’è altra soluzione che il ritorno alle origini, dunque alle fonti. Anche se temo che sia proprio la realtà a far paura ai vagheggiatori di utopie, per cui fa più comodo un Francesco “su misura”. Quanto a misure, la stazza di Chesterton non era indifferente, ma più che la stazza è stato il suo cuore limpido e amante della verità a permettergli di entrare in sintonia con l’Assisiate. Forse anche questo manca, in tanti “ammiratori” di san Francesco: l’amore della verità, l’amore di Dio.

      2. Alessandro

        “il Poverello incarnò in modo esemplare la beatitudine proclamata da Gesù nel Vangelo: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). La testimonianza che egli rese nel suo tempo ne fa un naturale punto di riferimento per quanti anche oggi coltivano l’ideale della pace, del rispetto della natura, del dialogo tra le persone, tra le religioni e le culture.

        È tuttavia importante ricordare, se non si vuole TRADIRE il suo messaggio, che fu la scelta radicale di Cristo a fornirgli la chiave di comprensione della fraternità a cui tutti gli uomini sono chiamati, e a cui anche le creature inanimate – da “fratello sole” a “sorella luna” – in qualche modo partecipano. Mi piace pertanto ricordare che, in coincidenza con questo ventesimo anniversario dell’iniziativa di preghiera per la pace di Giovanni Paolo II, ricorre anche l’ottavo centenario della conversione di San Francesco. Le due commemorazioni si illuminano reciprocamente. Nelle parole a lui rivolte dal Crocifisso di San Damiano – “Va’, Francesco, ripara la mia casa…” -, nella sua scelta di radicale povertà, nel bacio al lebbroso in cui s’espresse la sua nuova capacità di vedere ed amare Cristo nei fratelli sofferenti, prendeva inizio quell’avventura umana e cristiana che continua ad affascinare tanti uomini del nostro tempo e rende codesta Città meta di innumerevoli pellegrini.”

        (Benedetto XVI, Lettera al Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino in occasione del XX anniversario dell’Incontro Interreligioso di Preghiera per la Pace, 2 settembre 2006)

        “Non posso dimenticare, nell’odierno contesto, l’iniziativa del mio Predecessore di santa memoria, Giovanni Paolo II, il quale volle riunire qui, nel 1986, i rappresentanti delle confessioni cristiane e delle diverse religioni del mondo, per un incontro di preghiera per la pace. Fu un’intuizione profetica e un momento di grazia, come ho ribadito alcuni mesi or sono nella mia lettera al Vescovo di questa Città in occasione del ventesimo anniversario di quell’evento. La scelta di celebrare quell’incontro ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose.
        Al tempo stesso, la luce del Poverello su quell’iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico dialogo interreligioso. Lo “spirito di Assisi”, che da quell’evento continua a diffondersi nel mondo, si oppone allo spirito di violenza, all’abuso della religione come pretesto per la violenza. Assisi ci dice che la fedeltà alla propria convinzione religiosa, la fedeltà soprattutto a Cristo crocifisso e risorto non si esprime in violenza e intolleranza, ma nel sincero rispetto dell’altro, nel dialogo, in un annuncio che fa appello alla libertà e alla ragione, nell’impegno per la pace e per la riconciliazione.

        NON potrebbe essere atteggiamento evangelico, né FRANCESCANO, il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la CERTEZZA DI FEDE che ogni cristiano, al pari del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell’uomo (cfr Gv 14,6), unico Salvatore del mondo.”

        (Benedetto XVI, Concelebrazione Eucaristica nella Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco, Assisi, 17 giugno 2007)

    2. 61Angeloextralarge

      Anche io quoto! Smack! 😀
      Stamattina mi scappano troppi smack! E’ meglio che rallento… 😉

  6. Sono d’accordo con Andreas: ad esempio io diffido dalle persone che si vantano di dire sempre quello che pensano. Solitamente intendono dire “tutto” quello che pensano. Preferisco chi sa mantenere margini di riservatezza, per carità o per giustizia, e si limita a non dire “altro” rispetto a quel che pensa.
    Perfectio (sloggata)

    1. 61Angeloextralarge

      Daniela: concordo anche con questo commento! Credo che chi si “vanta” di dire sempre quello che pensa e soprattuto lo fa ogni volta che apre bocca, in realtà si faccia un alibi, uno scudo, un motivo per dire anche cose che feriscono gli altri.
      E allargo il tiro: quante cose si dicono in nome della “correzione fraterna”? E come! 😉
      Sono una che dice quello che pensa, è vero, ma cerco di farlo con carità: prima mi affido a Dio per non dire “cavolate” o “cattiverie” e soprattutto “verifico” se il momento per parlare è quello adatto, altrimenti faccio danni. Non sempre è bene dire tutto subito, soprattutto se c’è maretta!

