Un’idea di vita, un’idea di morte

di Mario Palmaro   da La Bussola Quotidiana 30 novembre 2011

Di fronte al caso di Lucio Magri, che è andato a morire in Svizzera con un suicidio assistito, vorremmo dire tre cose.

Innanzitutto, questa è una tristissima vicenda umana, che suscita sentimenti di pietà. Attenzione: pietà per un uomo che dice di non voler più vivere e che purtroppo trova persone disposte ad aiutarlo nel suo proposito. Non certo pietà per la “categoria”, cioè per quelli che si vogliono togliere la vita e ci riescono; perché, altrimenti, bisognerebbe “per motivi pietosi” modificare tutti i protocolli di soccorso e di emergenza pacificamente accettati dalla nostra società.

Bisognerebbe lasciare in pace quelli che si vogliono gettare dal cornicione, bisognerebbe sostituire i teloni dei vigili del fuoco con un letto di chiodi per fachiri, bisognerebbe non soccorrere e non salvare quelli che hanno tentato di uccidersi e non sono ancora morti. Ciò che fa pena è l’immagine di un uomo, intellettuale vivace, stanco di vivere, oppresso – dicono alcuni – dall’insopportabile percezione del fallimento dell’ideologia marxista; o – dicono altri – dal dolore per la morte della carissima moglie. Chi conosce la fragilità dell’uomo sa che non c’è peccato di cui, potenzialmente, non saremmo capaci. Compreso un delitto terribile contro la propria vita, come il suicidio, azione con la quale, recita un paradosso di Chesterton, è come se l’uomo volesse uccidere tutti gli uomini.

Seconda osservazione: se è giusto provare pietà per le persone, non è affatto giusto provare pietà per le ideologie false e bugiarde. Magri è stato uno dei fondatori del Manifesto, e un colto rappresentante del pensiero marxista. E qui dobbiamo constatare che il comunismo, insieme a tutte le altre letture ideologiche del reale, scava nell’uomo un vuoto che diventa con il passare degli anni insopportabilmente pesante. Scenario viepiù aggravato dalla sconfitta clamorosa che la storia ha decretato per il socialismo realizzato. Si ha un bel dire, facendo gli spacconi, che Dio non serve. Può funzionare finchè la sorte ti sorride, ma arriva un giorno in cui le cose ti si rivoltano contro, e allora le pagine di Marx, o di Gramsci, o di Sartre, non riescono a dare conforto. E diventano, anzi, pistole armate nella tua mano. Dobbiamo dircelo e dobbiamo dirlo ai giovani: ci sono cattivi maestri e cattive dottrine, mentre la vita pretende una verità più grande, che la Chiesa insegna da duemila anni. Una verità che non rimuove le tragedie dall’esistenza, ma che le riempie di un senso che conforta perfino le persone disperate.

Terza, ma non ultima considerazione: la vicenda del povero Magri è un perfetto caso di scuola, che spiega che cosa intendiamo quando stiamo parlando di eutanasia. Il cosiddetto suicidio assistito, infatti, ha molto più a che fare con la fattispecie dell’eutanasia che con quella del suicidio: il suicida è uno che si ammazza con le sue mani; nel suicidio assistito ci sono altri che mettono la vittima in condizione di morire, e che quindi cooperano in modo decisivo a un atto che, forse, il poveretto non avrebbe la forza di compiere.

Ma c’è dell’altro: Lucio Magri non aveva, almeno secondo le notizie diffuse, una malattia mortale, o una patologia degenerativa che ne divorasse il corpo. Accusava invece un grave stato depressivo che lo ha spinto ad andare in Svizzera per ottenere la morte. Ora, da anni vogliono farci credere che l’eutanasia è una faccenda che riguarda solo i malati terminali oppure le persone con una sindrome progressiva inesorabile.

