I piedi di Ognuno

di Alessandro

Lo pensavo da un po’. Sì, lo ammetto, suona bene, è accattivante. Mi riferisco al manifesto dell’ognunismo. Ne è autore (del manifesto, non dell’ognunismo) il nostro paulbratter. Accattivante lo è, l’ognunismo.

Perché (perdoni paul se lo tratteggio a modo mio) il manifesto recita più o meno così: “è bene che ognuno si comporti come meglio ritiene”.

Alzi la mano chi non è d’accordo con questo… apoftegma. Ressa di mani alzate, e padroni delle mani a rimproverarmi. “Ma questo è l’elogio della licenza, dell’individualismo sfrenato!”, lamentano taluni. Altri (quelli che guardano all’ognunismo con favore ora tiepido ora fervente) reclamano le debite precisazioni: “Certo, è cosa buona e giusta che ognuno si comporti come meglio ritiene (non vorremo mica imporre i nostri comportamenti, siamo nel terzo millennio!), purché il comportamento di ognuno non calpesti la libertà dell’altro (di comportarsi pure lui come meglio ritiene)”.

Va bene, emendamento approvato, correzione apportata: ognuno faccia come ritiene purché non si calpesti la libertà dell’altro. Questo ognunismo ben temperato ci mette d’accordo tutti, riscuote assenso generale? Macché, vedo che i detrattori non si sono ammansiti, che le riserve persistono.

Chiamatemi retrogrado, chiamatemi bastian contrario, non mi offendo, ma devo confessare che anch’io non riesco ad amare l’ognunismo, nemmeno nella versione riveduta e integrata.

Se Tizio ha scelto liberamente un comportamento allora quel comportamento è per ciò stesso buono, secondo l’ognunista (purché dell’ognunista siano tutelati i piedi… sapete: la faccenda del non calpestare). Per l’ognunista la bontà del comportamento di Tizio risiede nel nudo elementare fatto che Tizio l’ha scelto liberamente. “Autodeterminazione”: ecco la parolina stregata e ammaliante che dovrebbe domare la riluttanza degli antiognunisti e consegnarli docili alla sequela del verbo ognunista. “L’ho scelto io di agire così, mi sono autodeterminato, quindi ho agito bene” (pregasi notare il “quindi”); “purché abbia avuto riguardo per i miei calli (sapete: la consueta antipatia per il calpestamento-piedi-ognunisti), Tizio ha scelto di agire così, si è autodeterminato, quindi ha agito bene” (pregasi daccapo notare il “quindi”).

Considerato cos’è, non ci vuol molto a capire che l’ognunismo va in crisi se si mostra che gravare l’autodeterminazione di tutta quest’enfasi contraffà, estenua la libertà umana, contrasta con ciò che gli uomini desiderano profondamente. In altri termini, per mettere in crisi l’ognunismo occorre mostrare che agli uomini non basta agire liberamente (“potevo fare A o B, ho scelto liberamente di fare B, mi sono autodeterminato, e tanto basta perché abbia agito bene, perché fosse cosa buona rifiutare A”), che gli uomini desiderano agire liberamente e anche agire bene, e che nel cuore degli uomini vive (costretta talvolta a vivere di stenti) la convinzione che non sia sufficiente agire liberamente (autodeterminarsi) per agire bene: insomma, la convinzione che scegliere liberamente (autodeterminarsi) è sì necessario per agire bene, ma sufficiente proprio no.

Il disagio che ci assale quando ci accontentiamo di considerare la libera scelta di un comportamento come sufficiente a fare buono questo comportamento non risparmia l’ognunista. Il quale ogni giorno si sorprende a pensare: “sì, in quella circostanza ho agito liberamente, però, mannaggia (o equivalente irriferibile imprecazione), avrei fatto meglio ad agire diversamente”.

Ecco la folgorante, stupefacente svolta dell’ognunista: dal pensare “ho scelto io di agire così, mi sono autodeterminato, quindi ho agito bene” all’accorgersi che “ho scelto io di agire così, mi sono autodeterminato, ma nonostante ciò non ho agito bene, avrei dovuto agire altrimenti”. L’ognunismo teorico è smentito dalla ruvida pratica quotidiana: quando l’ognunista è visitato (visita fausta!) dal dubbio che la sua altera e solenne autodeterminazione abbia fatto cilecca ecco che il suo ognunismo è messo sotto scacco, ecco finalmente che l’ognunista può assaporare (ed è di una pungente dolcezza) l’insufficienza, per agire bene, della propria autodeterminazione. Ironia della sorte, l’ognunista stesso si scopre a contestare l’innalzamento dell’autodeterminazione al rango di incontestabile misura del bene e del male. E si scopre a domandarsi, subito dopo: “se, pur autodeterminandomi, posso agire male; se la mia autodeterminazione non è misura esclusiva e ineccepibile della bontà del mio agire, allora vuoi vedere che, forse, c’è un bene che non s’esaurisce appieno nel mio autodeterminarmi?”; “e se fosse vero che c’è un bene che non è nemico della mia libertà ma la precede e la eccede, un bene dedicandomi al cui servizio paziente non frustro la mia libertà, non la vanifico, ma le consento di affinarsi, di autenticarsi, di scoprire sé stessa un po’ meglio a ogni passo e di portarsi, a ogni passo, un po’ più all’altezza di sé stessa?”

C’è dell’altro. L’ognunista coerente non si premura troppo di confrontarsi con il prossimo per cercare di capire le sue idee, i motivi per cui agisce così e non cosà, la sua visione della vita. Di idee moventi visioni ciascuno ha i suoi – reputa l’ognunista -, per lo più imparagonabili tra di loro; non c’è nessun metro che possa stabilire quale sia buono, valido e quale no. Quindi ognuno pensi e agisca come ritiene, purché rispetti i diritti dell’altro. Sono schietto: mi sembra che in questo modo si salvaguardino (forse) i propri piedi, ma sia difficile costruire con l’altro qualcosa di più genuinamente umano che un rapporto ingessato, anonimo, burocratico: ognuno se ne sta rinchiuso nel suo abitacolo con la sua soggettivissima scala di valori, e tutto funziona se nessuno ardisce ficcare il naso nell’altrui abitacolo, nell’altrui scala di valori.

Ma – si diceva – ogni giorno la teoria dell’ognunista inflessibile è scompigliata da avvenimenti che spronano a rimaneggiare (quando non a sovvertire) scale di valori collaudate, ad allargare l’abitacolo ricavandoci un posto per l’altro. Accade ad esempio di incontrare qualcuno/a (famigliare o amico o semplice conoscente o perfino sconosciuto) che con una manciata di parole e/o un gesto ordinario ti colpisce (una sferzata provvidenziale), ti fa cambiare prospettiva, ti fa tornare in te. Caro ognunista (ma un po’ d’ognunismo s’annida in tutti noi, riconosciamolo!); dicevo: caro ognunista, è allora che assisti all’avverarsi dell’inatteso, è allora che ti cogli a pensare: “Sì, è vero, Tizio/a ha ragione, non la pensavo così, eppure mi sbagliavo, Tizio/a m’ha aperto gli occhi”. Ma come, caro ognunista, non s’era detto che ognuno ha le sue idee, i suoi valori (io i miei e Tizio i suoi), che confrontarli è forse impossibile o per lo meno inutile, persino nocivo, che a impicciarsi delle convinzioni altrui si infligge un’offesa all’altrui libertà? Ed ecco, è bastato che qualcuno senza la minima intenzione di indottrinarti, di coartare la tua libertà, ti raccontasse un’esperienza, ti presentasse un punto di vista nuovo, e tu avverti il desiderio (gradito come una liberazione) di mutare avviso, di rivisitare la tua scala di valori, ti accorgi che quella volta in cui hai esercitato la tua sovrana autodeterminazione ti sei distorto il piede (malgrado nessuno te lo calpestasse), hai sbagliato, nonostante la tua sovrana autodeterminazione l’avessi attivata al massimo della sua efficienza. E per di più questa piccola (piccola?) conversione l’hai fatta grazie al soccorso di qualcuno, che fino a dieci minuti fa per il semplice fatto che non è te stesso ritenevi che tutto potesse fare tranne che influenzare la tua evoluta autodeterminazione, la tua intangibile scala di valori.

Non solo hai accettato quello che detestavi fino a dieci minuti fa, cioè non solo hai accettato che il punto di vista dell’altro entrasse in confronto con il tuo (non sostenevi che sono imparagonabili, i punti di vista?), ma hai accettato di trasformare il tuo punto di vista accordandolo con quello dell’altro (non proclamavi che riconoscere che qualcuno abbia ragione e tu no è subire prevaricazione ad opera delle vedute altrui, è abdicare alla propria veneranda autonomia?). Di più: questa incoerenza con te stesso, questa deroga inedita t’ha allietato, non umiliato.

Non c’è da sbalordirsene troppo: è accaduto ancora una volta che abbia dato notizia di sé un’urgenza indelebile della natura umana, quella di desiderare e ricercare un bene, un vero (il Bene? il Vero?) che – si diceva – ci precede e ci eccede mentre ci accompagna, non schiaccia la libertà umana ma la svezza, la educa, la coltiva, la fa lievitare, la conduce a fioritura, la scampa dallo smarrimento. Ancora una volta è balenata l’evidenza che bene e vero non sono soggettivi, che non nascono e muoiono entro la recinzione del mio ombelico, che non li fa e non li disfa a piacimento la mia scaltrita autodeterminazione, ma che vanno scoperti con dedizione operosa e fedele: li si scopre scoprendo noi stessi, per non fallire come uomini (se falliamo come uomini, che altro ci resta?).

Caro ognunista (che sei in me), ricordati che questa rivelazione spiazzante e bella è scoccata grazie alla parola franca, al gesto sincero di un amico (se prima non lo era, come non chiamarlo tale, ora?). Vale la pena che le nostre certezze si lascino interpellare, inquietare dall’altro, vale la pena disarmare il fortilizio della nostra autodeterminazione sdegnosa: si corre il rischio salutare di intraprendere l’esperienza appagante di una ricerca comune del vero e del bene, nella quale non ci scapitiamo né io né il compagno d’avventura. L’esordio ti è garbato, e allora, caro ognunista, non negarti al cammino con l’altro, proseguite insieme la ricerca, l’avventura. Quel bene non soggettivo che hai intravisto esige proprio, per beneficarci, che insieme, strada facendo, lo si rinvenga, lo si pratichi e se ne goda (godiamone pure, non verrà a mancare, perché quel bene – e non le sue controfigure – è di un conio tale che più se ne gode e meno si consuma). Esige, per beneficarci, che non ci vergogniamo di riconoscere che è un bene che tutti ci accomuna, per tutti è il medesimo e proprio perciò – a dispetto delle apparenze, e a dispetto dell’ognunismo (che dell’apparenza è servo stolto) – non mutila le nostre (di tutti e di ciascuno) dignità intelligenza libertà ma le risveglia, le chiama a raccolta, le ritempra, le rinsangua, le invia a un destino prospero.

177 pensieri su “I piedi di Ognuno

    1. Alessandro

      Ciao paul, mio ispiratore!
      Spero di non aver violato copyright e di non aver frainteso la dottrina ognunista di cui sei massimo conoscitore (e detrattore) 🙂

  1. “…un bene, un vero (il Bene? il Vero?) che – si diceva – ci precede e ci eccede mentre ci accompagna, non schiaccia la libertà umana ma la svezza, la educa, la coltiva, la fa lievitare, la conduce a fioritura, la scampa dallo smarrimento”. Quintuplo mi piace! Alessandro, grazie per il tuo contributo sublime. Sublime e utilissimo. Mi ha permesso di stare fino a poco fa a raccogliere patacche di dentifricio da terra, senza l’obbligo di scrivere niente. Son soddisfazioni.

    1. Alessandro

      Grazie Costanza, troppo generosa!

      Le patacche di dentifricio stampate a terra segnano una tappa obbligata nel percorso di crescita dei maschietti (e anche delle dolci femminucce? non saprei). Raccattare le patacche è una… sublime incombenza genitoriale… no, non riesco proprio a indorarti la pillola 🙂

  2. Mi pare che l’ognunista che dipingi sia alquanto rigido e schematico.. Scelgo da solo-seguo la dottrina, faccio a-faccio b, questo è giusto-questo no.
    E leggo tra le righe “chi” in realtà sarebbe il tuo ognunista.
    Guarda che non tutti gli ognunisti credono di avere vita facile perché possono autodeterminarsi. Tutti commettiamo errori, impariamo da essi, ci pentiamo, cresciamo. E, certo, per quanto riguarda le scelte di vita non si può parlare di scelta a-contro scelta b: in molti casi le sfumature sono molteplici, infinite.
    Ah, ci tengo a precisare che gli ognunisti che conosco io sono tutt’altro che rigidi: pronti a mettersi in discussione, a discutere e a riflettere, su se stessi e sugli altri.

    1. Alessandro

      cescocesto
      grazie del commento.

      “Scelgo da solo-seguo la dottrina”: no, non ho prospettato quest’alternativa, se hai la pazienza e la bontà di rileggere il post te ne accorgerai

      se gli ognunisti sono sinceramente tutt’altro che rigidi, sinceramente pronti a mettersi in discussione, a discutere e a riflettere, su se stessi e sugli altri, allora sono in procinto di… accantonare l’ognunismo

  3. Alessandro: mattiamo che si fosse in Grecia al tempo dei Sofisti (poi verranno, forse,credo, Socrate, Platone, eccetra) dove i discorsi venivano tenuti in stima come discorsi ben fatti, e te avessi fatto questo discorso che hai fatto e tutti, giustamente, lo tenessero come un discorso ben lavorato, come un gioiello dell’arte oratoria, e io fossi un altro oratore che provassi a farne un altro, che ora dico. C’era un padre ricco che aveva un figlio praticante in uno studio di legge, e questo figlio ancora non guadagnava e aveva una moglie che lavorava e vivevano insieme in una delle case del padre. Il padre aveva deciso di farsi pagare l’affitto e era la moglie del figlio, di fatto, che lo pagava. Il padre pensava che era giusto farsi pagare in quanto (diceva, pensava, riteneva) era bene che figli si abituassero a non avere vita facile, eccetra, per formarsi il carattere. Altri invece sostenevano che il padre era stronzo, meschino, eccetra, mentre il padre, ripeteva , che lui, in questo modo, non gli pestava i calli al figlio, e anche, ammesso, glieli pestasse, era per il suo bene.
    Altri invece giudicavano che sarebbe stato meglio in un altro modo. Il padre, forse, chissà, avrebbe anche potuto ritornare sulla sua decisione e gli altri, che prima criticavano avrebbero detto che aveva fatto bene a ritornarci. Altri invece i quali, prima, pensavano che il padre aveva fatto bene come aveva deciso all’inizio, allora, se avesse cambiato, avrebbero pensato che avesse fatto male a cambiare.

    1. Alessandro

      Ciao Alvise, mi onora che tu ritenga che il mio discorsetto sarebbe stato tenuto in stima nella Grecia classica (troppa grazia!), e mi onora che il mio discorsetto incontri un interlocutore intelligente e appassionato come te.

      Ci dici che in molte circostanze della vita è impossibile spartire il torto dalla ragione in modo che uno stia tutto da una parte e l’altra tutta dall’altra parte.
      Spesso opinioni disparate su un medesimo fatto contengono un grano di plausibilità.
      Nel post invito semplicemente a non rintanarsi pregiudizialmente nelle proprie opinioni, ad accordare fiducia alla possibilità che, confrontandosi con franchezza e animo aperto, 1) si squaglino le contrapposizioni figlie delle impuntature, dell’orgoglio miope 2) si scopra insieme che non tutte le idee valgono le altre, non tutte hanno lo stesso pregio 3) ci si disponga a lasciarsi visitare da una verità che stenta a farsi largo finché l’intralcia il rigore intransigente di chi si farebbe tagliare una mano pur di ammettere di aver sbagliato.

  4. Ordine, autorità, disciplina… — Ascoltano — ammesso che ascoltino! —, e sorridono cinicamente, col pretesto — uomini e donne — di difendere la loro libertà.

    Sono gli stessi che poi pretendono che noi rispettiamo o ci adeguiamo ai loro sbandamenti; non ammettono — e che proteste grossolane! — che i loro criteri non siano — non possano essere! — accettati dall’autentica libertà degli altri.
    (citaz.)

  5. Luigi

    Ho perso 5 euro, avete blueffato bene.
    Post molto condivisibile anche se un po’ articolato, c’entra sempre con il relativismo alla fine.