    2. @ Perfectio

      Infatti. Spesso è solo un modo per dire, in nome della “lotta all’ipocrisia”, le peggiori malignità allignate nel proprio cuore. La discrezione e la riservatezza sono segno che esiste uno spessore interiore. Ed è per questo che oggi, dove l’interiorità è combattuta ferocemente (ché tutti dobbiamo essere “ipersocializzati”, vale a dire solo ingranaggi del “Grande Animale” sociale), prolifera questa convinzione: virtuoso è chi dice tutto e subito, chi “dice sempre quel che pensa”. Diffidare di chi dice: “non sono ipocrita”. Spesso la sua non-iporisia consiste nello sdoganamento del male, nella legittimazione dell’iniquità.

  7. Francesca Romana

    C’è uno spazio nel nostro cuore, nel nostro spirito, nella nostra coscienza, dove risiede solo Dio, dove possiamo incontrarlo, restare in ascolto della sua Parola. Quello è l’unico spazio in cui non dobbiamo far entrare nessuno, nemmeno un marito o una moglie. Per il resto, paga sempre la verità…

    1. Sì, sono perfettamente d’accordo con te, Francesca. L’amore di fusione tra due creature è foriero delle peggiori illusioni. E non c’è peggiore illusione che scambiare una creatura per Dio concedendole l’accesso là dove non può stare. Ecco perché la vera fedeltà esige il distacco. Come mi suggerisce un amico francese, “bisogna amar qualcuno in modo assoluto, per non chiedergli più l’assoluto”.

        1. Strano, di lui non parlo mai… o quasi! 😀 Qui sì che mi viene il naso di Pinocchio, ma penso di poter dire che sono perfettamente in topic! 😀

            1. Un bello smack anche a te! 🙂 Quando si parla di Chesterton e del mio amico francese non so perché ma in me il sense of humour aumenta in maniera esponenziale… 😉

    2. 61Angeloextralarge

      Francesca Romana: sono d’accordo su questo! Tra l’altro c’è un grande santo che dice esattamente la stessa cosa. (non mi ricordo quale). Credo che occorra fare distinzione tra “dire la verità” e “dirsi tutto”: se in quel “dirsi tutto” comprendiamo anche il dirsi quelle cose che sono tra noi-e-Dio, cioè quelle che abitano nello spazio del nostro cuore, quello del quale stai parlando, probabilmente siamo fuori strada.

  8. 61Angeloextralarge

    Comento provocatorio per Laura G. T. :
    “così vicini ma irraggiungibili”. Che sia questo il segreto dell’amore?”: secondo me questo può essere intrigante nel momento del corteggiamento, nel cercare di catturare l’attenzione e l’interesse dell’altro. Ma se si vuole costruire un rapporto duraturo, un matrimonio in particolare, l’essere vicini ma irrangiungbili non ha nulla a che fare con l’amore. 😉

  9. Erika

    Io non ci riesco a essere sempre sincera con mio marito.
    Di più, non voglio essere sempre sincera. Dire troppe verità può significare uccidere un rapporto.
    Mio marito sa tutto quello che vale la pena sapere di me, però se gli palesassi costantemente i miei stati d’animo, probabilmente vivere con me sarebbe una tortura.
    Se qualche volta non fingessi che “no, figurati, non mi pesa preparare le sarde in saor” (come avrete capito, le sarde ,circa 17 ore di preparazione, sono un caposaldo della nostra alimentazione 😉

    oppure se non celassi, a volte, la malinconia che a tratti mi assale e mi ha sempre assalito…allora avrei fatto meglio a vivere da sola.
    Infine, perché turbare oltre un certo limite un uomo molto geloso, raccontandogli esattamente di tutti quelli che mi fanno qualche avance, se comunque io non ne sono mai stata tentata e sono perfettamente in grado di sbarazzarmene da sola?