Ma si tratta di una truffa logica e concettuale: la vera posta in gioco è il potere di ciascuno sulla propria vita. Le motivazioni che spingono una persona a dichiarare che vuole la morte sono le più disparate: vanno dal dolore fisico assoluto al taedium vitae, cioè al disgusto per la vita che pure è priva di malattie del corpo. Se lo stato definisce che in alcuni casi si può ottenere la morte per mano di terzi, a quel punto stabilisce a quale altezza si deve collocare l’assicella delle vite senza qualità. E anche se in prima istanza respinge al mittente una richiesta come quella di Lucio Magri, con il tempo lo stato è costretto a rivedere il criterio e ad ammettere che, in fondo, se uno non vuole vivere è affar suo. Magri è purtroppo il simbolo di una tragedia più grande, che percorre la nostra società, la quale assomiglia sempre di più a una vera e propria civiltà dell’eutanasia. A un luogo, cioè, dove la vita è essenzialmente un non senso, e dove quindi chiedere e ottenere la morte è la cosa più normale del mondo.

Ovviamente, questa “cultura” avrà un suo effetto di “trascinamento” lungo il pendio scivoloso, e prima si legalizzerà la morte dei malati gravi con il loro consenso (reale o presunto); poi arriverà la morte di quelli che non l’hanno chiesta, ma poveretti quanto soffrono; e infine arriverà la morte di quelli che sono sani come un pesce, ma sono stufi di vivere. Il marxismo è morto, il liberalismo anche, e l’umanità sazia e disperatissima non si sente tanto bene. Solo un Dio ci può salvare.

fonte: La Bussola Quotidiana

67 pensieri su “Un’idea di vita, un’idea di morte

  1. Ele86

    Le parole di palmaro sono sempre chiare complete e vere. Nulla da aggiungere!!Ottimo articolo

  2. I giornalisti-avvoltoi non aspettavano altro!!!
    Da una parte e dall’altra si sono avventati sul cadavere del povero Magri per dire, da una parte, che il suo è stato un atto politico, di rifiuto di questa politica che c’è ora -(non la grande politica di una volta!) -di promozione dell’eutanasia
    uno scatto di orgoglio etc dall’altra parte che è stato un atto di debolezza di resa di cattivo esempio di prova evidente della fine del marxismo, di Gramsci, di Lenin, e che bisogna quindi lottare per una nuova visione del mondo con la vita come dono di Dio e blablabla…
    Tutti noi abbiamo conosciuto persone che si sono suicidate e sappiamo, o crediamo di sapere, che la “realtà” mette quasi sempre capo a condizioni di disperazione di
    sconforto , di depressione di dolore per le cause più varie e non assolutamente suscettibili di essere rigirate catalogate e adoprate dalla retorica.

    1. Alvise, il punto non è la situazione estrema (soggettiva sempre, talora pure oggettiva) di chi si suicida, ma il fatto che lo stato ammetta che si possano somministrare “suicidi assistiti” e ne stabilisca le condizioni.
      E’ un cerchio che non può essere tracciato, perché i suoi confini sono soggetti a spostamenti arbitrari.

  3. “la vera posta in gioco è il potere di ciascuno sulla propria vita. Le motivazioni che spingono una persona a dichiarare che vuole la morte sono le più disparate: vanno dal dolore fisico assoluto al taedium vitae, cioè al disgusto per la vita che pure è priva di malattie del corpo. Se lo stato definisce che in alcuni casi si può ottenere la morte per mano di terzi, a quel punto stabilisce a quale altezza si deve collocare l’assicella delle vite senza qualità. E anche se in prima istanza respinge al mittente una richiesta come quella di Lucio Magri, con il tempo lo stato è costretto a rivedere il criterio e ad ammettere che, in fondo, se uno non vuole vivere è affar suo”

    Ecco questo è il punto: certe campagne di opinione sfruttano i casi limite per suscitare partecipazione emotiva (fecero così con casi drammatici per l’aborto, stanno facendo così con casi come quello di Eluana), ma dobbiamo sapere che lo scopo ultimo è ottenere che ciascuno abbia illimitato potere di vita e di morte su sé stesso e anche su alcuni altri. Nel caso dell’aborto, sui figli concepiti, nel caso dell’eutanasia, in Olanda, ad esempio, il diritto all’eutanasia è stato esteso anche ai bambini, senza parlare dello scenario inquietante per i tanti anziani non auto-sufficienti.