    1. Alessandro

      Ciao Luigi,
      dovevo bluffare per non essere sgamato subito. Conosci le dure regole del gioco e quindi so che mi perdonerai 🙂

  6. Luigi

    Aiutatemi a risolvere questo amletico indovinello.
    che sia un CERCHIO, e non un quadrato, la torre in cui sono rinchiusa da anni è cosa certa.
    Alvise conto su di te

    1. Alessandro

      Buongiorno Daniela!

      Un cerchio trapunto di stelle… mi ricorda questo: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto” (Ap 12, 1-2).

      Mi sono avvicinato? 🙂

    2. Soave giorno a te, Ale caro!
      La Dama del mio cuore non può non c’entrare -ma in qualsivoglia contesto-, Lei, la Discrezione, Lei, la Rubacuori bianco latte del nero caffè che ancora -sigh- sono.
      Ma ahimè, giocondo amico, è acqua il tuo dire, e ancora nemmeno fiamma di candela…
      Sono certa che l’audacia del pensiero aiuti i forti anche in questo stupido dilemma, trapuntato di stelle si, ma cui nessuna treccia sarà sciolta al di qua della sua torre.

      [ …ti sorrido come non sai]

  7. Luigi

    Torre di Davide. Mi ricordi nella leggiadria del tuo modo di scrivere qualche suora di clausura che ho conosciuto.

    1. Una suora…
      Di clausura…
      Ho sempre immaginato la clausura come la culla per Cristo che il Padre ha costruito al Figlio qui nel mondo e tutte quelle suore, le principesse scalze che lo cullano, qui nel mondo.

      Io dico che se poteva essere un complimento, il tuo, Luigi, io ho buona memoria ma una cosa così dolce non me la sono mai sentita dire, non così, almeno.

      Ah… le suore di clausura, le suore di clausura…
      E io che non ho che il Cuore di Cristo, per monastero, e le Sue fiamme, per celletta.

      -No, non è di Davide questa la mia torre… –

    2. “In galera”,si, ma solo per (futura) professione, e al di qua delle sbarre (almeno spero).
      “Inferma”, anche, ma non nel corpo. Lebbrosa, per la precisione. “Figlio di Davide! Abbi pietà di me” è il grido più scarlatto e solito della mia lebbra.
      Io sono ebbra di lebbra come la “felice colpa”, se Lui poi passa, Lui che lo sguardo mi sfinisce prima dopo e in quel vertiginoso durante.
      E poi, Luigi, credo ci stiano per cacciare fuori, a commentare in casa d’altri senza lo straccio d’alibi che c’entri qualcosa, col post il nostro dire poco c’entra e quando il senso di colpa m’assale non ha guanti nemmeno per la mia guancia.
      In fine: questa musica che io ascolto da mane a sera, mentre continuo a stilare relazioni qui al pc, certamente ti sarà d’ispirazione:
      http://www.radioclassique.fr/fileadmin/player/player_deporte_big.html

      -Qualcuno mi saluti il promesso sposo. L’ho spaventato, io che sono incapace di danze: audaci si, ma che siano lente.

  8. giuliana z.

    Alessandro! ho fatto una fatica immane a leggere tutto il post, più che altro perchè la prima lettura l’ho fatta cercando di capire parola per parola ciò che dicevi, e ovviamente, come se pretendessi di capire un mosaico guardando la singola tessera, non ho capito nulla. Allora ho ricominciato da capo e ho letto tutto d’un fiato (i bambini li ho piazzati davanti alla tv per non farmi distrarre… che codarda che sono!). E così sono riuscita ad afferrare almeno l’essenza del discorso. Cosa interessante: a prima vista sembra un discorso degno della miglior scuola di retorica ellenistica; e invece no! c’entra moltissimo con me, con la mia vita e il mio modo di tagliare i giudizi con l’accetta, come mi ha detto Paul (che stimo moltissimo, per tante cose oltre che per il magnifico manifesto ognunista!), ma anche c’entra con la mia vita perchè ho capito dalla mia propria esperienza cosa significa essere guardati a quel modo, dall’occhio ognunista, che vuole fare la sua libertà non calpestando la tua e contemporaneamente ti schiaccia nel suo pre-giudizio. Quand’è che sperimentiamo su di noi questo? quando le persone con cui abbiamo a che fare ogni giorno trattano le cose nella misura che ne danno loro, senza porsi il minimo dubbio che ci sia dietro dell’altro (ho già raccontato del mio ex-moroso sportivo). La famosa filosofia di cui parlava Amleto…. E trattano anche te in quel modo. Lo notiamo su di noi quando accade, eppure non lo notiamo quando siamo noi a farlo. Eppure basterebbe tanto poco a rivoluzionare la prospettiva…. Basterebbe mettersi davanti alle cose come se fossimo sull’orlo di un burrone, come quando avvertiamo le vertigini, e abbiamo i sensi accesi a mille. Occhi e orecchie aperte, pelle tesa. Però per aprirti a questa nuova ipotesi occorre un’amico, qualcuno che per primo ti faccia sentire su te uno sguardo nuovo. Quell’amico ti indica un punto lontano (non il suo piede perchè tu non lo calpesti!) e ti chiede di puntare la vista a cercare quel punto lì e di non fermarti al suo dito. Se un amico non è questo, meglio non perderci neanche un minuto. E se noi non siamo per le persone che incontriamo questo, dovremmo seriamente rivalutarci.

    1. Alessandro

      Giuliana, grazie veramente della pazienza che c’hai messo nel leggere e rileggere il post!

      Sono contento che le mie considerazioni abbiano “agganciato” la tua vita, la tua esperienza.

      Condivido quello che scrivi. “Quell’amico ti indica un punto lontano (non il suo piede perchè tu non lo calpesti!) e ti chiede di puntare la vista a cercare quel punto lì e di non fermarti al suo dito”: concordo!

      Va’ a recuperare i tuoi figli, non vorrei che la TV li guastasse per colpa mia! 🙂

    2. Alberto Conti

      penso di non dover aggiungere nulla nè al post nè a questo magnifico commento 😀

      Solo un “Bravissimi” 😉 ad Alessandro e Giuliana

  9. Luigi

    Scusatemi se continuo qui un confronto con Adriano ma non mi va di andare a ritroso nel web altrimenti perdo tempo prezioso
    Comunque visto che Adriano sembra, ma mi confermerà lui, essere un ognunista ci sta bene anche oggi

    @Adriano

    Il senso della vita è individuale, penso proprio di sì, deduci bene. Il tuo quindi però è solo tuo non mio. Infatti io non addito nessuno. Cos’è questa storia di additare?
    Io ti ho detto prima una volta, poi un’altra volta ma forse potrei dirtelo anche cento volte e non lo capisci, cazzo, che tutti noi quando pecchiamo collaboriamo al progetto di satana. Quando pecchiamo, significa nell’atto di compiere il peccato, certo tutti. Io sono liberissimo in base anche alle tue idee di farmi un’opinione su tutto e su tutti o mi vuoi limitare il pensiero? Vuoi farmi il lavaggio del cervello? Chi ti ha detto che io non abbia ascoltato?

    1. Adriano

      @ Luigi
      No, non voglio fare il lavaggio del cervello a nessuno… Lungi da me!
      Faccio solo domande, per capire quali sono le basi, le filosofie o le giustificazioni (se esistono) che ha chi la pensa in modo diverso dal mio.

      Ero convinto che le tua affermazioni (in commento al post precedente) secondo cui alcune delle donne che protestano per la parità dei diritti lo fanno solo perché non sono amate e altre lo fanno perché abbracciano il progetto di satana fosse un modo per additarle (dal dizionario online del Corriere. additare: Indicare qlcu. o qlco. con il dito / Segnalare qlcu. in un certo ruolo / Segnalare qlcu. pubblicamente).
      Non è così (o, almeno, questo è quello che affermi). Ne prendo atto.

      Ho una componente ognunista? Certo come ognuno di noi. Tu compreso. Oppure ti escludi da questa categoria? Ma l’escludersi dall’ognunismo non è un indice certo di ognunismo? 😉 😉

      Da parte mia però sono pronto a mettere in dubbio ciò in cui credo, accetto senza problemi di trasformare il mio punto di vista. E tu? (in realtà non m’interessa una tua risposta; mica vorrei dare l’impressione di indottrinarti!! ;-P )

      @ paulbratter
      ti ho già risposto, qui sotto (18 luglio 2011 a 13:41)
      😉

      Statemi bene.

  10. Adriano

    “Ed ecco, è bastato che qualcuno senza la minima intenzione di indottrinarti, di coartare la tua libertà, ti raccontasse un’esperienza, ti presentasse un punto di vista nuovo”

    Vero, ma bisogna che questo punto di vista venga presentato, che questa esperienza venga raccontata… e che le domande, i dubbi che ti vengono possano trovare una risposta soddisfacente (Dire “perché è così” può bastare a un bambino, e spesso neanche a lui…)

  11. Luigi

    Adriano secondo me non sono le parole a far ravvedere, convertire o cambiare idea a qualcuno ma le nostre esperienze di vita, la nostra umiltà, la nostra coscienza se purificata dal peccato, il nostro cuore quando lo apriamo. Con questo spero tu ti convinca che non mi interessa convincere nessuno qui dentro.

    1. Adriano

      “spero tu ti convinca che non mi interessa convincere nessuno qui dentro”

      Cioè, vuoi convincermi che non vuoi convincere? 😉 😉

      Personalmente mi piacerebbe solo avere risposte… A convincermi ci penso poi io da solo.

  12. angelina

    Alessandro, Davvero una bella riflessione. Un po’ lunghetta, così strettamente consequenziale che ti costringe a rileggerla per coglierne i passaggi logici (mi è andata più o meno come a Giuliana …): mi piace. Mi affascina il ragionamento perché è ricco di umanità e con-passione con tutti, ognunisti di vario grado; a partire da noi stessi, sì, ma con idee chiare verso chi vorrebbe tutti sottoposti alla dittatura del “tutto è relativo”.
    “ognuno pensi e agisca come ritiene, purché rispetti i diritti dell’altro. Sono schietto: mi sembra che in questo modo si salvaguardino (forse) i propri piedi, ma sia difficile costruire con l’altro qualcosa di più genuinamente umano che un rapporto ingessato” . Quello che scrivi si riferisce ovviamente a tutte le relazioni tra persone, mi fa pensare in particolare a quante coppie di scapoli-sposati ci sono in giro. Perché il vero ognunismo porta ad una vita isolata, dove ciò che vorrebbe essere relazione diventa solo reciproco uso strumentale, finchè mi sta bene e solo fino alla mia prossima autodeterminazione.
    Il vero, il bello, il buono….o sono per tutti noi esseri umani, di oggi e di ogni tempo, o non sono. Tu con ottimismo, e direi con affetto, ci ricordi che affermare nella propria vita e nella comunità civile l’esistenza di una verità non è questione di dogmatismo, oscurantismo, negazione della libertà o che altro del genere: è piuttosto un cammino, da percorrere insieme.
    Come dice il nostro caro B16 (antiognunista da sempre, non so se lo sa) “Non è mai troppo tardi per toccare il cuore dell’altro né è mai inutile. Così si chiarisce ulteriormente un elemento importante del concetto cristiano di speranza. La nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me . Da cristiani non dovremmo mai domandarci solamente: come posso salvare me stesso? Dovremmo domandarci anche: che cosa posso fare perché altri vengano salvati e sorga anche per altri la stella della speranza? Allora avrò fatto il massimo anche per la mia salvezza personale.”

    1. Alessandro

      Angelina, ti ringrazio di cuore per l’apprezzamento, e per le tue considerazioni così feconde.

      Un grazie supplementare per averci postato un estratto di quel formidabile catecheta “antiognunista” che abbiamo la grazia di avere per papa: “Dovremmo domandarci anche: che cosa posso fare perché altri vengano salvati e sorga anche per altri la stella della speranza? Allora avrò fatto il massimo anche per la mia salvezza personale.” Bellissimo!

  13. giuliana z.

    A proposito di ognunismo… questo modus vivendi è così talmente diffuso che anche chi diventa genitore spesso si guarda bene dalla possibilità di pestare i piedi ai figli (avete presente quelli che non battezzano i pargoli con la scusa “ci penseranno loro, sceglieranno loro da grandi”?). Vi linko un articolo che mi ha fatto notare Alberto
    http://www.ilsussidiario.net/News/Editoriale/2011/7/18/Figli-senza-padri/194342/

    e poi volevo dirvi che ieri sera mons. Scola ha parlato di matrimonio, genio femminile e amore su Radio Maria. Ha detto cose bellissime, per esempio su come sia la madre ad avere il compito di introdurre i figli nel rapporto col padre.
    Devo dire che non sono un’assidua ascoltatrice di Radio Maria nè di radio in generale, ma un amico mi ha telefonato apposta per segnalarmi quel programma….. l’amico, il dito e le stelle!

    1. Luigi

      @Giuliana
      L’articolo l’avevo letto prima che tu lo pubblicassi e l’ho trovato interessante. A proposito del senso della vita: ognuno ne ha uno però il buon padre lo indica ai propri figli e li accompagna.

      p.s. cerca di scovare qualcosa che hai sentito di Scola

    2. Alessandro

      sì, penso anch’io che l’ognunismo stia minando l’educazione dei figli… “chi diventa genitore spesso si guarda bene dalla possibilità di pestare i piedi ai figli”: hai ragione, questa ci stava benissimo nel post di oggi

  14. Miriam

    Caro Alessandro, condiviso toto corde questa tua sintesi:
    1) si squaglino le contrapposizioni figlie delle impuntature, dell’orgoglio miope 2) si scopra insieme che non tutte le idee valgono le altre, non tutte hanno lo stesso pregio 3) ci si disponga a lasciarsi visitare da una verità che stenta a farsi largo finché l’intralcia il rigore intransigente di chi si farebbe tagliare una mano pur di ammettere di aver sbagliato.

    La chiave di tutto sta nel punto 2). E’ fondamentale comprendere e aderire a quanto è prioritario, su cui non si può transigere, abbandonando l’intransigenza per tutto il resto, conservando SEMPRE la capacità di ascoltare con partecipazione, prima di esprimere qualunque giudizio.

    Il problema, secondo me, nell’ognunismo, sta nell’escludere a priori questi diversi livelli e di voler allineare tutto, con l’unico risultato di ottenere, invece e paradossalmente, il “superdogma” del relativismo…

    1. Alessandro

      Miriam, ti ringrazio per l’apprezzamento, e per la riflessione, con la quale concordo in pieno.

      Soprattutto concordo con il fatto che l’ognunismo sfoci “paradossalmente nel “superdogma” del relativismo”

    2. angelina

      “voler allineare tutto, con l’unico risultato di ottenere, invece e paradossalmente, il “superdogma” del relativismo…”
      Concordo anch’io. Davvero, non potevi dirlo meglio ….

  15. Alessandro

    Avviso i naviganti che per un po’ non potrò leggervi. Comunque vi leggerò più tardi e, se ci sono considerazioni sul post, risponderò a tutti.

    Buon pomeriggio!

  16. giuliana z.

    @ Luigi: ti posso riferire quel che mi ricordo di ieri sera, ma sappi che dovrebbe essere in uscita un nuovo libro in cui Scola parla ampiamente di Maria e di maternità e matrimonio, ovviamente in modo totalmete diverso da come ha fatto la cara Michela Murgia (… a proposito Miki, al call center il tuo posto è sempre vacante, direi che in tempo di crisi non dovresti sputarci sopra, così finalmente avremo il piacere di non sentirti più intervistata dal piede caprino di Augias….). Il libro si intitola “Maria, la donna. I misteri della vita della Vergine”.
    @ Miriam: sono d’accordo, anche le idee hanno un grado di priorità. E ci sono cose che sono assolutamente in primis. E’ vero che l’ognunista alberga in ciascuno di noi, siamo uomini e per cultura secolare siamo molto attenti a proteggere i nostri confini (“la mia libertà finisce dove inizia la tua”). Ma la cosa peggiore secondo me non è tanto questa, e neanche la possibilità che l’ognunista non voglia accogliere l’ipotesi (prima o poi qualcosa nella vita rompe questo recinto). Forse la cosa più diabolica è vedere l’ipotesi, entrare in relazione con essa, e poi rifiutarla. Ieri accennavo alla canzone di Vasco: mi ha messo dentro una inquietudine! ma come si fa ad essere così stupidi da incontrare il grande mistero e ritornare poi cocciutamente sulla strada dell’autodeterminazione? è come se uno fosse nella merda fino al collo, arriva uno che ti dà la mano, ti tira fuori, ti lava, ti fa mettere abiti puliti, ti fa da mangiare, e proprio quando ti stai ricreando ti viene in mente di tornare nel vascone di cacca e rituffartici, così solo per il gusto di dire che tanto l’hai deciso da solo. Bella libertà! non c’è che dire, un capolavoro di vita! ah, ma se l’è scelta liberamente…. insomma, si può andare liberamente dove si vuole, ma tra vasca di merda e tavola imbandita con vino buono e compagnia, io non ho dubbi!