  10. Le parole (a volte) sono importanti:….”bada al tempo e temi il male, e non aver da arrossire di te stesso; perché
    c’è una vergogna che che conduce al peccato , e una vergogna che è onore e grazia: Non essere parziale contro te stesso e non mentire a tuo danno.non trattenere la parola a tempo opportuno e non nascondere la tua saggezza.
    Perché col discorso si mostra la saggezza e colla parola della lingua….Non essere arrogante a parole e e fiacco e codardo nei fatti….Sta lontano da quelli che ti odiano e sii guardingo con quelli che ti amano…Non riportare mai una parola, non ci perderai niente. Ad amico o a nemico non ripeterla e se per te non v’è peccato non svelarla….” Ecclesiastico
    Per quanto riguarda le coppie (cosiddette, o le doppie coppie )che continuino esse a fare le coppie con annessi e connessi.
    Ma, noi, tutti, siamo veri o falsi?Ci mostriamo in un modo e siamo in un altro, mostriamo una facciata onorevole e dietro
    c’è il sudicio o la normale meschinità, parliamo bene e razzoliamo male, diciamo di fare in un modo e facciamo in un altro, diciamo solo quello che ci fa comodo e taciamo la nostra vergogna? Oppure siamo in buona fede, siamo sinceri quando parliamo e affermiamo e proclamiamo e poi invece ci riveliamo gentuccia? Chi ostenta la famiglia, chi il lavoro, chi l’impegno politico, chi la scienza, la sapienza, il coraggio, e poi la vita di tutti è solo andare in automobile la mattina e la sera a leccare il culo a altre persone le quali a loro volta lo leccano altri (lavoro di noi mezzeseghe classe media) in cambio di soldi, portare a scuola i bambini, riportarli a casa, educarli (sic!)leggere il giornale, commentare il giornale, chiudere il giornale, andare a letto, copulare chi ci avesse possibilità e voglia di copulare, svegliarsi la mattina, dichiarere a se stessi che si persegue una meta etc. E questa è verità?

    1. vale

      ma non era Ecclesiaste?
      poi è vero che quasi sempre riteniamo per verità ciò che è solo nostra opinione….

  11. Un Loup n’avait que les os et la peau,
    Tant les chiens faisaient bonne garde.
    Ce Loup rencontre un Dogue aussi puissant que beau,
    Gras, poli, qui s’était fourvoyé par mégarde.
    L’attaquer, le mettre en quartiers,
    Sire Loup l’eût fait volontiers ;
    Mais il fallait livrer bataille,
    Et le Mâtin était de taille
    A se défendre hardiment.
    Le Loup donc l’aborde humblement,
    Entre en propos, et lui fait compliment
    Sur son embonpoint, qu’il admire.
    ” Il ne tiendra qu’à vous beau sire,
    D’être aussi gras que moi, lui repartit le Chien.
    Quittez les bois, vous ferez bien :
    Vos pareils y sont misérables,
    Cancres, haires, et pauvres diables,
    Dont la condition est de mourir de faim.
    Car quoi ? rien d’assuré : point de franche lippée :
    Tout à la pointe de l’épée.
    Suivez-moi : vous aurez un bien meilleur destin. ”
    Le Loup reprit : “Que me faudra-t-il faire ?
    – Presque rien, dit le Chien, donner la chasse aux gens
    Portants bâtons, et mendiants ;
    Flatter ceux du logis, à son Maître complaire :
    Moyennant quoi votre salaire
    Sera force reliefs de toutes les façons :
    Os de poulets, os de pigeons,
    Sans parler de mainte caresse. ”
    Le Loup déjà se forge une félicité
    Qui le fait pleurer de tendresse.
    Chemin faisant, il vit le col du Chien pelé.
    ” Qu’est-ce là ? lui dit-il. – Rien. – Quoi ? rien ? – Peu de chose.
    – Mais encor ? – Le collier dont je suis attaché
    De ce que vous voyez est peut-être la cause.
    – Attaché ? dit le Loup : vous ne courez donc pas
    Où vous voulez ? – Pas toujours ; mais qu’importe ?
    – Il importe si bien, que de tous vos repas
    Je ne veux en aucune sorte,
    Et ne voudrais pas même à ce prix un trésor. ”
    Cela dit, maître Loup s’enfuit, et court encor.