    1. E nei casi di dovere restare eventualmente “per legge”attaccati ai tubi ospedalieri?
      Cosa c’entra Lucio Magri?
      L’ho detto: gli sparvieri della morte si buttano sui cadaveri per trarne quello di cui hanno bisogno, da tutte le parti.

  4. Sybille

    qualche mese fa uno dei miei migliori amici si è suicidato. Lui con il marxismo non aveva nulla a che fare, era anzi credente e praticante. purtroppo è arrivato un momento in cui lui non ce l’ha fatta più, è stato sopraffatto, senza trovare conforto nei buoni maestri e nelle buone dottrine. E’ troppo doloroso.

  5. Se estromettiamo Dio dal nostro orizzonte etico ci accorgiamo che tutto quello che abbiamo costruito nella nostra vita è un fragile castello di carte. Così uno stato se fonda la propria ragion d’essere su un apparentemente legittimo e indiscutibile “bene comune”, ma senza ricondurre a Dio la legittimazione e il fine del proprio agire, è un leviatano sotto mentite spoglie.
    In nome del “bene comune” pro tempore si potrebbe trovare giustificazione a qualsiasi cosa.
    E allora in nome della “sostenibilità” si potrebbe considerare ragionevole e opportuno aiutare a morire – de jure – i malati terminali per evitare loro “inutili sofferenze”, ridurre il “costo sociale” di cure mediche sostanzialmente a perdere, evitare il disagio di un “esito” non medicalmente controllato e non turbare le “diverse sensibilità”. Naturalmente i candidati al “fine vita” obbligatorio sarebbero dichiarati tali da un’apposita commissione ministeriale, composta da un emerito docente universitario, un magistrato esperto in diritto costituzionale e un rappresentante della società civile (scelti in appositi elenchi, con la metà esatta dei componenti della commissione nominati tra persone dichiaratesi di sesso femminile), a garanzia di assoluta democraticità e tutela dei diritti del malato.

  6. Nella liturgia romana del funerale (non so in quella ambrosiana) c’è un rito che ogni volta mi commuove ed è quello dell’incensazione della salma, che infatti non delego quasi mai al diacono (a cui speterebe) ma faccio personalmente.
    Pensateci: noi rendiamo profumata la morte! La cosa più puzzolente e schifosa del mondo, un cadavere in putrefazione, noi la rendiamo profumata!
    Ci sarebbe tanto da dire sul valore biblico del profumo e di come sarebe bello recuperarlo nella nostra liturgia, ma dovrei scrivere un libro, mi limito solo a dire che non può essere un fatto solo cosmetico. Davvero dobbiamo riscrivere la morte, narrarla in un altro modo, se vogliamo riapproppiarci della sua bellezza, della sua grandezza, della sua positività, quella che la faceva chiamare sorella a S. Francesco, quella che la faceva attendere con ansia ai martiri.
    Perfino lo slittamento semantico delle parole ha parte in questo. La parola cimitero ad esempio viene dal greco koymeterion, dormitorio, sostituirla con “parco della rimembranza”, come ho visto in tanti luoghi, significa stravolgerne il senso. Il cimitero non è il luogo del rimpianto, ma della speranza e se noi portiamo fiori su una tomba è per dire che quella pietra fiorirà, che la vita è più forte della morte.

    Perché questa omelia improvvisata? Per dire che tutto questo discorso non avrebbe alcuna ragion d’essere se noi cristiani per primi non ci fossimo fatti scippare della morte e fossimo testimoni più credibil della nostra fede nella Risurrezione

    1. Profumare i cadaveri fa parte di un rituale millenario
      anche, certamente, per mandare via il puzzo!!!
      Certo che non è un puro fatto cosmetico è un atto di cui si intuisce subito il valore, e i primitivi l’avevano intuito,
      incensi, fumo profumato, unguenti…
      Noi andiamo sulle tombe perchè “parliamo” con i morti come fossero vivi e ci illudiamo che li ritroveremo da morti anche noi nell’aldilà.
      Come si vede per esempio, e io l’avevo messo anche sul blog, nel film Il Gladiatore (antichi Romani)
      Il pensiero primitivo che è in noi (e non lo dico con spregio) è sempre al lavoro, anche, forse, sub specie religioni.Quello che è , ero è che il mondo moderno sta ricacciando, i morti lontano da noi.