    1. Luigi

      Ecco Giuliana è proprio in quel caso che entra in gioco il potere di satana. Scelta deliberata contro Dio, quella di Eva tanto per intenderci.
      Conoscere e rifiutare. Sbatti i sandali e vai altrove.

  17. Io credo che voi tendiate ad estremizzare un po’ troppo. Non ci sono solo gli ognunisti e non ci sono solo quelli che “accolgono la Verità con la v maiuscola che poi sarebbe il bene comune ecc ecc”. Ci sono varie sfumature, dal singolo all’assoluto: c’è il mio bene, il bene della coppia, della famiglia.. Agire autodeterminandosi non vuol dire far del male agli altri, vuol dire semplicemente agire secondo la propria morale, la propria etica e le proprie convinzioni.
    Le azioni non sono tutte assolute, ci sono azioni che toccano solo l’individuo, e altre che toccano una cerchia piu o meno ristretta di persone. È chiaro che si debba pensare anche agli altri nelle proprie scelte, ma è importante distinguere l’ambito della scelta stessa.

    1. Luigi

      Si deve assolutizzare nelle leggi, nelle codifiche, nelle regole, nelle posizioni, poi è chiaro che ci si confronta con la realtà, con le particolarità, con le sfumature. Il punto di riferimento fermo dev’esserci comunque.

    2. Il punto di riferimento è il bene comune.
      Ma deteriminate scelte, in determinati ambiti, ricadono solo su noi stessi. Nel bene e nel male.
      Non credo che nelle leggi ci dovrebbe essere un punto fermo. O meglio, il punto fermo, per me, resta comunque la scelta dell’individuo, se la scelta stessa ricade essenzialmente su di lui. Penso in primis al testamento biologico, perché è un tema attuale e perché per me è li che è essenziale il principio di autodeterminazione del singolo.

    3. paulbratter

      l’ognunismo per me è quell’atteggiamento che tiene conto SOLO delle sfumature, che ritiene l’assoluto una bestemmia, che non dà certezza neanche del proprio nome o della propria faccia, è pensare che ognuno ha ragione, e quindi nessuna ce l’ha, è l’idea che si fa debole per diventare l’idea di tutti. Ho ancora davanti agli occhi la faccia esterrefatta di un amico che durante una discussione su fede e valori allibito chiedeva :”ma come puoi pensare che tu hai ragione e io torto???”

    4. giuliana z.

      scusate l’intromissione… a me la sola formula “testamento biologico” fa venire i brividi. Come si fa a redigere un testamento su qualcosa che ci è stato affidato ma non è di nostra proprietà, come la vita?

    5. @paul: allora io mi colloco nel mezzo.
      Per me esistono cose assolute (i legami interpersonali in primis, il non nuocere agli altri in secundis e poco altro), tutto il resto è relativo, diverso per ognuno di noi, a seconda delle esperienze, delle vite, dei diversi esseri che siamo.
      Ehm, quel tuo amico potrei essere io. 🙂

      @Daniela: sapevo che era un errore citarlo! E di certo non mi metto ad aprire il discorso.. Anche perché penso che la mia posizione sia facilmente intuibile.

    6. Luigi

      Il testamento biologico è una stronzata (per come la vedo io), era invece una conquista per come la vedeva Hitler.

    7. giuliana z.

      mica dico che non bisogna parlarne! di tutto si può parlare e portare le proprie esperienze. Però su argomenti così delicati e fondamentali esigo argomentazioni! il confronto se si deve fare si faccia a carte scoperte, su tutto!

    8. paulbratter

      @cescocesto:
      sì potresti essere quel mio amico e sono sicuro che non saremmo d’accordo su tante cose, però mi stai molto simpatico.

    9. @luigi: che c’entra hitler? Nei paesi dove il testamento biologico è in vigore (appoggiato dalla chiesa cattolica stessa, penso alla Germania), mica si sono messi a ammazzare vecchi e infermi.

      @Giuliana: no, pensavo semplicemente che magari era una discussione un po’ fuori argomento. Ma sono prontissimo a parlarne, e mi farebbe piacere sentire cosa ne pensi. (ad esempio, citare hitler secondo me non è una vera argomentazione)
      Io credo che il testamento biologico sia cosa buona e giusta. Ognuno deve poter disporre del proprio corpo, perché è un diritto i che ci riconosce la costituzione. Vuoi stare dieci anni attaccato ad una macchina che respira per te, che non puoi piu muoverti? Buon per te.
      Io preferisco rinunciare ad una vita del genere, sapendo che non ci sono speranze di invertire una condizione del genere.
      Il punto fondamentale è questo: tu decidi per te io per me. Ognuno dispone della propria vita come crede, e se davvero c’è un dio allora finirò all’inferno. Ma nessuno ha il diritto di impormi la propria visione di vita e morte, come io non la impongo agli altri. Si chiama Libertà.

    10. @ Cescuzzo
      “sapevo che era un errore citarlo! E di certo non mi metto ad aprire il discorso.. Anche perché penso che la mia posizione sia facilmente intuibile.”
      –> nun l’ho scritto io…
      La “rea” è la Giuliana (che saluto ^.^) Non io.
      Mi rieclisso (–> solita solfa del mio quotid. appuntam. Galante).

    11. Non ti volevo metter in mezzo, devo aver sbagliato qualche lettera scrivendo Giuliana e il correttore automatico dell’ipad l’ha trasformato in Daniela. 🙂

    12. Roberto

      E’ proprio qua che ti sbagli, cescocesto, è proprio quell’autodeterminazione di cui tu parli che si oppone frontalmente alla libertà.
      Ti pregherei poi, quando parli di testamento biologico che sarebbe approvato dalla Chiesa in Germania (cosa non vera) che tu mettessi dei link a suffragio della notizia, invece di riportare “per sentito dire”, altrimenti quel che dici non è verificabile né contestabile.
      Ti lascio un paio di link tanto per gradire, uno sugli effetti della “autodeterminazione” in Belgio, qua:
      http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-in-belgio-leutanasia-ottima-per-i-trapianti-2243.htm
      e uno che illustra in maniera più generale e teorica le ragioni dell’opposizione al cosiddetto “testamento”:

      http://www.fattisentire.org/modules.php?name=News&file=article&sid=3359&mode=thread&order=0&thold=0

    13. Non capisco in che modo secondo te l’autodeterminazione dovrebbe essere contro la libertà. Io scelgo per me, tu per te. Io non ti impongo niente, scelte, valori, giudizi. Tu nemmeno. Dove sarebbe l’ostacolo alla libertà?
      Della questione tedesca sentii parlare ad un incontro in merito alle DAT con la pastora della chiesa luterana di Pisa, ma direi che questo http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-germania-ce-lha-fatta-e-noi/ è abbastanza calzante.
      Per quanto riguarda i link che mi hai mandato:
      – trovo bellissimo il concetto alla base del trapianto. Dalla morte nasce la vita. Guarda che non si parla di pazienti “uccisi per rubargli gli organi”, il chè sarebbe terribile ma di persone che hanno esercitato la loro libertà di scelta, decidendo inoltre di fare del bene per gli altri.
      – nell’altro documento che mi mandi, si parla di cultura della vita e di cultura della morte. Beh, per me non esiste questa contrapposizione, perché non si parla di “cultura” se si entra nell’ambito personale. Peraltro è un articolo superato perché il contenuto della legge è ben diverso..

  18. Luigi

    @Daniela Y.
    Mi sento un po’ come Benigni in quel film forse “Il piccolo Diavolo” dove saltellando corre dietro alla donna sedotto dalla sua presenza.
    Beh non sono esattamente sedotto ma di certo quel tuo linguaggio mi provoca ora sentimenti di dolce leggiadria e buonumore ed ora di irritazione.
    Leggiadria perché mi vedo come nel cantico delle creature, dolce cerbiatto, tutto soave, pecore, campane, ecc. Irritazione perché poi guardo le mie cose e vedo carte, scrivanie, oppure bambini che si azzuffano e il tuo tono mi sembra stonato. Ma tu parli sempre così? Riesci veramente a relazionarti in quel modo? Se si dev’essere affascinante. Scusami se ti sembro irriguardoso.

    1. “Irriguardoso?” -Scherzi? E’ tenerezza quella che provo adesso, mica disappunto.
      Io non sono la sorella di Alessandro Baricco e nemmeno la figlia di Shakespeare,
      ma ci credo proprio che

      “La bocca parla dalla pienezza del cuore”

      e certo quando mi infervoro non mi incacchio in rima, ma santo cielo se io ti rispondessi
      “Si”,
      tu come il barista sotto casa mia non mi credete comunque.
      Tranquillo. Mio padre dal Cielo approva: annuisce col suo brizzolato capo saggio dicendo
      -Mia principessa, sono l’unico uomo che t’ha creduta sin dall’inizio. Procedi, bell’a papà, anche se nessuno ti crederà.
      -Papà, mi manca la treccia, e è rimasta solo ‘sta torre. Forse devo anche cambiare linguaggio…
      -No, bella di papà: quando er principe arriva la musica tua è la sua, e allora anche in silenzio vi riconoscete.
      -Ok, papà. Ma in Cielo come butta?
      -‘Na favola, ‘na favola pe’ ricchi: tu prega, spera, ama e credi: intanto la treccia t’è bella e ricresciuta.
      Ma tanto non servirà.

  19. Comparsa su FB: «La potenza intellettuale di un uomo si misura dalla dose di umorismo che è capace di utilizzare.» (Giorgio De Chirico)

    Decisamente il GENIO COSMICO è intellettualmente più potente di 4/5 centrali nucleari

  20. giuliana z.

    @ cescocesto:
    dico subito che sono contraria non solo all’eutanasia, ma anche alla sola ipotesi che sia la legge a dire come e perchè un uomo possa scegliere liberamente la morte. Nel caso poi del testamento biologico, si presume addirittura che uno scriva con anticipo su fatti che gli potranno o meno capitare (x es. trovarsi attaccato al respiratore meccanico), come se uno potesse decidere con la coscienza presente su un momento in cui magari avrà invece una coscienza diversa. Io per esempio, ogni giorno che passa sento di maturare in un percorso; la vita è infinitamente più misteriosa e sorprendente di momento in momento.
    Quando si fa una legge su argomenti sensibili come il diritto alla vita mi pare sempre che la soluzione condivisa in parlamento sia riduttiva, sia sempre “il male minore” che si poteva scegliere, un po’ come la legge 40 sulla fecondazione assistita. Ma poi sono solo scorciatoie burocratiche davanti ai veri problemi delle persone, davanti a chi ogni giorno fatica nel fisico e nello spirito ad assistere i propri cari malati. Nessuno che si preoccupi magari di stare vicino al dolore, alla fatica, con leggi che consentano di assistere i malati adeguatamente, ovvero anche economicamente. Come sempre poi, anche in questo caso la legge approvata ha un incipit accattivante dicendo che la vita è un bene inviolabile e indisponibile, ma poi gli effetti giuridici sono ciò che davvero conta, e son certa che le DAT saranno nè più nè meno che un foglio su cui il paziente dirà al medico “stacca la spina, grazie”. Con le implicazioni che ne conseguono sulla stessa professionalità dei medici, che stanno diventando solo erogatori di un servizio.
    Il discorso sarebbe lungo, ma ho tratteggiato ciò che ne penso. Ora devo assolutamente tornare dai miei bimbi! ciao

    1. Ci tengo a replicare a quello che hai scritto, lo leggerai quando i tuoi bimbi ti daranno un attimo di pausa. 🙂
      Io mi trovo al punto opposto al tuo: ritengo abominevole che la legge neghi all’uomo la possibilità di scegliere.. perché credo fortemente nella libertà di scelta del singolo, e anche nel rispetto delle posizioni diverse dalle mie. La legge quindi deve assicurare assistenza a chi decide di “restare attaccato” (i fondi per malati terminali, pazienti in stato vegetativo, in stato di coma, invalidi, sono veramente troppo troppo pochi), ma anche libertà di morire a chi quella vita non la vuole piu fare.
      Credo, al contrario tuo, che sia essenziale mettere un punto fermo, davanti a testimoni, delle mie volontà, in modo che non si sia costretti a ricostruirle quando io magari non avrò piu facoltà di parola. Chiaro che poi il testamento può essere modificato anche mille volte, se dovessi cambiare idea.
      Non preoccparti delle DAT, sono carta straccia applicabile solo a pazienti in stato di morte cerebrale, quei pazienti di fatto morti a cui, col consenso dei familiari, si espiantano gli organi da anni e anni.

    2. Adriano

      Personalmente credo che liquidare il testamento biologico come str…ta o come conquista sia troppo sbrigativo…

    3. Su questo sono d’accordo, ed è per questo che è importante che se ne parli. Se ne parla troppo poco, solo quando spunta un “caso Eluana”.

    4. Adriano

      A proposito del testamento biologico. In Svizzera la Chiesa non si è opposta:

      http://temi.repubblica.it/micromega-online/in-svizzera-il-testamento-biologico-diventa-legge-e-la-chiesa-non-si-oppone/

      Viaggiando un poco, mi sono accorto come le indicazioni morali e pratiche date dalla Chiesa differiscono da paese a paese.

      Oltre agli esempi già citati di Germania e Svizzera sul testamento biologico, ho scoperto per esempio che nella sacchetto di benvenuto distribuito alle matricole del primo anno all’Università Cattolica di Nuova Lovanio, assieme a buoni sconto e materiale informativo c’erano… dei preservativi.

      Se da una parte questo adattarsi alle condizioni locali può essere utile, dall’altra non capisco come qualcosa di vietato in un paese sia invece tollerato o addirittura permesso in un altro molto simile (non vedo poi queste grandi differenze in Europa, che possano giustificare tutto ciò…)

      La Chiesa non dovrebbe essere “Una”? Se è così perché si esprime in modo così diverso e disorientante da paese a paese? Oppure l’espressione della Chiesa viene fortemente influenzata dalla mentalità del paese?

      Per assurdo, a questo punto un cattolico italiano “trasferisce” la propria “residenza spirituale” all’estero, scegliendo il paese dove le regole gli piacciono di più…
      Una specie di “evasione religiosa” simile alla più comune evasione fiscale…

      Scusate, sono andato fuori argomento…

    5. Alessandro

      Adriano, occhio, nell’articolo che posti non si dice che la Chiesa cattolica in Svizzera “non si è opposta” al testamento biologico.

      Al riguardo circolano informazioni errate, soprattutto concernenti la posizione della Chiesa Cattolica tedesca. Quest’articolo di Avvenire del 17 marzo 2011 chiarisce bene la situazione:

      La nuova bio-bufala delle «Dat tedesche»
      di Andrea Galli

      Scriveva Mauri­zio Crippa sul Foglio del 19 marzo 2009: «’La Conferen­za episcopale tedesca approva l’euta­nasia passiva e l’eutanasia indiretta. Lo an­nuncia la rivista MicroMega ‘. MicroMega ?

      Sì. Pare che d’ora in poi quel che pensa­no i vescovi cattolici tedeschi sia la rivista di Paolo Flores d’Arcais a deciderlo. O al­meno così sembrano ritenere in molti, dal sito web che ieri pubblicava questa incre­dibile sintesi a Repubblica, che titolava: ‘I vescovi tedeschi: sì all’eutanasia passiva, è morte dignitosa’». Sono passati due an­ni e il copione si ripete. Tale e quale.

      Sul sito di MicroMega è apparso il 7 mar­zo un lungo articolo a firma di Marlis Ingenmey, esponente dell’associazio­ne pro-eutanasia LiberaUscita, che esa­mina il documento elaborato congiunta­mente in Germania dalla Conferenza e­piscopale cattolica e dalla Chiesa evange­lica, dal titolo Christliche Patientenvorsorge («dichiarazioni anticipate del paziente cri­stiano »). Il documento è stato presentato il 26 gennaio e vuole essere una guida al­la compilazione di dichiarazioni antici­pate di trattamento moralmente lecite dal punto di vista cristiano. Ha avuto tre ver­sioni:
      La prima nel 1999, la seconda nel 2003, infine quest’ultima, che ha un’im­portanza particolare perché segue l’entra­ta in vigore della legge tedesca sul fine vi­ta, nel settembre 2009.
      La presentazione che Ingenmey fa del testo cattolico-evangelico è sostan­zialmente corretta. A parte alcuni pas­saggi in cui il pathos della militante for­za la mano della traduttrice. Come quan­do, riferendosi alle versioni del 1999 e del 2003, scrive che «quel documento uffi­ciale… permetteva già anche al testatore ‘cristiano’ di richiedere, limitatamente al­la fase terminale di una malattia con pro­gnosi comunque infausta…, atti definiti, senza tante ambagi, di ‘eutanasia passi­va’ e di ‘eutanasia indiretta’». Che detto così fa pensare a uno strappo – e che strap­po – dei vescovi tedeschi rispetto alla mo­rale cattolica.