    Les Fables, Livre I

  12. Alessandro

    “Mentire non è mai lecito. Tuttavia vi sono situazioni in cui occultare la verità non solo è lecito, ma addirittura doveroso. È il caso in cui si fa uso della cosiddetta “restrizione mentale” che consiste nel cambiare dentro di sé il significato che la frase ha presso l’interlocutore.
    Si distingue tra restrizione mentale stretta (quando assolutamente non è possibile, da ciò che si dice, conoscere la verità) e restrizione mentale larga (quando è possibile conoscere la verità, che rimane solo velata).
    La restrizione mentale stretta non è lecita ed è stata condannata dal S. Ufficio (DS 2126-2128).
    È lecita invece la restrizione mentale larga.
    Perciò il confessore che viene interrogato su materia di confessione, deve rispondere di non sapere assolutamente niente. Intendendo dire che non sa nulla che possa rivelare. Così pure devono fare talvolta gli infermieri, i medici , gli avvocati…”

    “la restrizione mentale è un atto interno della mente per il quale, mentre parliamo, restringiamo le parole ad un altro senso, che non è il loro senso ovvio.
    Se l’altro senso, che diamo alle nostre parole è tale che in nessun modo può essere capito dagli altri uditori e in nessun modo è manifestato dalle circostanze, abbiamo una restrizione puramente mentale. Per esempio dico: ieri ho visto il tale, intendendo di averlo visto nel ritratto.
    Se al contrario l’altro senso che diamo alle nostre parole può essere inteso in virtù delle circostanze esterne, non si ha la restrizione strettamente mentale ma la restrizione largamente mentale. Per esempio: quando so un fatto che devo tenere segreto e una persona mi fa un’interrogazione indiscreta, rispondo “Non lo so”, intendendo di non saperlo di scienza comunicabile ad altri.
    La restrizione puramente mentale non è lecita. È nient’altro che una bugia.
    La restrizione largamente mentale non è proibita in ogni caso. Il suo scopo intrinseco non è indurre in errore, ossia far credere il falso, ma nascondere la verità in casi nei quali questa verità non deve essere manifestata. Questo e non il primo deve essere il fine inteso, altrimenti l’uso della restrizione mentale è peccato di bugia.
    La restrizione largamente mentale con l’intenzione di nascondere la verità non è però lecita senz’altro. È necessario che nascondere la verità sia doveroso o almeno molto utile e non ci siano altri mezzi disponibili che questo. Se tutti usassero la restrizione senza limiti ai casi più o meno urgenti, dovremmo continuamente temere di essere in errore circa il senso delle parole degli altri, cosa che renderebbe molto difficile la vita sociale.”

    http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=484

    http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=645

  13. nonpuoiessereserio

    Leggendo i vari commenti avete composto un puzzle che stamattina non avrei saputo da che parte iniziare.
    “Amo le cose semplici, esse sono l’ultimo rifugio di uno spirito complesso” (credo siano parole di Wilde), mi ritrovo molto in queste parole.
    L’ho già scritto in passato, voi sapete certe cose di me che mia moglie non sa, non perché le ho raccontato balle ma perché non mi sono mai sentito
    di raccontarle. Diciamo omesse per mantenere degli equilibri. I due saranno un corpo solo e un’anima sola eppure siamo due anime e due corpi, un mistero.
    Io per molti versi mi sento molto solo (a parte Dio ovviamente).

    1. Erika

      Certo, l’equilibrio di una coppia non è facile da mantenere, ma mi ha colpito quello che hai detto: “voi sapete certe cose di me che mia moglie non sa”.
      Tu sai certamente quali sono i motivi per cui non ti senti di parlare a tua moglie di alcune cose, ma così non si rischia, alla lunga, di ritrovarsi estranei?
      Perdonami, non intendo davvero essere indiscreta, ma tua moglie è parte di te, non credi ci sia un modo per parlare con lei di te stesso?

      1. nonpuoiessereserio

        Erika, il discorso è un po’ complesso in realtà. Non si tratta di nascondere tout court ma piuttosto di lasciar decantare.
        Lei ed io siamo diversi, lo riconosciamo, stiamo insieme perché ci siamo scelti per percorrere la vita su questa terra insieme, creando una famiglia, amando i nostri figli.
        Puntiamo verso lo stesso approdo. Condividiamo molte cose, ci capiamo senza parlare, a volte non ci capiamo ed io, e sapendolo, evito di parlarle di certe cose, lei farà lo stesso con me.
        Non si tratta di cose essenziali ma solo di esprimere certi sentimenti, certe emozioni.