  7. Alessandro

    accettare di stare nella prova e nella sofferenza e fronteggiare la morte in compagnia di Cristo provato e sofferente e morto, con la certezza che la sofferenza e la morte non prevarranno, perché Cristo le ha domate e debellate irreversibilmente, attraversandole. Mica facile – impossibile senza la Grazia -, ma al di fuori di questa esperienza non ci sono speranze se non monche, evanescenti.

    “Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
    Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?
    Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica.
    Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?
    Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
    Proprio come sta scritto:
    Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno,
    siamo trattati come pecore da macello.

    Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati.
    Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.”

    (Rm 8, 31-39)

    1. costanza

      Questa è la lettura che vorrei al mio funerale, l’ho detto a mio marito ma non so se si ricorda (se gliel’ho detto mentre guardava la Roma, cosa che tenderei a non escludere, temo di no).
      Comunque io non trovo scandaloso il gesto di chi non spera più, ma ho torvato scandaloso l’aperitivo degli amici che bevevano il Martini a casa aspettando la notizia dell’avvenuto suicidio, invece che correre ad abbracciarlo, strattonarlo, prenderlo a schiaffi anche. Non si può normalizzare la morte, non si può chiamarla diritto. E’ uno scandalo, la morte, è lo scandalo dell’uomo, e l’unica risposta è Gesù Cristo.

      1. Alessandro

        Sì, la morte è uno scandalo, uno schifo, e se Cristo non è risorto la morte è lo schifo che ci travolge tutti, ad uno ad uno, senza appello, inesorabile, e noi non possiamo che compiangere la nostra condizione umana, ed è… funesto a chi nasce il dì natale.

        “Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!
        Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.
        Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.
        Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto;
        ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.

        E anche quelli che sono morti in Cristo sono PERDUTI.

        Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da COMPIANGERE più di tutti gli uomini.

        Ora, invece, Cristo E’ RISUSCITATO dai morti, primizia di coloro che sono morti.

        Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti;

        e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno LA VITA IN CRISTO”

        (1Cor 15, 13-22).

        Ma Cristo è risorto: “Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
        La morte è stata INGOIATA per la vittoria.
        Dov’è, O MORTE, la tua vittoria?
        Dov’è, O MORTE, il tuo pungiglione?” (vv. 54-55)

      2. Alessandro

        Il Martini a casa attendendo la notizia?

        Ricorda quanto accadde dopo la morte di Eluana Englaro (da Avvenire, 12 febbraio 2009):

        “Surreale cena per ringraziare i giornalisti”

        “Un ricco catering nella sua villa seicentesca, quella dove nonni, genitori e poi i figli hanno studiato da avvocati, camerieri in guanti bianchi, i migliori vini friulani: Eluana attendeva ancora sepoltura, ieri sera, quando nelle campagne fuori Udine l’avvocato Campeis – il legale udinese della famiglia Englaro – ha imbandito la sua tavola per i giornalisti.«So già che mi mancherete molto; con questa cena vi voglio ringraziare per la vicinanza e la collaborazione che ci avete dato…». C’erano quasi tutti i colleghi della carta stampata, accolti con raffinatezza nel lusso di Villa Campeis. C’era finalmente Daniele Renzulli, figura storica del socialismo friulano, dicono il protagonista occulto dell’intera vicenda, e anche lui come gli altri ha alzato il calice: impresa giunta a buon fine.

        La festa è andata avanti fin quasi all’alba, poi tutti a letto, sazi, ma qualcuno anche turbato: «Ci siamo andati – racconta il collega di un grande quotidiano milanese –: effettivamente era qualcosa di surreale». Al mattino, viso stanco e occhiaie per tutti: bisogna correre a Paluzza, oggi si seppellisce Eluana.