      In realtà, in tutte e tre le ver­sioni del documento cattolico-evangelico non si parla di Euthanasie, eutanasia, ma di Sterbehilfe, termine semanticamente più ambiguo, perché nel tedesco corrente è u­sato sia come come sinonimo secco di ‘eutanasia’ sia nel suo significato lettera­le di ‘accompagnamento alla morte’, ma in senso non eutanasico. Ed è questo il senso scelto dai vescovi tedeschi.
      In ogni caso nel documento in questio­ne il significato di passive Sterbehilfe e di indirekte Sterbehilfe è chiaro e corri­sponde a quanto si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica, rispettivamente ai paragrafi 2278 e 2279. Laddove è scritto che «l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o spro­porzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinun­cia all’’accanimento terapeutico’. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (2278); e «L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di ab­breviare i suoi giorni, può essere moral­mente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né co­me mezzo, ma è soltanto prevista e tolle­rata come inevitabile» (2279). Ovvia­mente sempre nelle suddette ‘Dat tede­sche’ la sospensione di nutrizione e idra­tazione di un paziente in stato vegetativo persistente è considerata moralmente il­lecita da parte dei vescovi cattolici. Men­tre la Chiesa evangelica la ritiene lecita.

      Questo sarebbe il contenuto esplosivo del documento tedesco che MicroMe­ga ha voluto titolare così: «Il nuovo Te­stamento biologico ‘cristiano’ dei te­deschi: L’eutanasia ‘passiva’ e l’eutanasia ‘indiretta’ sono ‘eticamente ammissibi­li ». Aggiungendo nel sommario, tanto per sommare confusione a imprecisione: «’Stato vegetativo persistente’: sì dei ve­scovi cattolici tedeschi alla possibilità di disporre la rinuncia a tutti i trattamenti salvavita, compresa la nutrizione artifi­ciale, e la riduzione graduale dell’idrata­zione artificiale al sopraggiungere di una malattia intercorrente acuta potenzial­mente letale». La bio-bufala è stata di nuo­vo servita. E a rilanciarla, oggi come allo­ra, è stata ovviamente Repubblica, martedì, con un commento surreale dello storico Adriano Prosperi, che ha travisato pres­soché tutto il travisabile. Con tanto di ri­mando al XVI secolo, al «trattamento di­verso » riservato da Roma ai cattolici tede­schi alle prese con la Riforma rispetto a quelli italiani… E dire che bastava leggere con un po’ di attenzione l’articolo pesan­te ma intellegibile di MicroMega . È trop­po per un accademico dei Lincei?

    6. Adriano

      @ Alessandro

      Ho riletto il link che ho messo.
      Il titolo è chiaro: “In Svizzera il testamento biologico diventa legge. E la Chiesa non si oppone”

      In esso si dice che la Chiesa Svizzera semplicemente non ha promosso la raccolta di firme per fare un referendum contro questa legge.

      Da notare che gli elvetici vengono chiamati più volte l’anno a votare per tutta una serie di referendum, tra cui alcuni pure propositivi (il più famoso, e tra i più contestati, è stato il divieto di costruire minareti…). Le raccolte di firme sono quindi semplici da fare.

      Ho trovato anche un altro articolo, che dice sostanzialmente lo stesso di quello precedente.

      http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200905articoli/43914girata.asp

      In esso c’era una citazione della conferenza episcopale svizzera. Nel loro sito (ivescovi seguito da un punto e ch: non metto il link perché i commenti troppo linkati devono essere approvati “a mano”) ho letto tante e:
      – non ho trovato tracce di raccolte di firme per bloccare il testamento biologico.
      – trovo invece ribadito il no secco al suicidio assistito.

      Da questo deduco che il testamento biologico non implica il suicidio assistito… Ma aspetto vostri commenti.

    7. L’articolo sarà pure confusionario, (spesso i giornalisti, ma anche politici e cardinali, mescolano termini scientifici credendoli sinonimi) ma il senso è lo stesso: la chiesa non si è opposta al testamento biologico, che tratta del fine vita (e non di eutanasia attiva, attenzione), mentre la chiesa italiana si oppone a qualsiasi forma di regolamentazione della gestione del fine vita.
      O sbaglio?

    8. @Adriano: la verità è che tra testamento biologico e suicidio assistito c’è un abisso, ma chi è contro il testamento biologico ci sguazza sfruttando la confusione di chi non ha studiato a fondo l’argomento. Rifiutare un trattamento sanitario è un diritto, se non mi sbaglio lo stesso Giovanni Paolo II lo fece. L’eutanasia è ben altro.

    9. Adriano

      @ Alessandro

      Sono andato all’origine e ho dato un’occhiata al sito della Conferenza Episcopale Tedesca

      http://www.dbk.de/themen/christliche-patientenvorsorge/

      Si parla proprio della Christliche Patientenvorsorge (che personalmente tradurrei in modo un po’ diverso dall’articolo di avvenire: «dichiarazioni anticipate cristiane del paziente». Infatti queste dichiarazioni possono anche essere usate i non cristiani). Questa è stata preparata in collaborazione con il Consiglio Evangelico Tedesco e il Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania.

      Nella premessa si parla delle domande che uno si pone in caso di malattie mortali non curabili e viene detto in modo chiaro che queste domande non hanno una risposta sempre valida.

      In esso ci sono diversi formulari, illustrati in modo chiaro e semplice:
      – la “procura per le cure” (Vorsorgevollmacht, da dare a qualcuno in caso di incapacità a decidere),
      – una “autorizzazione alla tutela” (Betreuungsverfügung; in poche parole in caso di incapacità vengono date indicazioni al tutore che il tribunale nominerà, o che è stato già indicato)
      – le “disposizioni del paziente” (Patientenverfügung, l’autorizzazione preventiva ad avere o non avere cure, controlli o interventi, sempre nel caso di perdita delle capacità di decidere) e
      – le “dichiarazione sulle cure desiderate” (Äußerung von Behandlungswünschen, il tipo, la portata e la durata oltre alle condizioni delle cure. nb. queste indicazioni sono vincolanti).

      La libertà a compilare o meno questi moduli viene ribadita da subito, mentre viene aperta la possibilità di usare questi moduli anche da parte di non cristiani.

      Si ribadisce inoltre il rifiuto della “morte a richiesta” e di un’assistenza medica al suicidio, viene sottolineato che l’eutanasia è reato in Germania, mentre vengono accettati il “suicidio indiretto” (o, per usare l’espressione dell’articolo di Avvenire “l’accompagnamento indiretto alla morte”), cioè l’uso di antidolorifici anche se questi potrebbero causare come effetto non intenzionale la morte) e il rifiuto o la limitazione di cure ai moribondi (qui chiamato “suicidio passivo” o, di nuovo, “accompagnamento passivo alla morte”).

      Ho cercato di tradurre nel modo più fedele possibile; a mio parere i documenti qui sopra non sono nient’altro che un testamento biologico. E sono autorizzati dalla Conferenza Episcopale Tedesca la quale ribadisce che il testamento biologico è qualcosa di diverso dall’eutanasia.

      Ora la Conferenza Episcopale Italiana non mi pare la pensi così.

      Ne consegue che due assemblee di vescovi in due paesi diversi la pensano diversamente.

      Ne consegue anche che il testamento biologico è qualcosa di diverso dall’eutanasia e che va bene per la Chiesa Cattolica (due a uno, con una metafora sportiva).

      @ cescocesto
      Certo. L’eutanasia è altro.

    10. Adriano

      Piccolo errore di traduzione: Vorsorgevollmacht = dichiarazione anticipata di procura.

    11. Alessandro

      La Chiesa cattolica (italiana, svizzera, tedesca… insomma tutta quanta)

      – riprova l’eutanasia:

      “Catechismo n. 2277 Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.
      Così un’azione oppure un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L’errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere”

      – eutanasia che non va confusa con l’accanimento terapeutico: “2278 L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”

      – La Chiesa è favorevole alla palliazione (a certe condizioni): “2279: L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate”

      – La Chiesa considera inoltre moralmente obbligatoria la somministrazione al paziente di alimentazione e idratazione, anche per via artificiale, poiché tale somministrazione costituisce sostegno vitale, cioè cura dovuta: cfr. n. 2279: “Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte”; cfr. anche Congregazione per la Dottrina della fede, “Risposta a quesiti della Conferenza Episcopale statunitense circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali”, 1 agosto 2007:

      “Primo quesito: È moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per vie naturali oppure artificiali) al paziente in “stato vegetativo”, a meno che questi alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico?

      Risposta: Sì. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione.

      Secondo quesito: Se il nutrimento e l’idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in “stato vegetativo permanente”, possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza?

      Risposta: No. Un paziente in “stato vegetativo permanente” è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali”.

    12. Adriano

      @ Alessandro.

      “La Chiesa cattolica (italiana, svizzera, tedesca… insomma tutta quanta) riprova l’eutanasia: ”

      Certamente. Ma quello che ha approvato la Conferenza Episcopale Tedesca è un tipo cristiano di testamento biologico. Mica l’eutanasia così come comunemente chiamata.

      Visto che le parole sono importanti: ho scritto prima “suicidio indiretto” e “suicidio passivo”, quando volevo scrivere “eutanasia indiretta” ed “eutanasia passiva”; il tutto si basa sulla parola “Sterbehilfe” e su tutta la polemica che è sorta attorno alla traduzione di questo termine. Personalmente non avrei dei problemi a chiamarla “eutanasia indiretta” ed “eutanasia passiva”, basta che sia chiaro che non si tratta dell’eutanasia attiva (e la cosa è inequivocabile nel testo originale). Questione di concetti (un po’ come “Chiesa santa” e “Chiesa peccatrice” 😉 )

      In ogni caso anche la Conferenza Episcopale Tedesca nel suo sito ribadisce il NO all’eutanasia attiva e al suicidio assistito, mentre ha redatto e promuovo il testamento biologico.

      Spero che il mio intervento “alla fonte” (nonostante un paio di scivoloni di traduzione, dovuti alla stanchezza) abbia chiarito il tutto…

    13. Non posso certo cercare di convincerti a considerare alimentazione e idratazione veri e propri trattamenti sanitari.
      Vorrei pero che tu considerassi che non sono “cibo e acqua” negati a persone che soffriranno fame e sete, sono miscele di acqua e sostanze nutritive somministrate a soggetti che non potranno tornare indietro dalla condizione in cui sono, persone che, quando erano sane, non avrebbero voluto vivere così.

    14. Alessandro

      Adriano

      La Conferenza Episcopale Tedesca e la Conferenza Episcopale Italiana sono perfettamente d’accordo (e non potrebbe essere diversamente) sui punti che ho illustrato (eutanasia, accanimento terapeutico, palliazione, idratazione e alimentazione artificiali).

      Entrambe (e non potrebbe essere altrimenti, per i motivi che ho illustrato) non possono essere favorevoli a leggi (chiamiamole come vogliamo: sul testamento biologico, sulle DAT… magari un’altra volta dirò perché la locuzione “testamento biologico è un non-senso…) che autorizzino l’eutanasia, ed entrambe considerano che sia eutanasia la mancata somministrazione o la cessazione di somministrazione di idratazione e alimentazione, anche per via artificiale (vedi documento della Congregazione per la dottrina della fede citato) ai pazienti (anche se prossimi alla morte, anche se in stato cosiddetto vegetativo), poiché a ogni essere umano è dovuto il sostegno vitale (anche per via artificiale, secondo quanto precisa la CDF).

    15. Alessandro

      @ cescocesto

      “Vorrei pero che tu considerassi che non sono “cibo e acqua” negati a persone che soffriranno fame e sete”: questa affermazione non è scientificamente fondata, poiché anche chi ha subito gravi offese al sistema nervoso centrale può provare sofferenza.

      Ad es., il prof. Dolce (neu­rologo all’Istituto Sant’Anna di Croto­ne, massimo esperto italiano di stati vegetativi) dice (Avvenire, 16 marzo 2011): “Scientificamente, oggi è dimostrato che chi è in stato vegetativo prova dolore. Glielo ripeto: scientificamente. La mancanza di acqua de­termina una sindrome di disidrata­zione gravissima, con dolori immen­si”

    16. @Alessandro
      Il dibattito scientifico è apertissimo. Ci sono evidenze sia in un senso che nell’altro, e comunque, per sicurezza, ad Eluana somministrarono anche antidolorifici.

    17. Alessandro

      somministrarono antidolorifici a riprova di quanto fossero convinti il padre e l’equipe del “protocollo Englaro” delle loro affermazioni (le ricordo, erano perentorie, sprezzanti nei confronti delle – opportunissime, stando a quanto dice Dolce – obiezioni): “No, Eluana non può provare dolore, chi lo nega è in malafede, fa disinformazione”.

    18. Scienza e medicina sono in costante evoluzione. Ad oggi non c’è prova scientifica che chi è in stato vegetativo provi dolore, ma “perché non si sa mai” sono stati dati antidolorifici lo stesso.

    19. Alessandro

      “Ad oggi non c’è prova scientifica che chi è in stato vegetativo provi dolore”

      Il massimo esperto italiano di stati vegetativi (prof. Giuliano Dolce) sostiene l’opposto, come mostrato

    20. ma anche se fosse, scusa?
      gli antidolorifici vennero somministrati a eluana proprio nel caso che potesse provare dolore. non vi sono evidenze né di un fatto né dell’altro, lo stato vegetativo è un mondo oscuro perché chi lo affronta non può uscirne e raccontare cosa provava.
      che poi dolce ritenga che eluana provasse dolore, è una sua teoria non comprovata. non è comprovato nemmeno che non lo provasse e, lo ripeto, per questo le furono dati gli antidolorifici.

    21. Alessandro

      “che poi dolce ritenga che eluana provasse dolore, è una sua teoria non comprovata”

      e chi l’ha detto che non è comprovata? Ne sai più del massimo esperto italiano di pazienti in stato vegetativo? E poi, non è efferata crudeltà far morire uno di fame e di sete e per giunta con il sospetto (non scientificamente dissipabile, lo riconosci pure tu), che possa provare sofferenza? Hai idea di che sofferenza comporti la morte per inanizione? (immaginati di restare senza cibo né acqua e di morirne, sarebbe una morte atroce…)

      “gli antidolorifici vennero somministrati a eluana proprio nel caso che potesse provare dolore. non vi sono evidenze né di un fatto né dell’altro, lo stato vegetativo è un mondo oscuro perché chi lo affronta non può uscirne e raccontare cosa provava”

      Così oscuro non è, quel mondo.

      Come dice Pico Cociola (Avvenire, 11 febbraio 2011): “Non una riga, però [sulla grande stampa nazionale], sulle indagini condotte grazie alla risonanza magnetica funzionale (e sui sorprendenti risultati ai quali sta conducendo), né sulle ultime tecniche di scansione cerebrale e sulle nuove indicazioni che offrono sulla presenza di coscienza, più o meno sommersa, anche nelle persone in cosiddetto stato vegetativo. Non una riga sugli studi già pubblicati dai membri della Europeean Task force of vegetative state (universalmente riconosciuti come l’eccellenza mondiale nella ricerca specifica), nonostante raccontino la scoperta che anche in stato vegetativo si accendono spesso le zone del ‘sì’ o del ‘no’ in risposta a domande, che esistono reazioni al dolore, che la stimolazione della corteccia cerebrale attraverso un movimento passivo di braccia e gambe provoca la reazione di aree del cevello.

      È la conferma che chi è in stato vegetativo è comunque e sempre una persona, non un vegetale. Per questo gli scienziati della Europeean Task force ormai rifuggono ufficialmente dalla definizione stessa di ‘stato vegetativo’, perché superficiale e fuorviante. Eppure di tutto questo su gran parte dei grandi quotidiani non c’è stata traccia. Si è continuato invece, imperturbabilmente, a raccontare un altro mondo e un’altra condizione (non) umana, che però coi resoconti scientifici, le evidenze cliniche e le storie reali delle persone poco e nulla hanno a che fare. Propinandoci molte pigre invenzioni e nessun documentato fatto nuovo (e a volte neanche nuovo, solo tenacemente ignorato e occultato…)”.

      Si veda anche Avvenire, 11/02/2010.