  14. Argomento scottante oggi… mi ricorda il film Apollo 13 (che stra-adoro): verso la fine, quando la navicella sta per rientrare dopo mille peripezie e ancora non si è sicuri del suo salvataggio, gli astronauti sono costretti a compiere una operazione che cambia leggermente la traiettoria di rientro, ma non se ne accorgono. Da terra, alla NASA, la cosa viene notata e segnalata al direttore di volo. Il breve dialogo è questo:

    Tecnico Nasa: “Gli si abbassa leggermente l’angolo di traiettoria. Glielo diciamo?”
    Direttore: “Possiamo farci qualche cosa?”
    T.N.: “No, ora no.”
    D.:”Allora non gli serve saperlo.”
    T.N.: “Ricevuto.”

    Illuminante…

  15. Roberto

    Effettivamente, siamo impegnati a non mentire, ma non siamo affatto sempre obbligati a dire tutto – tutt’altro!

    C’è da quotare Andreas comunque. Prima della verità, è necessario un buon grado di chiarezza interiore, altrimenti…

    “Cara, ho capito che ti amo!” “Oh tesoro che felicità!”

    “Cara credo di non amarti più!” “Ma come, appena ieri mi dicevi che m’amavi!” “E ieri era vero, cara, questo sentivo e perciò mi sono impegnato a dirtelo – ma oggi mi sono reso conto che ‘credevo fosse amore invece era un calesse’ ”

    Direi che è un modus operandi poco salutare 🙂

    Inoltre, c’è forse da dire che le donne a volte faticano a capire la necessità del non dire tutto, a causa della loro incomprensibile e del tutto irragionevole convinzione che i sentimenti si possano adeguatamente esprimere a parole.
    Mentre noi uomini sappiamo bene che in realtà più qualcosa è profondamente radicato e grande nel nostro cuore, più le parole adoperate per farlo venire alla luce lo rimpiccioliscono.

    1. lidiafederica

      Verissimo! La prima verità è con se stessi: altrimenti, è difficile dirla agli altri.
      Ma da dove viene la citazione del calesse? 🙂
      questo è un problema eterno: le donne vorrebbero sentire ciò che gli uomini non hanno voglia di dire, e così alla fine nessuno ci capisce più niente.

    2. lidiafederica

      PS: roberto, l’altroieri nella parrocchia vicino casa mia hanno fatto, come da conseueto, la messa in latino (però col rito nuovo), anche i canti, in italiano erano solo le letture e la predica. Ho pensato, e penso di non sbagliarmi, che ti sarebbe piaciuto 😉
      A me la Messa in latino piace molto – e il parroco è un grandissimo. Sia lui sia quello della mia parrocchia (a Roma, in certi quartieri, hai 5 chiese nel raggio di 10 min a piedi – come da me) – vorrei tanto che in tutte le parrocchie ci fossero preti così!

      1. Roberto

        *coff coff*
        Effettivamente ci hai preso, Lidia – ieri ho fatto un po’ di chilometri per regalarmi una Messa V.O. con annessa (precedente, ovvio 😉 ) confessione al sacerdote che con piacere la amministra.

        Il calesse? Vecchio, assurdo film di Troisi!

        http://scusateilritardo.altervista.org/pensavo.htm

        “Pensavo fosse amore invece era un calesse”

        Dal quale alcune pietre miliari quali:

        “Mamma mia, io non è che sò contrario al matrimonio.. è che secondo me, un uomo e una donna, sono le persone meno adatte a sposarsi, cioè troppo diversi..”

  16. La verità, sempre? A volte può essere solo un modo per mettersi il cuore in pace e non dover convivere con i sensi di colpa. Ma, come non pensare a come l’altro prenderà questa estrema verità? Mors tua vita mea, ma anche così non va bene …

  17. Avevo lasciato un “bellissimo” commento che parlava di questo nuovo modo moderno più penitenziale, a me (che sono abbastanza vecchio) sconosciuto, di intendere la Quaresima e dell’articolo di Cazzullo sul libro “Cercando Cristo”.
    Non è arrivato?

    1. admin

      era un commento Off Topic , come al solito, irridente verso un certo modo di intendere la fede.

        1. admin

          puoi dire le stesse cose senza, ad esempio, fare riferimenti al cilicio.
          Alvise dovresti averlo capito che non abbiamo più voglia di essere i tuoi zimbelli se ti adegui bene altrimenti i tuoi commenti continueranno ad essere cancellati

  18. 61Angeloextralarge

    Admin: ho lasciato poco fa un commento in risposta a Francesca Romana, ma non appare. !?!?