        Lucia Bellaspiga

        p.s.: Al ricco catering non sono ovviamente stati invitati i giornalisti di Avvenire e Sat2000. I quali comunque – va da sé – non avrebbero partecipato. Ma è chiaro che non è questa la notizia.

      3. Sybille

        Cara Costanza, anche io ho trovato tremenda la descrizione degli amici a casa che aspettavano, sembrava la descrizione di un film. Se solo avessi intuito cosa aveva in testa il mio amico quando si è ucciso sarei corsa lì e l’avrei preso a ceffoni pur di farlo desistere

  8. nonpuoiessereserio

    Credo che il beneplacito politico, sociale e culturale ad una scelta di morte sia una sconfitta per l’uomo e per la civiltà.

  9. Alessandro

    Gesù Cristo non ha costeggiato la morte, non l’ha scansata per un pelo, c’è entrato dentro, c’è stato in mezzo, l’ha trascorsa tutta quanta. Pensiero vertiginoso. Mi rinvia a quanto disse il Papa visitando la Sindone:

    “Il Sabato Santo è il giorno del nascondimento di Dio, come si legge in un’antica Omelia: “Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme … Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi” (Omelia sul Sabato Santo, PG 43, 439). Nel Credo, noi professiamo che Gesù Cristo “fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, discese agli inferi, e il terzo giorno risuscitò da morte”….

    E la Sindone ci parla esattamente di quel momento, sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo IL NOSTRO MORIRE, ma anche il nostro RIMANERE nella morte. La solidarietà più radicale.

    In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significa questa espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù Cristo, RIMANENDO nella morte, ha oltrepassato la porta di questa SOLITUDINE ULTIMA per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora ANCHE LA’ E’ PENETRATA LA VITA. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”.

    Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della RISURREZIONE. ”

    (Meditazione di Benedetto XVI venerando la Santa Sindone, Torino, 2 maggio 2010)

  10. 61Angeloextralarge

    – “altrimenti, bisognerebbe “per motivi pietosi” modificare tutti i protocolli di soccorso e di emergenza pacificamente accettati dalla nostra società. Bisognerebbe lasciare in pace quelli che si vogliono gettare dal cornicione, bisognerebbe sostituire i teloni dei vigili del fuoco con un letto di chiodi per fachiri, bisognerebbe non soccorrere e non salvare quelli che hanno tentato di uccidersi e non sono ancora morti”: quanti ci hanno provato in un momento di grande sofferenza! Alcuni ci sono riusciti e altri no: chi non c’è riuscito, una volta superata la fase del “Non ce la faccio più!”, anche e soprattutto se aiutato a recuperare sé stesso, ringrazia chi l’ha salvato.

    – “Ciò che fa pena è l’immagine di un uomo, intellettuale vivace, stanco di vivere, oppresso – dicono alcuni – dall’insopportabile percezione del fallimento dell’ideologia marxista; o – dicono altri – dal dolore per la morte della carissima moglie”: se non c’è Dio non si trovano significati profondi anche nella sofferenza e nelle delusioni.

    – “Si ha un bel dire, facendo gli spacconi, che Dio non serve”: Dio non serve se non lo si vuole ascoltare, se ci propone cose che a noni non stanno bene.

    – “Dobbiamo dircelo e dobbiamo dirlo ai giovani: ci sono cattivi maestri e cattive dottrine, mentre la vita pretende una verità più grande”: con la vita più che con le parole. I giovani hanno bisogno di testimoni autentici, e non soltanto loro.

    – “il suicida è uno che si ammazza con le sue mani; nel suicidio assistito ci sono altri che mettono la vittima in condizione di morire, e che quindi cooperano in modo decisivo a un atto che, forse, il poveretto non avrebbe la forza di compiere: se la forza non c’è, come mai? Forse perché in realtà non si vuole morie? E chi sono io per “aiutarlo” a morire? Non vorrei essere nei panni di chi lo ha aiutato, quando si presenterà davanti a Dio, così come non vorrei essere nei panni di chi presenterà davanti a dio, dopo aver consigliato l’aborto ad una donna in difficoltà. Credo nella Misericordia di Dio e credo che sia immensa, ma ugualmente, non vorrei essere in quei panni (già mi pesani i miei).