      Gli stati vegetativi ora possono risponderci

      di Viviana Daloiso

      E’ l’autore, insieme al belga Steven Laureys e a un altro manipolo di giovani ricercatori, della scoperta scientifica destinata a rivoluzionare il campo delle neuroscienze.
      Eppure Adrian Owen, il guru di Cambridge che per la prima volta nel 2006 scoprì in una ragazza vegetativa tracce evidenti di coscienza, è già più avanti della sua ultima sensazionale scoperta, pubblicata sul New England Journal of Medicine (Clicca qui per accedere all’articolo del NEJM). Perché le diagnosi corrette non bastano: per i pazienti in stato vegetativo bisogna fare ancora di più.

      – Professor Owen, già nel 2006 aveva fatto scalpore il suo esperimento condotto con una paziente in stato vegetativo che dimo­strava di essere in grado di attivare le aree motorie del cervello e giocare, mentalmen­te, un partita di tennis. Quali passi avanti avete compiuto con i pazienti monitorati nello studio apparso sul «New England Journal of Medicine»?

      «Nel 2006 era la prima volta in assoluto che si riscontrava attività cerebrale volontaria in un paziente in stato vegetativo. Era, per intendersi, il primo risultato, e non avevamo alcuna certezza che potesse ripetersi.Ora sappiamo che non è così. Inoltre abbiamo fatto passi da gigante dal punto di vista degli strumenti impiegati nel campo dei disordini di coscienza: allora scoprimmo tracce di coscienza nella paziente solo dopo molte settimane dall’esame nello scanner, e dopo l’analisi di migliaia di dati. Oggi possiamo vedere che un paziente in stato vegetativo E’ COSCIENTE mentre è nello scanner: in presa diretta, insomma. E poi, c’è l’aspetto più importante».

      – Quale?

      «Nel 2006 il test sulla nostra paziente dimostrò che era cosciente rispetto alle domande che le facevamo. Oggi uno dei pazienti su cui abbiamo imperniato la nostra ricerca è stato in grado non solo di ‘attivarsi’ davanti alle domande ma anche di RISPONDERE ‘sì’ e ‘no’. Questo è davvero straordinario».

      – Come definirebbe un paziente in ‘stato vegetativo’ oggi? È ancora appropriato uti­lizzare questo termine o è cambiato qual­cosa?

      «Non sono cambiati i pazienti, né il loro stato: semplicemente è cambiato quello che noi sappiamo. Ora possediamo una tecnica attraverso cui possiamo identificare lo stato reale dei pazienti che appaiono vegetativi, da fuori, ma che non lo sono affatto.
      Questo non significa che non ci siano più pazienti vegetativi, o che tutti i pazienti in questo stato siano coscienti. Non credo che sia tanto importante cambiare la definizione, ma applicare questa tecnica a tutti i pazienti con traumi cerebrali e sapere in che stato sono davvero. Solo così non sbaglieremo più diagnosi, vedendo stati vegetativi là dove invece c’è coscienza».

      – Sembra però difficile scardinare questa e­quivalenza: vegetativi, ergo vegetali. Qual­cuno la chiama l”etichetta’ dello stato ve­getativo: una volta che viene messa, è im­possibile toglierla da un paziente…

      «Quello che il mio team a Cambridge e quello di Laureys a Liegi facciamo è ‘scienza’ nel senso proprio del termine, e la scienza – si sa – ha bisogno di tempo per essere assimilata dalla pratica clinica. Al momento i nostri protocolli non vengono applicati in tutti gli ospedali: alle famiglie di questi pazienti, però, dobbiamo delle risposte, e al più presto. Mi sento di dire che devono essere fiduciose: stiamo facendo il possibile per diffondere le nostre scoperte e sono certo che nel giro di poco raggiungeranno il maggior numero di persone possibile».

      – Che dire delle diagnosi errate? Il numero è impressionante: si stima che vengano con­siderati erroneamente stati vegetativi il 41% dei pazienti che presentano disordini di coscienza.

      «Vero. Per fortuna, grazie al nostro protocollo, le cose potranno cambiare».

      – Lei guarda ai pazienti in stato vegetativo come un neuroscienziato, in primis. Ma cosa può dire dell’aspetto umano del suo lavoro? Come si sente quando scopre che in un paziente considerato in stato vegeta­tivo ci sono tracce evidenti di coscienza?

      «Io sono uno scienziato, il mio lavoro è cercare, non smettere di tentare. Da scienziato devo sforzarmi senza sosta di sviluppare strumenti innovativi per aiutare questi pazienti. Ecco tutto».

      – C’è una ragione particolare per cui ha de­dicato la sua vita a pazienti così ‘diffici­li’?
      «Ho sempre considerato la condizione dello stato vegetativo come una sfida. Cos’è la coscienza, come possiamo davvero sapere se una persona è conscia di quello che le accade intorno: queste sono domande che hanno diviso e acceso il dibattito filosofico per secoli. Qui in laboratorio, e in ospedale, noi abbiamo vite vere che possono risponderci, e io credo sia fondamentale che ogni giorno la scienza si sforzi di rispondere a queste domande. Cosa può essere più interessante?».
      Quali saranno i prossimi passi nel campo delle vostre ricerche?
      «Spero che arriveremo a creare dei criteri diagnostici precisi, definitivi e condivisi da tutta la comunità scientifica e medica. La risonanza magnetica funzionale con cui ‘troviamo’ tracce di coscienza in questi pazienti, è uno strumento ormai presente dappertutto e può essere impiegato ovunque, su tutti i pazienti. In particolare, spero che presto potremo dare la possibilità a queste persone di comunicare con l’esterno grazie a interfacce cervello­computer, relativamente economiche, trasportabili e non-invasive».

      – Parliamo di un futuro remoto?
      «Al contrario. Io credo, e potrei assicurare, che ci arriveremo in dieci anni».”

      Si noti che Eluana non è MAI stata sottoposta a quella “risonanza magnetica funzionale con cui ‘troviamo’ tracce di coscienza in questi pazienti, che è uno strumento ormai presente dappertutto e può essere impiegato ovunque”.
      Dicevano (il padre e i suoi amici): Eluana non è cosciente, MA non l’hanno sottoposta a quell’esame che avrebbe potuto accertare che era cosciente. Questo la dice lunga sulla serietà, sulla competenza professionale, sulla stoffa morale dei signori (medici, giuristi ecc.) che hanno fatto morire Eluana

    22. non mi sembra che tu mi abbia citato testi in cui Dolce riportava fonti, evidenze scientifiche, diagnostica, analisi strumentali.
      (hai anche deciso che dolce è il massimo esperto italiano di pazienti in stato vegetativo, uno che riporta come manifestazioni di vitalità cerebrale il ciclo mestruale che è regolato da ormoni totalmente scorrelati dall’attività del cervello)

      tu citi la risonanza magnetica funzionale.
      al di là del fatto che l’effettiva correttezza dei dati è da comprovare (spesso, nonostante sia utilizzata anche in psicologia, i dati risultano falsi positivi p le attivazioni cerebrali casuali o legate ad altri fattori), mettiamo che i dati siano corretti.
      si parla di “minima attività cerebrale della corteccia”, non di coscienza. c’è un abisso tra le due condizioni.
      io personalmente, tra il vivere ingabbiato in un corpo che non mi risponde e la morte, preferisco la morte.
      ma non la impongo a te. vuoi vivere in “stato di minima coscienza” (stato vegetativo è sbagliato ecc ecc) per cinquanta anni? buon per te.
      ma perché non lasci a me la libertà di decidere del mio corpo, della mia vita?

    23. Alessandro

      “al di là del fatto che l’effettiva correttezza dei dati è da comprovare (spesso, nonostante sia utilizzata anche in psicologia, i dati risultano falsi positivi p le attivazioni cerebrali casuali o legate ad altri fattori), mettiamo che i dati siano corretti.
      si parla di “minima attività cerebrale della corteccia”, non di coscienza. c’è un abisso tra le due condizioni”.

      “La risonanza magnetica funzionale con cui ‘troviamo’ tracce di coscienza in questi pazienti, è uno strumento ormai presente dappertutto e può essere impiegato ovunque, su tutti i pazienti”:

      Così – testuale – Adrian M. Owen. Ne sai più di lui? Ecco il suo profilo

      “Adrian M. Owen è il direttore dell’U­nità di scienze neurologiche di Cambridge. È stato fra i primi scien­ziati, insieme al belga Steven Laureys, a combinare l’impiego della risonanza magnetica funzionale con lo studio ne­ruopsicologico dei pazienti con distrubi di coscienza, e in particolar modo quelli considerati in sta­to vegetativo. Il macchinario, evidenziando le parti del cer­vello che si attivano in risposta a uno stimolo esterno (una domanda, un ordine, un suono), ha fornito le prime rispo­ste sulla presenza di coscienza in pazienti considerati irre­versibili. Owen ha pubblicato oltre 160 articoli sul tema. Ultimo successo, quello apparso New England Journal of Me­dicine (insieme a Nature la più autorevole pubblicazione scientifica), in cui lo studioso ha dimostrato non solo la presenza di coscienza in un paziente vegetativo, ma anche la sua possibilità di comunicare con l’esterno”.

      E aggiunge, nellintervista citata: “Oggi possiamo vedere che un paziente in stato vegetativo E’ COSCIENTE mentre è nello scanner: in presa diretta, insomma”.

      Mi sembra chiaro. Con buona pace di chi pensa: in stato vegetativo non si può soffrire…

    24. ok, sei bravissimo a dimostrare le tue tesi.
      in stato vegetativo si può provare dolore.
      e allora?
      è uno stato da cui non si esce, uno stato che io ho il diritto di rifiutare perchè innaturale.

    25. Alessandro

      vabbè, se vuoi morire di inanizione, cioè con sofferenze atroci, allora sei un autolesionista di prima categoria.
      Ma visto che hai ammesso di essere favorevole all’eutanasia cosiddetta “passiva” (meglio chiamarla: omissiva), perché non sei favorevole a quella cosiddetta attiva? una punturina, e muori senza tutte le sofferenze di un disidratato…

      Ecco come si muore di disidratazione

      Avvenire, febbraio 2009
      Viviana Daloiso

      Togliere a una persona il sondino che la nutre è assolutamente innocuo. È un buon modo di morire. Probabilmente il modo migliore di morire, dopo l’aneurisma». Nel 2003 Michael Schiavo, il marito di Terri Schindler, rilasciò questa dichiarazione durante il noto talk show americano di Larry King, sostenendo che la moglie dovesse essere “liberata” al più presto dallo stato vegetativo. Insomma, chiedendo che le fossero tolti cibo e acqua, come si è deciso per Eluana. Questa frase sembra essere rimbalzata nel tempo, e nello spazio, per arrivare oggi sulle pagine di quasi tutti i giornali nostrani, nei dibattiti televisivi e radiofonici, nei blog: morire di fame e di sete? Non fa male. È innocuo. E poi Eluana non se ne accorgerà nemmeno, «non è cosciente».

      Nel 1986, anni prima che la vicenda Schiavo e quella Englaro portassero le condizioni dei pazienti in stato vegetativo alla ribalta della cronaca, negli Stati Uniti – e precisamente in Massachusetts – un pompiere di nome Paul Brophy fu “condannato” a morire di fame e di sete dai giudici, in seguito alle richieste insistenti dei suoi familiari. Aveva 45 anni, ed era in stato vegetativo da tre. Moglie e figli sostennero che più volte, verbalmente, l’uomo avesse dichiarato di preferire la morte a una vita simile. Il caso fece molto scalpore oltreoceano per due motivi: era la prima volta che un paziente americano moriva in seguito alla decisione di un tribunale di interrompere alimentazione e idratazione artificiali; durante l’iter processuale un giudice della Corte Suprema del Massachusetts, Neil Lynch, dichiarandosi contrario alla decisione della maggioranza dei suoi colleghi presentò una relazione – stilata da un gruppo di medici esperti – sulle conseguenze concrete della rimozione del sondino naso-gastrico.

      Il documento in questione descrive minuziosamente la morte per fame e per sete, con particolari anche molto crudi. E, si badi bene, non dice niente di originale o diverso rispetto a quello che si può trovare scritto in ogni manuale di medicina, alla voce “disidratazione”, per esempio. Cioè, che morire di sete – perché nel caso della rimozione di un sondino naso-gastrico il paziente muore principalmente proprio a causa della disidratazione – è atroce. A partire dalla durata dell’agonia: da cinque giorni per i soggetti più fragili fisicamente (anziani e bambini) al massimo di tre settimane. Un lasso di tempo interminabile, in cui il corpo si consuma lentamente a causa della secchezza dei tessuti, alla disidratazione delle pareti dello stomaco (che provoca spasmi) e delle vie respiratorie. In cui la pelle si ritira, gli occhi si incavano, la temperatura corporea aumenta inesorabilmente in seguito alla mancanza di sudorazione.

      E in cui le mucose si inaridiscono, il naso sanguina, le labbra e la lingua si spaccano, proprio come hanno dimostrato di sapere i giudici della Corte d’Appello di Milano, che nella sentenza che lo scorso luglio ha sancito il distacco del sondino di Eluana si sono “raccomandati” che quelle mucose venissero bagnate, per evitare che la giovane donna soffra. O mostri la sua sofferenza.
      La lista degli “orrori” del giudice Lynch fece il giro d’America, sollevando non pochi dubbi sulla liceità della sentenza, che fino a quel momento era stata presentata all’opinione pubblica come un atto di “liberazione” del tutto innocuo.

      Lo stesso ospedale dove il pompiere era ricoverato, il New England Sinai Hospital, si oppose a che una simile morte potesse avvenire all’interno della propria struttura, per giunta coadiuvata dal personale sanitario. Il documento di Lynch fu poi inutilmente impugnato dai familiari di Terri Schiavo: di più, nel caso della giovane donna fu anche raccolta la testimonianza di un medico, David Stevens, specializzato nel campo della disidratazione nell’infanzia e che aveva maturato un’esperienza di quindici anni in Africa, accanto ai bambini denutriti. Il medico raccontò come la morte per sete lo avesse messo innanzi a situazioni cliniche al limite del sopportabile. L’unica differenza tra i suoi pazienti e quelli in stato vegetativo, come Brophy, Terri Schiavo ed Eluana: lo stato di coscienza. Per cui i piccoli potevano lamentarsi, comunicare a voce la propria sofferenza fisica. Non piangere, però, in quanto la disidratazione porta via anche le lacrime.

      Nel 1986 Paul Brophy, in quelle condizioni disumane, rimase in vita otto giorni. A Terri Schiavo andò peggio: tredici interminabili giorni di denutrizione la ridussero in uno stato fisico indicibilmente penoso, al punto che alla stessa madre – in seguito a un malore – fu impedito di vederla nelle ultime ore. Eluana Englaro, come loro, non è attaccata a una “spina”, non è tenuta in vita da macchinari o con medicinali. Apre e chiude gli occhi, di notte dorme, la mattina si risveglia, il suo corpo ha lottato per la vita 16 anni, ha avuto persino la forza di superare, recentemente, una grave emorragia. Ma certo, Eluana non parla. Non interagisce con gli altri. E non piange. Quanto tempo durerà la sua silenziosa agonia?”

      E’ durata meno. Pace all’anima sua

    26. mi sembra che tu sia passato dal trattare principi filosofici su vita e morte a fare terrorismo psicologico.
      è chiaro che la disidratazione porti sofferenza, ed è per questo che si fa tutto il possibile per evitare che il paziente soffra (si bagnano le mucose, si danno antidolorifici..).

      vorrei però che tu capissi che la tua propaganda insiste sulla sofferenza del “provocare la morte”, dimenticando che è possibile scegliere il destino del proprio corpo.
      io piuttosto che vivere imprigionato in un corpo che non mi permette di relazionarmi col mondo, preferirei la morte. tu, no.
      e di nuovo, ti dico, lascia a me la libertà di decidere come morire, io non ti impongo la morte.

      ps. comunque il tuo articolo è infarcito di propaganda. dicendo “Apre e chiude gli occhi, di notte dorme, la mattina si risveglia, il suo corpo ha lottato per la vita 16 anni, ha avuto persino la forza di superare, recentemente, una grave emorragia” si cerca di far passare che la vita di eluana è quella di una persona normalissima, che magari però non parla. ecco, non è per niente così.

    27. Adriano

      @ Alessandro (in risposta al commento del 18 luglio 2011 a 22:24)

      “La Conferenza Episcopale Tedesca e la Conferenza Episcopale Italiana sono perfettamente d’accordo (e non potrebbe essere diversamente) sui punti che ho illustrato (eutanasia ecc.”

      Mai detto il contrario.

      “Entrambe (e non potrebbe essere altrimenti, per i motivi che ho illustrato) non possono essere favorevoli a leggi (chiamiamole come vogliamo: sul testamento biologico, sulle DAT… magari un’altra volta dirò perché la locuzione “testamento biologico è un non-senso…) che autorizzino l’eutanasia,”

      Mai detto il contrario.