  19. “Se Nietzsche annunciava la morte di Dio, e se nelle stragi dei totalitarismi e negli eccessi del capitalismo è morto anche l’uomo, Dio e l’uomo rinascono insieme in una sola persona: Gesù. Eppure troppo spesso gli uomini di Chiesa parlano d’altro. Si perdono in questioni di potere. Danno un peso financo eccessivo alla ragione. La ragione può sostenere la fede nel cammino verso Dio, non può sostituirla. Il Papini de Un uomo finito, che si arrende all’impossibilità di elevare l’uomo alla divinità, mi ricorda la ricerca di Agostino: la consapevolezza dei nostri limiti non è la fine, ma l’inizio; l’uomo parte dalla ragione, ma non arriva in fondo senza la fede».
    “Cercando Gesù” citato da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera

  20. Temo che il solo segreto dell’amore sia l’amore e basta, non ci sono ricette di consumo. Tutto il resto è qualcosa che serve a tenere a bada un ego ferito e dolorante, a preservarlo dalle delusioni, dalle umiliazioni e dalle offese. Ma l’ego, si sa, con l’amore c’entra ben poco. Perché se ami profondamente una persona arrivi a comprenderla anche meglio di quanto faccia con sé stessa e questo comprende tutto, quello che ha fatto, quello che fa e quello che vuole fare. Per quanto riguarda la sincerità, e quindi di verità, possiamo parlare di mezze verità, perché per quanto una verità sia e sembri totale e sincera, nessuno di noi conosce i reali disegni della Vita dietro agli avvenimenti. Qualsiasi nostra sincerità è sempre parziale confronto alla totalità dell’amore pieno.

  21. Marco

    Tratto da:

    HUMANAE VITAE

    LETTERA ENCICLICA
    DEL SOMMO PONTEFICE
    PAOLO PP. VI

    L’amore coniugale

    8. L’amore coniugale rivela massimamente la sua vera natura e nobiltà quando è considerato nella sua sorgente suprema, Dio, che è “Amore”, che è il Padre ” da cui ogni paternità, in cielo e in terra, trae il suo nome “. Il matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite. Per i battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignità di segno sacramentale della grazia, in quanto rappresenta l’unione di Cristo e della chiesa.

    Le caratteristiche dell’amore coniugale

    9. In questa luce appaiono chiaramente le note e le esigenze caratteristiche dell’amore coniugale, di cui è di somma importanza avere un’idea esatta. È prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana. È poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé. È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre nobile e meritoria, nessuno lo può negare. L’esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa è consentanea alla natura del matrimonio, ma altresì che da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e duratura felicità. È infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. “Il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori”.

  22. KantoKiaro

    Non mi scandalizzo del dubbio emerso dal post “se è davvero opportuno dire sempre la verità”. Ma mi schiero, convinto, con Alberoni (che a malapena so chi è!). E non certo perchè non sono un “pinocchio”. anch’io credo di arrabattarmi a volte con le scusanti “bugie buone” (ingannando prima di tutto me stesso). Ma difenderei, sempre, a spada tratta la verità. Anzi la Verità con la lettera maiuscola. Solo questa può essere davvero liberante. quello che emerge in noi uomini e donne post-moderni, forse, è il rischio (che non vogliamo correre) che dire la verità costi. e tanto. che una verità detta senza se e senza ma, comporti una responsabilità (e conseguenze) a cui non siamo in grado di fare fronte.
    Quanto alla Mannoia .. bèh … a me sembra che (la sua rima baciata) porti anche un pò sfiga.

  23. (shhh adesso che ci siamo spostati su un altro argomento…. posso dirla la verità su quello che penso di questo post? Oppure meglio che sto zitta?)

  24. Grillo

    Esodo 20, ottavo comandamento.
    La verità è una sola, per definizione. Ed è verità che menitre è peccato, si tratto di una caramella succhiata o del più becero dei tradimenti. Certo, hano pesi diversi, ma menitre è peccato, punto. Poi uno se la può raccontare; possiamo farci “sconti” a destra e manca…. ma non c’è nessun “talvolta”, nessun “diritto”.

    La menzogna, come testimonia Gesù Cristo dal vangelo di questa domenica, è peccato che copre il peccato: difatti, chi non ha nulla da nascondere, perché dovrebbe mentire? Dovremmo allenarci piuttosto a confidare sulla sua pietà e dei suoi battezzati (noi… che recitiamo il Padre nostro!), piuttosto che trasullarci in dilemmi fasulli, negando l’oggettività. “chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere”(Gv 3)

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