    – “un grave stato depressivo che lo ha spinto ad andare in Svizzera per ottenere la morte”: perché non ha tentato la cura contro la depressione? L’ha tentata senza risultati?

    – “la vera posta in gioco è il potere di ciascuno sulla propria vita”: siamo sempre convinti di essere noi il dio della nostra vita. Decidiamo cosa fare, come e quando. Almeno crediamo di essere noi a decidere e poi quando la realtà ci sbatte in faccia che c’è Qualcuno di più grande di noi….

    – “questa “cultura” avrà un suo effetto di “trascinamento” lungo il pendio scivoloso” secondo me ci siamo già nel pendio scivoloso. Tutto ci sembra normale. “Lo fanno tutti!”… “Perché no!?!”… etc….

    – “l’umanità sazia e disperatissima non si sente tanto bene”. come potrebbe sentirsi bene?

    – “Solo un Dio ci può salvare” grazie!

  11. credo che sia sbagliato mettere sullo stesso piano il suicidio e l’eutanasia. Nel suicidio esiste l’ultimo, estremo atto volontario e revocabile, il dito sul grilletto, il salto nel vuoto, il calcio alla sedia.Si tratta di un atto volontario che porta alla morte ma che appartiene ancora alla vita ed è un atto che bisogna compiere. O non compiere. Nel “suicidio assistito” questo atto non c’è viene delegato, per paura o per impossibilità fisica ma elimina l’ultimo, estremo imponderabile momento di ripensamento, sia pure istintivo. Per cui è più giusto parlare di “omicidio autorizzato”, che è cosa diversa dal suicidio.

  12. Volevo aggiungere al dibattito interessante 1 post che ho trovato interessante.
    E” tratto dal blog lettere eretiche.

    I commenti giustamente addolorati sul suicidio di Lucio Magri rischiano di portare moltissima confusione nel dibattito su testamento biologico ed eutanasia. Chi in Italia lotta a favore di questi due distinti diritti civili, incontrando più veti di matrice vaticana che nel resto d’Europa, troverà un ulteriore ostacolo nell’idea sbagliata che chi è malato di depressione, anche grave, possa essere “assistito” nella decisione di porre fine alla propria vita. “Chi è malato di depressione, al contrario, può e deve essere curato – sostiene lo psichiatra Massimo Fagioli – e il bravo medico deve anzi impedire la sua tendenza al suicidio. Un diritto civile come l’eutanasia va pure conquistato, ma dovrebbe valere soltanto per chi sia affetto da una malattia davvero incurabile, che generi sofferenze insostenibili”. E’ molto chiaro Fagioli: la depressione non è incurabile e il suicidio e l’eutanasia non devono essere equiparati. Altrimenti siamo punto e a capo. E le gerarchie ecclesiastiche, aggiungendo confusione a confusione, ne approfitterebbero anche per infierire sul già impervio cammino di una giusta legge sul testamento biologico.

    1. Alessandro

      Non concordo sull’essere l’eutanasia un diritto civile e temo che la “giusta legge sul testamento biologico” di cui auspichi il varo autorizzerebbe l’eutanasia (nominandola o no). Concordo sul fatto che il depresso vada curato, non avviato al suicidio, più o meno “assistito”.

      1. Alessandro

        Tra l’altro le pulsioni autodistruttive segnano purtroppo molte delle sindromi depressive. Un medico dovrebbe adoperarsi ad aiutare il paziente a estinguere queste pulsioni, non dovrebbe assecondarle.

  13. Aggiungo la risposta che mi hanno dato su un altro blog quando ho criticato l’equiparazione tra suicidio assistito ed eutanasia (e ho sostenuto che una persona depressa va aiutata a superare la depressione e non a suicidarsi).