      Ho solo detto che, nel link che ho già citato, la Conferenza Episcopale Tedesca presenta un documento che contiene tutta una serie di moduli riguardanti delle decisioni da prendere a priori in caso di incapacità a decidere. Il tutto, tenendo conto della visione cristiana di questa difficile decisione.

      Io lo chiamo “testamento biologico”. Non ti piace questa espressione? Vuoi chiamarlo “testamento biologico in stile cristiano”? Oppure, come nell’articolo di Avvenire che hai citato, «dichiarazioni anticipate del paziente cristiano»?
      Poco cambia. Il concetto è che questo tipo (non altri tipi, questo) di documento dei Vescovi tedeschi esiste, in Germania, dal 1999 (secondo l’articolo che hai citato tu).

      Nella pagina in questione non ho trovato tracce di una presa di posizione da parte delle autorità ecclesiastiche teutoniche a proposito dell’idratazione. Suppongo quindi che la posizione in questo caso sia uguale a quella dei loro colleghi italiani.

      Questione Svizzera. Sul sito della Conferenza Episcopale elvetica non ho trovato tracce di una presa di posizione a proposito della legge sul “testamento biologico” (di nuovo, sostituisci l’espressione che più ti garba), mentre c’è una posizione molto chiara e netta contro i suicidi assistiti.

      Controlla pure da solo: http://www.ivescovi.ch (è anche in italiano)

      E non mi pare che la CEI si sia messa a favore di un “testamento biologico” (di nuovo, modificare questa espressione secondo i propri gusti) in “salsa cristiana” (nessuna volontà denigratoria, sia chiaro) in Italia.

      Questa è la differenza, che direi importante, tra i vari paesi. Non cambia la sostanza, ma il fatto che da una parte viene autorizzata una cosa e dall’altra no.
      Questa differenza è anche comprovata da fatti, da fonti originali e dirette (i siti dei vescovi) e anche dai giornali, in quest’ultimo caso con manipolazioni e fraintendimenti, in alcuni casi.

    28. Alessandro

      “mi sembra che tu sia passato dal trattare principi filosofici su vita e morte a fare terrorismo psicologico”

      nessun terrorismo psicologico. E’ bene che si sappia che significa morire disidratati.

      “è chiaro che la disidratazione porti sofferenza”

      ma non avevi detto che chi è in stato vegetativo non si può soffrire?

      “ed è per questo che si fa tutto il possibile per evitare che il paziente soffra (si bagnano le mucose, si danno antidolorifici..)”

      se non lo si disitratasse, si eviterebbe la sofferenza peggiore, e non servirebbero antidolorifici e quant’altro

      “vorrei però che tu capissi che la tua propaganda insiste sulla sofferenza del “provocare la morte”, dimenticando che è possibile scegliere il destino del proprio corpo”

      a parte che la mia non è propaganda, ma fatti; quale sarebbe “il destino del tuo corpo”?.
      Se ti trovassi in stato vegetativo, vorresti morire di inanizione? O vorresti l’iniezione letale (eutanasia c.d. attiva; nel quale caso allora saresti a favore dell’eutanasia c.d. attiva)?
      Oppure vuoi che qualcuno ti impedisca di giungere allo stato vegetativo, nel qual caso dovresti costringere qualcuno a omettere il soccorso a un ferito (Eluana subì un incidente stradale: chi la soccorse avrebbe dovuto non farlo ipotizzando che se l’avesse fatto Eluana sarebbe potuta evolvere verso uno stato c.d. vegetativo?)?

      “comunque il tuo articolo è infarcito di propaganda. dicendo “Apre e chiude gli occhi, di notte dorme, la mattina si risveglia, il suo corpo ha lottato per la vita 16 anni, ha avuto persino la forza di superare, recentemente, una grave emorragia” si cerca di far passare che la vita di eluana è quella di una persona normalissima, che magari però non parla. ecco, non è per niente così.

      No, mi spiace. Eluana presentava veramente un regolare ciclo sonno-veglia, aveva fronteggiato e vinto veramente una grave emorragia interna, era una persona normale che, però, non parlava. Era una disabile grave, tutto qua, che non era attaccata a nessuna macchina e aveva bisogno di alimentarsi tramite sondino nasogastrico. Era una persona, come me e te

    29. Alessandro

      Adriano

      @ Alessandro (in risposta al commento del 18 luglio 2011 a 22:24)

      “La Conferenza Episcopale Tedesca e la Conferenza Episcopale Italiana sono perfettamente d’accordo (e non potrebbe essere diversamente) sui punti che ho illustrato (eutanasia ecc.” Mai detto il contrario”

      OK, su questo siamo d’accordo

      “Entrambe (e non potrebbe essere altrimenti, per i motivi che ho illustrato) non possono essere favorevoli a leggi (chiamiamole come vogliamo: sul testamento biologico, sulle DAT… magari un’altra volta dirò perché la locuzione “testamento biologico è un non-senso…) che autorizzino l’eutanasia, Mai detto il contrario”

      OK, anche su questo siamo d’accordo

      “Ho solo detto che, nel link che ho già citato, la Conferenza Episcopale Tedesca presenta un documento che contiene tutta una serie di moduli riguardanti delle decisioni da prendere a priori in caso di incapacità a decidere. Il tutto, tenendo conto della visione cristiana di questa difficile decisione.Io lo chiamo “testamento biologico”. Non ti piace questa espressione? Vuoi chiamarlo “testamento biologico in stile cristiano”? Oppure, come nell’articolo di Avvenire che hai citato, «dichiarazioni anticipate del paziente cristiano»?
      Poco cambia. Il concetto è che questo tipo (non altri tipi, questo) di documento dei Vescovi tedeschi esiste, in Germania, dal 1999 (secondo l’articolo che hai citato tu).
      Nella pagina in questione non ho trovato tracce di una presa di posizione da parte delle autorità ecclesiastiche teutoniche a proposito dell’idratazione. Suppongo quindi che la posizione in questo caso sia uguale a quella dei loro colleghi italiani”
      Non potrebbe essere diversamente, altrimenti dal Vaticano avrebbero… richiamato all’ordine gli ecclesiastici elvetici

      Sì, preferisco «dichiarazioni anticipate del paziente cristiano». “Testamento biologico” è una locuzione intrinsecamente contraddittoria, perché il testamento è un atto con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse. Quindi le disposizione testamentarie riguardano il tempo in cui uno ha cessato di vivere. Invece nel c.d. “testamento biologico” sarebbero contenute disposizioni riguardanti il tempo precedente la propria morte. Ma questa è una contraddizione in termini.

      “Questione Svizzera. Sul sito della Conferenza Episcopale elvetica non ho trovato tracce di una presa di posizione a proposito della legge sul “testamento biologico” (di nuovo, sostituisci l’espressione che più ti garba), mentre c’è una posizione molto chiara e netta contro i suicidi assistiti.
      Controlla pure da solo: http://www.ivescovi.ch (è anche in italiano)”

      Mi fido di te senza controllare. Non entro nel caso particolare. Dico solo che se la Conferenza Episcopale Tal dei Tali, pur essendo contraria a leggi che violino principi non negoziabili sulla vita (come è richiesto dal Catechismo della Chiesa cattolica), non facesse sentire (o non facesse sentire abbastanza) la propria voce per esprimere contrarietà a una legislazione che minaccia tali principi, non potrei che rammaricarmene sinceramente.

      “E non mi pare che la CEI si sia messa a favore di un “testamento biologico” (di nuovo, modificare questa espressione secondo i propri gusti) in “salsa cristiana” (nessuna volontà denigratoria, sia chiaro) in Italia”. La CEI non può essere favorevole a disegni di legge che violino principi non negoziabili sulla vita (come è richiesto dal Catechismo della Chiesa cattolica), quindi tendenzialmente non guarda con sfavore a un disegno di legge sulle “dichiarazioni anticipate di trattamento” come quello votata recentemente alla Camera (e che ora passa all’esame del Senato), ddl che (almeno in linea di principio) non autorizza la violazione di detti principi.

      “Questa è la differenza, che direi importante, tra i vari paesi. Non cambia la sostanza, ma il fatto che da una parte viene autorizzata una cosa e dall’altra no.
      Questa differenza è anche comprovata da fatti, da fonti originali e dirette (i siti dei vescovi) e anche dai giornali, in quest’ultimo caso con manipolazioni e fraintendimenti, in alcuni casi”

      L’articolo di Andrea Galli e la tua lettura paziente delle “dichiarazioni” tedesche ci hanno aiutato a capire che l’articolo di Micromega gioca su una possibile ambiguità linguistica dovuta all’impiego dei termini “Euthanasie” e “Sterbehilfe”. Ma, chiariti i possibili equivoci (cioè capito quali sono le “cose” significate dalle “parole”), si capisce che la Conferenza episcopale tedesca non è, per così dire, venuta meno al Catechismo.
      Pensa che, a causa di queste oscillazioni lessicali e dell’articolo su Micromega, la Conferenza episcopale tedesca stessa è intervenuta con una nota del 18 marzo 2009 nella quale il suo portavoce spiega che “La Chiesa cattolica tedesca è in linea con il Vaticano sul tema dell’eutanasia. I concetti di ‘eutanasia passiva’ [passive Sterbehilfe] ed ‘eutanasia indiretta’ [indirekte Sterbehilfe] vengono spiegati in modo esauriente nel testo [delle famose dichiarazioni del paziente ecc.] e non contrastano in alcun modo con le affermazioni del Catechismo della Chiesa cattolica (cfr. paragrafi 2278 e 2279), poiché la differenziazione che abbiamo adottato nelle Disposizioni, è quella illustrata dal Vaticano nel Catechismo”.
      Con una dichiarazione del 29 marzo 2007 la Dbk puntualizzò: “La Dbk si oppone con decisione ai progetti che intendono consentire l’interruzione dei trattamenti necessari per la vita di pazienti in coma vigile e di persone con demenza grave. Tali persone non sono persone in punto di morte, bensì malati gravi che richiedono la nostra particolare dedizione e assistenza. Una simile regolamentazione supererebbe i limiti tra eutanasia passiva ammessa, ed eutanasia attiva, non ammessa”.

      Se vuoi saperla tutta, sapendo che nel “resto del mondo” “Sterbehilfe” si traduce per lo più come “eutanasia”, ingenerando equivoci (un italiano medio che legge che i vescovi tedeschi sono favorevoli all’eutanasia indiretta e a quella passiva pensa che i vescovi tedeschi siano impazziti, che siano favorevoli all’eutanasia deplorata nel Catechismo, mai più va a pensare che i vescovi tedeschi, ammettendo la “Sterbehilfe” (indiretta, passiva) stanno semplicemente dicendo che ammettono che si eviti accanimento terapeutico e si pratichi la terapia del dolore, la palliazione), inviterei tutti gli ecclesiastici di lingua tedesca ad abbandonare questa parola foriera di equivoci, a chiamare con altro nome l’astensione dall’accanimento terapeutico e la somministrazione delle terapia del dolore, e a chiamare l’eutanasia (quella deplorata IN QUANTO TALE nel Catechismo: per la Chiesa non c’è un’eutanasia “buona”, moralmente accettabile) sempre e solo “Euthanasie”, ovviamente deplorandola IN QUANTO TALE.

    30. Adriano

      @ Alessandro

      Morale della favola: le parole sono importanti! Ma ancora più importante è il significato che ci sta dietro.

      E demonizzare “la cosa” (quella che personalmente chiamo testamento biologico e che tu vuoi chiamare con “dichiarazioni anticipate di trattamento”) di per sé e in modo assoluto non fa bene, soprattutto perché all’estero “la cosa” esiste in “salsa cristiana”.

      Direi che avrei apprezzato una posizione più morbida da parte della CEI (sulla stessa linea dei colleghi tedeschi: sì alla “cosa”, ma nel rispetto dei principi cristiani).
      Ecco, una posizione di questo tipo avrebbe diminuito il rischio di incomprensioni…

      “Non potrebbe essere diversamente, altrimenti dal Vaticano avrebbero… richiamato all’ordine gli ecclesiastici elvetici”
      Mah… Diciamo che la questione dei preservativi nella Università Cattolica in Belgio non mi pare che abbia causato un ‘richiamo all’ordine’. Ma questo è un altro argomento…

      “inviterei tutti gli ecclesiastici di lingua tedesca ad abbandonare questa parola foriera di equivoci”
      Credo che in tedesco non si usi la parola Euthanasie perché ha preso un significato di “pulizia di massa”, un po’ come si usa di rado “Fuhrer” (lett. la guida) per un motivo abbastanza ovvio.
      Detto questo, non mi permetterei di andare a insegnare il tedesco a dei tedeschi (e Vescovi, per di più 😉 ).

    31. Alessandro

      Adriano

      “Morale della favola: le parole sono importanti! Ma ancora più importante è il significato che ci sta dietro”.

      D’accordo

      “E demonizzare “la cosa” (quella che personalmente chiamo testamento biologico e che tu vuoi chiamare con “dichiarazioni anticipate di trattamento”) di per sé e in modo assoluto non fa bene, soprattutto perché all’estero “la cosa” esiste in “salsa cristiana”.
      Direi che avrei apprezzato una posizione più morbida da parte della CEI (sulla stessa linea dei colleghi tedeschi: sì alla “cosa”, ma nel rispetto dei principi cristiani).
      Ecco, una posizione di questo tipo avrebbe diminuito il rischio di incomprensioni…”

      Non è che la CEI demonizzi la cosa “testamento biologico”, è che alla CEI la parola “testamento biologico” puzza (e anche a me, lo sai).
      Comunque, se sei d’accordo con la CEI nel non “demonizzare” le “dichiarazioni anticipate di trattamento” in “salsa italiana” (quelle votate alla Camera pochi giorni or sono), allora ti trovi (almeno in linea di massima) d’accordo con la CEI

      “Non potrebbe essere diversamente, altrimenti dal Vaticano avrebbero… richiamato all’ordine gli ecclesiastici elvetici.
      Mah… Diciamo che la questione dei preservativi nella Università Cattolica in Belgio non mi pare che abbia causato un ‘richiamo all’ordine’. Ma questo è un altro argomento…”

      Hai ragione, io non conosco l’episodio nello specifico, ma se in un’Università Cattolica fanno ‘ste cose e se fossi Bertone… beh, qualcuno non la passerebbe liscia

      Sulle “libertà” che si prende l’Università Cattolica (ma non troppo…) di Lovanio:

      http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/02/02/luniversita-di-lovanio-e-cattolica-lultima-parola-del-suo-rettore-di-ferro-e-no/

      “inviterei tutti gli ecclesiastici di lingua tedesca ad abbandonare questa parola foriera di equivoci”
      Credo che in tedesco non si usi la parola Euthanasie perché ha preso un significato di “pulizia di massa”, un po’ come si usa di rado “Fuhrer” (lett. la guida) per un motivo abbastanza ovvio.
      Detto questo, non mi permetterei di andare a insegnare il tedesco a dei tedeschi (e Vescovi, per di più)”

      Sai, di questa cosa ho parlato con persone che se ne intendono e sono sinceramente innamorate della Chiesa, non è che mi hanno dato torto, mi dicono che è difficile mutare consuetudini linguistiche (e li capisco), ma riconoscono che questo balletto tra Euthanasie e Sterbehilfe rischia oggettivamente di creare confusione nei fedeli (che i vescovi devono tutelare: un vescovo deve avere a cuore anzitutto la fede dei semplici)

    32. Adriano

      “Sulle “libertà” che si prende l’Università Cattolica (ma non troppo…) di Lovanio”
      Attenzione, io facevo riferimento a quella francofona di Nuova Lovanio…

      “è difficile mutare consuetudini linguistiche”
      Non solo: è anche pericoloso (basta ricordarsi del newspeak o del politically-correct, che poi sono la stessa cosa).

    33. Alessandro

      Su Lovanio ricordavo male.

      Sulle consuetudini linguistiche, sì, a volte è pericoloso cambiare, ma secondo me in questo caso qualcosa si potrebbe fare (ad es., almeno in documenti ufficiali, si potrebbe usare Euthanasie e non Steberbehilfe… la traduzione tedesca del Catechismo e del compendio del Catechismo non usa mai “Steberbehilfe”)

    34. Alessandro

      Adriano, scusa, nell’ultimo commento ho litigato un po’ con le lettere, ovviamente volevo scrivere “Sterbehilfe”

  21. Da “France Soir” 24 Dicembre 1951
    Babbo Natale è stato impiccato ieri pomeriggio alle grate della cattedrale di Digione e bruciato pubblicamente sul sagrato. Questa spettacolare esecuzione si è svolta alla presenza di molte centinaia di bambini e patronati.Era stata decisa in accordo con il clero, che aveva condannato Babbo Natale come usurpatore ed eretico. L’accusa rivoltagli era di paganizzare la festa di Natale e di essersi insediato in essa come un cuculo occupandovi sempre maggior posto. Gli viene rimproverato soprattutto di essersi introdotto in tutte le scuole pubbliche da cui il presepio è clamorosamente sparito. Domenica, alle tre del pomeriggio, lo sventurato brav’uomo dalla barba bianca è stato incendiato ed è svanito in una nube di fumo. Al termine dell’esecuzione è stato pubblicato un comunicato di cui riportiamo i brani essenziali: “In rappresentanza di tutte le famiglie cristiane della parrocchia desiderose di lottare contro la menzogna, 250 bambini, raggruppati dinanzi alla porta principale della cattedrale di Digione, hanno bruciato Babbo Natale.[…]Per noi cristiani la festa del Natale deve restare la solenne ricorrenza della nascita del salvatore.”