    E’ legittimo che ognuno possa decidere quello che vuole della propria vita.
    Anche suicidarsi.
    Anche se non si è malati terminali.
    Perchè optare per scelte traumatiche o dolorose allora?
    Non è forse meglio farsi “aiutare” con una dolce morte?
    Magari prima che sopraggiunga una malattia, prima della vecchiaia delibitante?
    Esattamente un anno fa (29 novembre 2010) Mario Monicelli si gettò da una finestra dell’ospedale.
    Forse, se avesse potuto avrebbe preferito essere “assistito” in altro modo.

    1. 61Angeloextralarge

      Mario Monicelli e Lucio Magri: due modi diversi di morire, anche se entrambi hanno cercato e, purtroppo, trovato la strada per farla finita. Due personaggi che hanno segnato la nostra storia, che sono stati definiti “grandi” proprio per questo. Ma si può ancora parlare di grandezza? L’unica cosa che mi salta agli occhi è una GRANDE fragilità.

  14. angelina

    In effetti, vorrei sapere come la vede un medico di fronte alla possibilità di aiutare un aspirante suicida. Fornire il farmaco letale, ed assistere mentre il suicida se lo autosomministra, ma che medicina è???

  15. “Abbaiare contro la cittadinanza ai negretti produce soltanto inquinamento sonoro se nel contempo non ci si impegna in una grande campagna contro l’istruzione femminile e la moda (quanti figli hanno partorito Rita Levi Montalcini e Franca Sozzani?).”
    Camillo Langone

      1. Risposta alvisiana (ma che in parte, a me, mi pare condivisibile, credo): «Meglio Langone, ha miglior capacità di sintesi: una tale massa di idiozie Socci non la scrive neanche in una collana da venti volumi».

  16. 61Angeloextralarge

    Oggi, nella mia cittàdina dove più o meno ci si conosce tutti, si è impiccata una bellissima ragazza di 27 anni, apparentemente non le mancava nulla e nessuno si sarebbe mai aspettato un gesto così: non ho parole per esprimere il mio smarrimento!

    1. Alessandro

      Catechismo Chiesa Cattolica:

      “2281 Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell’essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all’amore del Dio vivente.

      2282 […] Gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida.

      2283 Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare l’occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita.”

      1. 61Angeloextralarge

        Grazie Alessandro! Chi resta, soprattutto i familiari, si sente spiazzato, inutile. Cosa si poteva fare per evitare questa tragedia? Possibile che non ci siano stati “indizi” sulle sue intenzioni? etc. E’ allucinante.

  17. Ragazzi buona serata, una breve apparizione per augurarvi la buona notte. Scusatemi ma la giornata è stata lunga e pesante. La battaglia per il lavoro dei colleghi del mio ragazzo è stata lunga….e siamo solo agli inizi. Il 7 altra riunione. Ma non mollo mai, anche se a fine giornata caracollo! Un Bacio a tutti!

  18. Francesca Miriano

    Non ho mai letto nulla su questo blog a proposito della pena di morte , tipo ammazzare handicappati psichici che hanno commesso crimini sicuramente orrendi.Come sapete questo accade in USA.Che una società’ civile ‘ ammetta la pena di morte mi fa orrore tanto quanto a voi il suicidio più o meno assistito. Per il resto non aggiungo altro che il profondo rispetto per queste morti ,da qualunque parte le vogliate tirare.Ho visto suicidi atei, cattolici, agnostici, giovani e vecchi: nell’ultimo turno 118 ne ho soccorsi tre ( 1 riuscito e 2 no):chi siamo noi per giudicare? A volte la morte non è il male peggiore : di questo sono profondamente convinta.La medicina al male di vivere la troviamo solo dentro di noi: c’è chi la chiama Dio , chi ideologia, chi forza morale . E’ tutto comunque nella nostra mente : se qualcosa ‘salta’ va a farsi friggere anche lo spirito di conservazione che ci permette di vivere quotidianamente , disperandoci il giusto,sapendo con certezza che tutto un giorno avrà fine.

      1. infatti, pochissimo. Però che «è tutto comunque nella nostra mente» io lo toglierei: mi pare di un dogmatismo indegno di una posizione tanto meravigliosamente laica.

    1. nonpuoiessereserio

      Non sono d’accordo Francesca ma non credo sia una sorpresa. La medicina al male di vivere si chiama Speranza, Fede, Amore.