    1. Adriano

      Mi ha sempre fatto impressione quando vedevo bruciare manichini, o anche bandiere o pure libri…
      E poi Babbo Natale non è nient’altro che San Nicola trasformato (Sant Nicola = Sankt Nicolaus = Santa Claus).

    2. Alessandro

      Chi ha impiccato e bruciato un babbo natale ha fatto una indifendibile scemenza. Non è così che un cristiano deve richiamare l’attenzione su chi sia il vero Festeggiato a Natale (cioè, di Chi sia giorno natale quel giorno).

      Per completezza di cronaca, va detto che molta parte del clero francese non approvò la “prodezza”.

      Ma non meno ridicolo fu l’atteggiamento di quegli anticlericali che – li canzona Claude Lévi-Strauss – “si sono accorti dell’inattesa occasione che si presentava: a Digione e altrove si sono improvvisati protettori di un Babbo Natale minacciato”.

  22. paulbratter

    Elogio dei piedi, di Erri De Luca

    Perché reggono l’intero peso.
    Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
    Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
    Perché portano via.
    Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
    Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
    Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.
    Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
    Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
    Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.
    Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
    Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
    Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
    Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.
    Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
    Perché sono stati crocefissi.
    Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l’appoggio.
    Perché, come le capre, amano il sale.
    Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.

  23. Claudia Mancini

    Che fortuna, mi inserisco dopo una delle cose di Erri De Luca che preferisco 😉 Volevo solo dire che ho apprezzato le verità argute di Alessandro! Mi sono stampata un pò di copie del “Manifesto”, così quando incontro “relativisti”, “qualunquisti”, liberisti/liberali/libertini”, gliene farò omaggio, invece di litigarci. Finalmente, farò la figura della signora, almeno con loro. 😉

    1. Alessandro

      Grazie per l’apprezzamento, Claudia!

      Ho già avuto modo nei giorni scorsi di esprimerti il mio per il tuo bel post su Ratzinger Muraro Rossanda

  24. Fefral

    Alessandro, sono stata l’unica a ipotizzare che l’autore misterioso potessi essere tu, ora aspetto il premio promesso.
    Sul tema del tuo post ci sarebbe tanto di cui discutere ma sono donna e qui mi taccio 🙂
    (che differenza tra amare la libertà dell’altro e non pestargli i calli!)

    1. Alessandro

      ciao fefral, non dispongo io del premio promesso, la giuria provvederà 🙂

      Se ti va di discutere sul tema del post, sto all’ascolto, quando vuoi…

    2. admin

      @fefral:
      non sono così convinto che tu abbia vinto. Hai fatto sì il nome di Alessandro ma dopo aver fatto quasi tutti quelli degli altri. Mi appello alla giuria popolare!

    3. Alessandro

      Admin, in effetti fefral è l’unica che ha adombrato il mio nome, quindi se fosse per me il premio glielo darei 🙂

    4. admin

      se l’autore misterioso fosse la Rossana di Cyrano

      l’autore di lunedì è l’amico di costanza, paolo mi pare?,

      fefral

    5. fefral

      ok, ho dato tre possibilità, l’ultima in ordine cronologico è alessandro. Da tre a “quasi tutti” mi sembra ce ne passi 😉

  25. Caro Alessandro, scusa se non mi son potuto far vivo prima d’ora (certi giorni passano per ospedali, purtroppo, ma in fondo tutto ok): grazie del contributo – si sarebbe riconosciuta la tua firma… anche se non ce l’avessino scritto, ner blogghe, de chi era… 😀
    Vero che hai usato ingredienti sicuri: Paulbratter, retorica ellenizzante, perfino “apoftegma”… 😀 😉

    1. Alessandro

      Ciao Cyrano,
      ospedali? Spero niente di grave…

      grazie del tuo ringraziamento… hai visto che l’ho infilato “apoftegma”? Come al liceo, quando si sorteggiava una parola e ci si impegnava a inserirla nel tema d’italiano, quale che fosse l’argomento del tema…

      1. come al liceo, Alex! 🙂 «Gli anni d’oro del grande Real…»
        No, niente di grave, e comunque non era per me: ora torno nel mondo non-virtuale (non mi piace “reale”, come se questo non lo fosse) 😀

  26. ALESSANDRO: Lèvy-Strauss così conclude: “Grazie all’auto da fé di Digione, e in tutta questa singolare vicenda (il rogo di babbo natale n.d.r.) non è certo uno degli aspetti meno paradossali quello per cui, volendo finirla con Babbo natale, gli ecclesiastici digionesi siano solo riusciti a restaurare nella sua pienezza, dopo un’eclisse di millenni, una figura rituale, di cui si sono assunti il compito, con il pretesto di distruggerla, di provare la perennità.”

  27. Ho detto stronzata? Sì ho detto stronzata.
    Per stronzata intendo una cosa che fuoriesce ovviamente in una delle epoche più buie della storia (la nostra). Puzza questa cosa. Puzza di annichilimento della vita.
    Non c’entra nulla con uno che sta soffrendo e dice lasciatemi morire, no.
    Qui c’è premeditazione, considerazione del valore della vita in se pari a zero, valore utiliritaristico ed efficentistico della vita. Non parliamo della ricerca del significato della sofferenza. Qui si chiede anche la nomina di esecutori materiali. E’ l’apoteosi della morte. Come dopo l’uccisione di Eluana rimane solo un finale spettrale per chi rimane, per noi. Cosa insegnamo ai nostri figli, alle generazioni future, qual è la speranza, dov’è la nuova novella. Macabri e vigliacchi costruttori di morte. Natzgul vade retro.

    1. Adriano

      @ Luigi

      Libero di dire che il testamento biologico è una stronzata.
      La Conferenza Episcopale Tedesca non la pensa come te (v. sopra). E con questo no, non ti voglio indottrinare… 😉

    2. Roberto

      Splendido Luigi. E in questo annichilimento c’è, esattamente, anche l’annichilimento della libertà. Potrei pure articolare meglio il concetto, sì, ma di fronte a chi trova “meraviglioso” che lo Stato permetta il suicidio e lo promuova (ma allora non raccontiamoci balle, non stiamo parlando di opporci all’accanimento terapeutico, cosa per la quale NON serve alcun “testamento” biologico o meno) e poi ci ricavi anche organi per trapianti, di fronte a chi ha lasciato ormai annichilire a tal punto la sua retta ragione, cosa vuoi mai, perdere del tempo a discutere? A chi non si rende conto che, una volta inoculato un veleno del genere nella nostra società, i più deboli, i fragili, saranno spinti non più a sperare e combattere per poter vivere, ma solo a lasciarsi morire, di cosa vuoi discutere? Si può solo combatterci contro più e meglio che possiamo.
      “Vade retro Nazgul!”
      Comunque, anche se so che non servirà a nulla, lascio un link a un’articolo che ai tempi mi era piaciuto molto
      http://maschiselvatici.blogsome.com/2010/12/03/la-morte-di-mario-monicelli/

    3. @Roberto
      Il testamento biologico è fondamentale per evitare l’accanimento terapeutico, dal momento che registra le volontà di ognuno di noi e permette di certificarle nel momento in cui non siamo piu in grado di esprimerci.
      La libertà di morire rifiutando trattamenti sanitari che non vogliamo è diversa dal suicidarsi con una puntura.

    4. @Roberto
      Perfetto l’articolo, l’autore ha colto in maniera nitida l’essenza di questa cultura mortale e ha smascherato questi falsi medici.

      @Adriano
      La conferenza episcopale tedesca non si è mai confrontata con me per cui non entro nel merito. Io scrivo quello che penso io.

    5. Roberto

      Niente di più falso, caro cescocesto. Cioè, che il testamento biologico sia fondamentale per evitare l’accanimento terapeutico. Ma un’affermazione falsa non diventa vera, anche se viene ripetuta molte volte.
      La prima disonestà del ragionamento consiste proprio in questa affermazione gratuita.
      Non c’è nessunissimo bisogno di alcun pezzo di carta per impedire l’accanimento terapeutico, e il solo chiamare tale pezzo di carta “testamento biologico” è in sé una disonestà intellettuale allo scopo di creare una confusione tra due piani differenti, così da introdurre il principio che interessa ai fan del suicidio assistito come te (e non dirmi che non sei di costoro: dato che la tua unica reazione all’articolo della Bussola che ti ho linkato in giornata è stato un panegirico su quanto son belli i trapianti).

      La pretesa di disciplinare il fine-vita è solo uno stratagemma con il quale si vuole affermare la forza dello Stato (e della sua legge) sul valore della persona umana. Una volta che si sarà fatto passare a rigore di legge il concetto che si possa disporre della propria vita, quale essa sarà in futuro, attraverso un pezzo di carta (e da qua nasce l’insistenza di volerlo chiamare a tutti i costi “testamento biologico” – perché è cambiando di nome alle cose che si vincono queste guerre) si sarà piantato quel cuneo forzando il quale si potrà poi arrivare senza grande sforzo al suicidio di Stato.
      Perché quel che interessa adesso è far passare l’idea di poter disporre previamente della propria vita futura, stabilendo se essa sarà o meno “degna di essere vissuta”, mentre in realtà nel caso di qualsiasi cura medica l’unica cosa che deve contare è la volontà ATTUALE del paziente – e se essa non c’è più, l’unico a dover e poter decidere è il medico in scienza e coscienza, seguendo l’unico parametro di salvare la vita del paziente (salvo accanimento terapeutico, appunto).

      Qua c’è una ricerca interessante sul famigerato “testamento biologico”:

      http://www.documentazione.info/article.php?idsez=5&id=891

    6. @Roberto.
      Trovo difficile affrontare l’argomento accanimento terapeutico perché sembra che tu ovviamente parti dal presupposto che nessun trattamento sanitario è accanimento terapeutico (io definisco accanimento terapeutico tenere vivo artificialmente un paziente che si trova in una condizione irreversibile).
      Scendi un attimo nelle mie convinzioni, e prendi questo esempio: il paziente x è attaccato al respiratore, trattato con antibiotici e nutrito artificialmente. È in stato vegetativo, e si, forse prova anche dolore, ma il suo cervello non tornerà mai a farlo parlare, pensare, amare.
      Sua moglie lo vuole tenere in vita, e impone ai medici di tenerlo attaccato alle macchine.
      Lui non voleva, ma non c’è un documento che possa attestarlo.
      Questo non è accanimento terapeutico che poteva essere evitato?

      Poi ripeto, c’è un abisso tra i principi del testamento biologico e l’eutanasia. Il primo è un “lasciar morire”, il secondo implica un vero atto per far morire. Un atto che io potrei tollerare, ma che non mi aspetto che tutti accettino. Mentre mi aspetto che persone di buon senso accettino il rifiuto dell’accanimento terapeutico.

      Interessante l’articolo che mi hai linkato.
      È un esempio di applicazione sbagliata di principi giusti. È chiaro che un mezzo del genere deve essere monitorato e reso piu efficiente possibile.

    7. Alessandro

      “Niente di più falso, caro cescocesto. Cioè, che il testamento biologico sia fondamentale per evitare l’accanimento terapeutico”.

      Concordo con Roberto, l’astenersi dall’accanimento terapeutico è già un dovere del medico in quanto medico, per ottenere tale astensione non c’è bisogno di alcun testamento biologico. A meno che quello che si voglia ottenere è di costringere il medico a compiere eutanasia (commissiva o per omissione), magari spacciando il praticare l’eutanasia con l’astenersi dall’accanimento terapeutico. Insomma, bisogna dire chiaro che cos’è accanimento terapeutico (e si scoprirebbe che molto spesso il fautore del “testamento biologico” considera accanimento quello che è eutanasia).

    8. Alessandro

      @cescocesto

      “Poi ripeto, c’è un abisso tra i principi del testamento biologico e l’eutanasia. Il primo è un “lasciar morire”, il secondo implica un vero atto per far morire”

      Il fatto è che quello che tu chiami “lasciar morire” è eutanasia: eutanasia non è solo quella cosiddetta “attiva” (compiere un “atto per far morire”), ma anche quella omissiva (non nutrire chi non può nutrirsi da solo: questo è praticare eutanasia tramite omissione)

    9. È un fatto di sfumature, ovviamente.
      Per me si chiama “accanimento terapeutico” perché implica accanirsi dando medicine, sostanze e farmaci a un soggetto che non potrà guarire e non potrà svegliarsi. Io, in quelle condizioni, attaccato a tubi e macchine senza poter tornare indietro, non vorrei vivere. Punto.
      Se tu poi la chiami eutanasia passiva, allora sono a favore dell’eutanasia passiva.
      Alimentare e idratare un soggetto che non si sveglierà è accanimento terapeutico, punto. Che poi la chiesa non consideri alimentazione e idratazione trattamenti medici, è funzionale a rifiutare i principi stessi della libertà personale.

    10. Alessandro

      “Alimentare e idratare un soggetto che non si sveglierà è accanimento terapeutico, punto”

      Tua opinione. Come tale non ci sta proprio quel “punto”. Che tu sia favorevole all’eutanasia s’era capito. Oltretutto perché ci sia accanimento terapeutico è necessario che si pratichino delle terapie. Ma l’alimentazione e idratazione sono una terapia? Certo che no. Nessuno, quando mangia e beve, dice “sto seguendo la terapia di alimentarmi e dissetarmi”. Quindi, logicamente, se anche alimentazione e idratazione sono somministrate per via artificiale, continuano a essere sostegno vitale (come lo sono per me), non trattamento terapeutico.

    11. sai qual è l’etimo di terapia? “cura, guarigione”, continuare a somministrare trattamenti sanitari (sì, sono trattamenti, anche traumatici a volte) che NON HANNO ALCUN EFFETTO sul paziente se non di tenerlo in vita in uno stato di fatto irreversibile, stato artificiale che esiste solo perchè la medicina attuale è in grado di “bloccare” la morte ma non di evitarla, è accanimento terapeutico.

    12. Alessandro

      “sai qual è l’etimo di terapia?”

      Sì, lo so, ma non c’entra niente con quello che ho detto. Ho detto che la somministrazione di idratazione e nutrizione NON è terapia, ma sostegno vitale. E che quindi la somministrazione di idratazione e nutrizione, NON essendo trattamento TERAPEUTICO, logicamente non può configurare accanimento TERAPEUTICO.

    13. Io mi chiedo spesso -a questo punto delle encomiabilissime argomentazioni (e non scherzo)- su vita e morte e cielo e terra, quando l’una e l’altra parte sfodereranno -in fine- la spada almeno dell’onestà intellettuale: chiedersi, senza per forza rispondersi, quale sia il fine e quale il mezzo.
      Perchè se il fine è la vita, e il mezzo qualsiasi cosa per sostenere tale fine, allora ditemi perchè è male amarla tanto da sostenerla a oltranza. Con acqua, coca cola o flebo: senza accanimento d’accordo, ma chi decide cosa? Seppure ci fosse la bella dichiarazione scritta del morente “uccidetemi voi quando non sarò capace io”, chi di coloro che lo assistono può dar per certo che mentre muore, adesso, non sta cambiando idea, come quando davanti a una vetrina scelse un vestito ma poi rimpianse il rosso- era il viola che voleva, ma ALLORA non lo sapeva-?
      E dunque sono io così divinamente intuitivo da poter indovinare TUTTI i desideri ATTUALI dell’amato morente?
      Oh, quanto silenzio su quel letto travestito (solo) da dolore, e noi a escludere (a priori) che egli stia guardando Altro!
      -Ne abbiamo la certezza?
      – Avete risposto “No”?
      E dunque almeno sopravviva l’onestà INTELLETTUALE del tarlo del dubbio.
      Perchè io solo per DUBBIO (vestito verde? vestito viola?)
      non accontenterei nessuno.
      -Nemmeno a morire. Eccavolo.
      Ma forse il fine NON è la vita, ma quel ben conosciuto sapore di viverla, la vita, solo quando e perchè è SANA/PRODUTTIVA/OMOLOGATA.
      Come a dire: o è saporita, la mia vita, o non è degna d’essere vissuta.
      -Ma saporita per chi, poi?