      1. “visto suicidi atei, cattolici, agnostici, giovani e vecchi”
        Io penso a differenza vostra che la religione non risolve tutti i problemi. Certo se ti dà la speranza sarebbe una bella cosa. Ma penso che per tanti non sia cosi.

    2. Adriano

      Un commento poco legato a sterili ideologie e frutto di un’esperienza dolorosamente pratica.

      “Chi siamo noi per giudicare?”

      Già…

    3. Velenia

      Come sarebbe a dire li hai soccorsi? E l’autoderminazione?Cosa ti ha spinto a rianimare persone che evidentemente e in tutta libertà avevano deciso di morire?

      1. Adriano

        … e QUALCUNO ha pure il dovere di farlo.
        Strano, però vedere che qui si sprecano i giudizi verso una persona, mentre in un post precedente si criticava chi giudicava le “pecorelle smarrite” che, per un motivo o l’altro, sembrava tornassero all’ovile…
        Insomma, tutti possono essere giudicati, ma qualcuno più di altri.

          1. immagino che anche Francesca (Miriano) stia pensando alla domanda di Velenia (sempre in linea col nomignolo!): non è che le ha fatto venire eccessivi scrupoli di coscienza?

        1. Velenia

          Vedo che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire,se sei a favore del suicidio assistito perchè soccorrere chi ha tentato di suicidarsi in maniera maldestra e non c’è riuscito? La mia nonè una domanda retorica nè provocatoria? Voglio capire,perchè così mi fa pensare a chi è a favore della pena di morte ma non farebbe mai il boia.

    4. Il discrimine sembrerebbe la scelta individuale: tutto quanto parte da me è lecito, tutto quanto è dentro di me è positivo. La filosofia dell’escremento.

  19. nonpuoiessereserio

    Nel film “Le tre sepolture” che hanno appena passato in Tv c’era una scena che calzava a pennello con il tema del post di oggi. Un vecchio cieco abita in una landa sperduta e non vede un’anima viva da mesi, suo figlio non va più a trovarlo. Quando due uomini si fermano offre loro il pranzo dopo aver pregato insieme e prima che se ne vadano chiede un favore ai due, i quali rispondono “Tutto quello che vuoi”, il vecchio cieco riprende:”Per favore sparatemi, non voglio offendere Dio ma non posso continuare a vivere così”. L’avventuriero ribadisce: “Neanche noi vogliamo offendere Dio” e se ne vanno.
    Ora la scena è alquanto interessante perché il vecchio cieco è descritto in modo da suscitare affetto e compassione sin dall’inizio e, nel momento in cui fa quella richiesta estrema sembra quasi naturale accontentarlo, qualche attimo di esitazione ma quando i due si allontanano rifiutando il gesto si ha (almeno io) una sensazione di speranza anche per il povero vecchio cieco. Alessandro, io non sono bravo a trovare le scene ma forse tu sei maestro in questo.

  20. Francesca Miriano

    Ho visto le domande ma sono al lavoro e non ho modo di rispondere. Spero di riuscire stasera a casa. No , non è perchè sono spocchiosa .

  21. admin

    Se avete voglia e possibilità potete continuare a discutere di questo argomento anche nel post di sabato (dalle 24 di venerdì) perchè ci torneremo sopra.

  22. Francesca Miriano

    Ok, spero di avere più tempo domani perchè stasera sono incasinatissima. Intanto, se non vi fa venire l’orticaria, la diarrea , ia sindrome cerebellare e financo le piattole leggete l’articolo di …lo dico?..Marco Travaglio sul….lo dico?…Fatto Quotidiano di oggi. Ci sono argomenti che molto più modestamente avevo in mente di scrivervi pari pari sul blog.E poi , per evitare di dilungarmi troppo, provate a pensare a un intervento fatto in codice rosso, dove si deve agire in termini di secondi (non di minuti) dando anche uno sguardo alla scena perchè potrebbe anche essere un omicidio e poi la polizia vi farà domande in proposito.. Buona serata a tutti.

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