    14. @alessandro:
      vabbè, potremmo pure buttarla sul filosofico e l’etimologico a questo punto.
      semplifichiamo allora:
      io in quelle condizioni non vorrei viverci. punto. nessuna coscienza o minima coscienza, trattamenti sanitari o sostegno vitale, io così non vorrei vivere. perché non posso avere la libertà di decidere del mio corpo?
      perché devono essermi imposte terapie che NON VOGLIO, se da cosciente sono libero di rifiutarle?

    15. Alessandro

      stai sconfinando nell’ognunismo più smaccato…

      C’è un Tizio che vuole suicidarsi. Vuole, sceglie di farlo: senza dat, senza testamento biologico, senza esprimere volontà “ora per allora”. Sceglie proprio lui, qui e ora, e proprio lui qui e ora dà corso alla sua scelta.
      Caio si accorge del gesto e lo vede a terra ferito. Pensa “se lo soccorro ledo la sua libertà: ha deciso di togliersi la vita, non vuole che qualcuno lo trattenga in vita”. Ma lo soccorre lo stesso. E non solo (dettaglio peraltro non trascurabile) perché altrimenti sarebbe accusato di omissione di soccorso, ma perché pensa: “che libertà è, quella di voler morire? Voglio aiutarlo a vivere. Devo aiutarlo a vivere”. Io la penso come Caio, e agirei così. Temo il giorno in cui la maggioranza delle persone non la penserà come Caio, non agirà come lui.

    16. tra il suicidio di una persona in normali condizioni di salute e di chi potrebbe utilizzare dat/testamento biologico c’è un abisso.
      1) chi tenta il suicidio solitamente lo fa in fase depressiva acuta
      2) chi chiede il ricorso all’eutanasia lo fa dopo anni di pensieri, meditazioni, confronto con gli altri. (pensi davvero che sia una scelta che si fa a cuor leggere?)
      3) il testamento biologico serve a non dover praticare l’eutanasia “passiva”: io non voglio la cura a, b, c. non somministrarmele, nel momento in cui sto male, perchè ne diventerò dipendente e tu per fermarti dovrai “fare eutanasia”.

    17. Alessandro

      “chi chiede il ricorso all’eutanasia lo fa dopo anni di pensieri, meditazioni, confronto con gli altri. (pensi davvero che sia una scelta che si fa a cuor leggere?)”

      Informati meglio. Chi chiede eutanasia è nella stragrande maggioranza dei casi una persona sola, che si sente un peso, che non è più circondata da affetti, cioè una persona che versa in situazioni depressive assimilabili a quelle dell’aspirante suicida.

      Ma scusa, se io non ti somministro le cure, come puoi dire che quella non sia eutanasia “passiva”, cioè omissiva? Ometto delle terapie che ti terrebbero in vita… e così ti lascio morire… se non è questa eutanasia “passiva” (meglio: “omissiva”), allora non so che cosa lo sia…

    18. c’è differenza tra eutanasia passiva e desistenza terapeutica.
      nell’eutanasia passiva ad esempio stacco il respiratore a un tracheotomizzato (vedi caso welby), nella desistenza terapeutica smetto di darti delle terapie. lo scopo delle terapie, ripeto, è guarire, non tenere in vita.. è per questo che ritengo che alimentazione-idratazione debbano essere tra i trattamenti che devono poter essere rifiutati.

    19. Adriano

      @ Luigi

      “La conferenza episcopale tedesca non si è mai confrontata con me ”

      Perché, secondo te avrebbe dovuto farlo?

    20. Alessandro

      cescocesto

      capisco la tua posizione, anche se non la condivido. Per me non somministrare terapie salvavita non è desistenza terapeutica, ma abbandono terapeutico, ossia eutanasia per omissione (quella che tu chiami “passiva”), che come tale è moralmente inaccettabile

  28. Alessandro, complimenti, 100 commenti, non è mica da tutti! (il mio è il 101° ma non dico niente di che, quindi…)
    @Daniela Y.: le stelle trapuntate sono su uno sfondo rosso?
    Buonanotte a tutti.

    1. Genny, se togli i miei interventi penso che il povero Alessandro non se l’è filato quasi nessuno. Scherzo, però oggi ho effettivamente esagerato. Mi unisco ai complimenti del post che non abbisognava di nessun emendamento.

    2. Alessandro

      Grazie Luigi, comunque le tue proposte di emendamento sarebbero ascoltate con la debita attenzione, stanne certo 🙂

    3. Si, sorellastra.
      Stanotte TUTTE le stelle trapuntate hanno uno sfondo rosso.
      Un letto di lacrime rosso sangue.
      Perchè è rosso il sangue di certe scoperte.
      E le lacrime non lo diluiranno.
      E potevate anche dirmelo che una Rossana già c’è.
      Oh.
      Ecchècavolodifratellic’ho, ah? (Questi giocano sporco, ora lo so)
      -FEFRAL, PROPRIO TU mi tradisti, eh?

      Siete TUTTI in punizione.
      Cattolicucci del cavolo, puah.
      Tutti in corner.
      Basta, io divorzio da voi.
      Tutti in punzioneeee!

      -Sporca buonanotte, ECCOME.

  29. angelina

    Sì Ale, complimenti per l’esordio (cosa altro staranno progettando Gli Autori?).
    E’ sempre bello seguire il flusso dei commenti, come oggi su eutanasia e testamento biologico. Comunque, rimango affezionata alle categorie libertà-verità, che peraltro sono misteriosamente connesse con l’essere-in-relazione che caratterizza la specie umana e la nostra povera esperienza quotidiana.
    Non so spiegarmi meglio, ma credo che ci sia anche un nesso con il post di ieri, e riguarda il fatto che ad una coppia di sposi spetta lo stupendo e immenso compito di lasciar intravedere e rendere ‘attraente’, tramite il loro amore e la loro relazione, la verità e la bellezza dell’amore di Dio.

  30. angelina

    c’era un altro pezzo..
    ‘Si diceva di loro “Guardate come si amano” e i pagani si convertivano perché vedevano la bellezza e l’importanza del loro volersi bene. L’amore si vede, non è virtuale, è reale.’
    Buonanotte

  31. admin

    OK fefral se Alessandro dice che hai vinto per me va bene.
    Come premio puoi scegliere

    1 Il santino con la preghiera alla Beata Colomba scritta da Costanza e approvata dal vescovo (da spedire via posta)

    2 l’autografo di Cyrano SENZA foto (è come chiedere a Batman una foto di Bruce Wayne)

    3 la pubblicazione di un post sabato

    attendo risposta.

  32. PERBACCO, ma questo è un tema da approfondire assolutissimevolmente. Un santino con la preghiera scritta dal Genio Cosmico ed approvata dall’Ordinario? (quello di Perugia?)

    1. Alessandro

      Una benemerenza sì ragguardevole avrebbe meritato campeggiare nel profilo della padrona di casa der blogghe!

    2. Beata Colomba da Rieti Vergine

      20 maggio

      Rieti, 2 febbraio 1467 – Perugia, 20 maggio 1501

      Nata a Rieti nel 1467, Angiolella Guadagnoli fu da subito chiamata Colomba, perché al fonte battesimale le si avvicinò proprio una colomba e ciò fu interpretato come segno di predilezione divina. Fin dall’infanzia, viste le severe penitenze che si infliggeva e la vita di preghiera che conduceva, fu considerata una piccola santa. Promessa in sposa a un nobile quando aveva appena 12 anni, rifiutò risolutamente il matrimonio d’alto lignaggio e sette anni dopo, nonostante l’opposizione della famiglia, vestì l’abito di terziaria domenicana. Si mise, poi, in cammino verso Siena, la patria del suo modello di vita, santa Caterina. Una serie di avversità la bloccò, però, a Perugia, dove rimase e fondò un monastero dedito all’educazione delle fanciulle nobili, chiamato delle “Colombe”. Dal 1488 al 1501, data della morte, si adoperò per sanare le discordie della città (fu ascoltata consigliera dei potenti Baglioni, i signori di Perugia). E la salvò dalla peste nel 1494. Il culto è stato riconosciuto da Urbano VIII nel 1627. (Avvenire)

      Martirologio Romano: A Perugia, beata Colomba (Angela), vergine della Penitenza di San Domenico, che si adoperò per pacificare la città divisa tra fazioni.

      Angiolella Guadagnoli, fu chiamata Colomba, perché al fonte battesimale si vide una misteriosa colomba scendere sul suo capo, simbolo, forse, di quella profusione di grazie che lo Spirito Santo avrebbe versato nella sua anima. Come il glorioso Padre Domenico, essa, fin dalla culla, rivolse il cuore a Dio, e iniziò, con passo deciso, l’ascesa verso la santità. Ancora in fasce si privava del latte materno. A tre, a sette, a dieci anni le sue penitenze uguagliarono quelle dei più rigidi anacoreti. Il cielo non solo la favori di altissima contemplazione, ma l’arricchì di doni straordinari, come la profezia, la scrutazione dei cuori e i miracoli. A dieci anni consacrò a Dio la sua verginità, e, per perseverare nel suo proposito e vincere le opposizioni dei genitori, si recise la bella chioma. Nella domenica delle Palme del 1486 vestì l’Abito del Terz’Ordine. Quindi per divina ispirazione lasciò la nativa Rieti, e si recò a Perugia dove fondò un Monastero Domenicano del Terz’Ordine, per l’educazione delle fanciulle nobili che fu detto delle “Colombe”. Anche fuori del Chiostro svolse un fecondissimo apostolato. Soccorse tutte le miserie dell’anima e del corpo, pacificò gli animi dei cittadini divisi da partiti e da lotte fratricide, stornò con le sue preghiere e con le sue suppliche i divini castighi, pronti a scagliarsi sulla città colpevole. Essa fu per i perugini l’Angelo inviato da Dio, troppo presto, però, tolto a loro, perché volò al premio, il 20 maggio 1501, a soli 33 anni. Papa Urbano VIII il 25 febbraio 1627 ha riconosciuto il culto.

    3. Alessandro

      Papa Urbano VIII il 25 febbraio 1627 ha riconosciuto il culto, e la dott.sa Costanza Miriano da Perugia ha concorso a diffonderlo.

    4. admin

      va bene, se fefral decidesse di non scrivere il post per sabato verrà pubblicata la preghiera.

    1. grazie della disciplina dell’arcano, admin… 😀
      Col fatto che mi fate firmare di tutto (Alessandro l’ha capito!) qua ‘manco mi ricordo cosa c’era in palio e cosa no! 😀

    2. fefral

      cyrano…. da te un tale comportamento non me lo sarei mai aspettato… rimangiarti la parola!

      1. ma no, figurati: è per dar maggior valore al “premio” – vuoi mettere, scusa, un oggetto assegnato ex officio o uno passato sottobanco con una strizzata d’occhio? 😉

  33. fefral

    @Alessandro “Se ti va di discutere sul tema del post, sto all’ascolto, quando vuoi…”
    ci sarebbe da parlare tanto di libertà….che è la vera alternativa all’ognunismo. Se un giorno avessi voglia di scrivere un post e me ne fosse data ancora la possibilità forse parlerei di libertà… ma per ora torno in silenzio 🙂 Forse così, citando giuliana, mi sarò persa il treno ma non mi sento pronta a scrivere qualcosa che possa avere più dignità di un semplice commento 🙂

    1. Alessandro

      Io resto in attesa… quando te la senti 🙂

      So che l’Admin non ti negherà MAI la possibilità di scrivere un post (se lo fanno scrivere a me, c’è speranza per tutti 😀 ), treni e non treni

  34. Laura C.

    Alessandro, che sorpresona….
    Ovviamente sono in riardissimo e ho letto solo ora il tuo post… sei un mito! Se non fossi:
    a)troppo vecchia e
    b)già sposata
    ti sposerei a scatola chiusa! Potrei stare ad ascoltarti per delle ore…
    Bravo Ale!!!

    1. Alessandro

      “Se non fossi:
      a) troppo vecchia e
      b) già sposata
      ti sposerei a scatola chiusa!”

      Mannaggia, per un pelo m’ero accasato! 😀 😀

      Comunque l’unico impedimento è l’essere già sposati, perché “troppo vecchia” certo non sei 🙂

      Ti ringrazio di cuore per l’apprezzamento, sei trooooppo generosa! 😀

      Buona serata!

  35. Barbara Favi

    Il post sull’ognunismo mi ha ispirato una riflessione. Dicono che noi atei e agnostici siamo inevitabilmente portati a scadere nel relativismo e nel lassismo. Che non crediamo in niente se non in vuota liberta’. Beh, in realta’ anche io credo – quindi, Alessandro, ecco la lista delle cose in cui credo.

    1) Credo che i miei cinque sensi mi diano accesso ad abbastanza comprensione del mondo che mi circonda per formulare delle ipotesi su cio’ che accade; credo anche nel mio cervello sia iscritta una regola di connessione causale che mi porta cercare delle spiegazioni per cio’ che accade
    2) Credo di essere abbastanza simile agli altri esseri umani per poter empatizzare con loro e capire i loro sentimenti; credo anche pero’ che la comprensione completa sia utopia impossibile da ottenere e dunque, spesso, se mi dicono che le mie deduzioni sugli altrui pensieri sono errate mi fido
    3) Credo che le possibilita’ che un Dio antropomorfo esista siano pari alle possibilita’ che una teiera stia, al momento, galleggiando nell’orbita di Marte; penso che l’inesistenza di Dio sia indimostrabile ma credo anche che non basteranno mille lettura di Bibbia, Corano, Upanishad o Focus per costruire in me la fede
    4) Credo che comunque, l’empatia che provo per chi mi sta attorno sia sufficiente perche’ io riesca a rispettare e amare quasi tutti e a tollerare senza danneggiare i restanti
    5) So di non essere in grado di far male a nessuno ma non mi sono mai trovata in situazioni davvero estreme e che dunque, forse, dovrei aspettare prima di parlare
    6) So di non avere nessuna vocazione per far carriera ma faccio il mio lavoro con gioia e cerco di farlo bene per quanto posso
    7) So di non avere nessuna vocazione per fare la madre, ma credo anche di essere una sorella fighissima, un’amica presente e affettuosa, una fidanzata amorevole (almeno nel caso attuale) e una figlia accettabile
    8) Credo che quando si ama davvero chi ci sta attorno, si abbia a cuore la loro liberta’ di scelta; la loro liberta’ di scelta puo’ comprendere la possibilita’ che ci deludano o ci abbandonino; l’abbandono e l’errore, tuttavia, appartengono ai fatti della vita a meno che non si leghi chi si ama al termosifone di casa (che, per qualche ragione, e’ illegale)
    9) Credo che si’, sicuramente, la liberta’ porti a errori ma credo anche che non ci sia gloria nell’essere buoni se ci si e’ obbligati
    10) Credo che forse cercare di sancire liberta’ che siano applicabili a tutti possa suonare buffo ma credo anche che l’alternativa sia spaventosa; e credo anche che chi scherza sugli articoli 3 e 21 della Costituzione Italiana lo faccia perche’ non ha mai vissuto quando la Costituzione non era ancora stata scritta. Credo anche che se Don Sturzo, o De Gasperi, o Tina Anselmi, o Pertini li sentissero, tirerebbero loro le orecchie fino a renderle viola.
    11) Credo che quando cose orrende succedono sulla terra, non sia colpa del demonio ma colpa degli esseri umani – quel che accadeva nella Escuela Superior de Mecánica de la Armada negli anni ’70 lo hanno ordinato Videla e la CIA non satana, come anche e’ stato voluto da degli uomini quello che accadeva nei gulag e nei campi di concentramento. Ma credo anche che quando ti metti le mani tra i capelli e pensi che l’inferno non possa contenere nulla di nuovo rispetto a cio’ che e’ passato sotto il nostro sole, ecco, e’ il momento in cui qualche essere umano ti stupisce e capisci che non tutto e’ perso e che le persone sono anche grandi e nobili
    12) Credo di non avere proprio nulla contro i cristiani o i musulmani o gli ebrei o… ma credo anche che la legge morale dentro di me non abbia niente, proprio niente, a che fare con la religione
    13) Credo che al “Se non ora quando” di Siena abbiano davvero partecipato solo due gatti ma, per favore, non dite che era opera del Demonio! Ero in mezzo a quel milione di uomini e donne scese in piazza il 13 febbraio del 2011 e, vi assicuro, le nostre intenzioni erano politiche e sociali – volevamo fare qualcosa per migliorare la vita di tutti (che si creda nell’efficacia del gesto e’ un discorso, ma la buona fede c’era di sicuro). In piazza si camminava insieme, si chiacchierava con sconosciuti dandosi del lei, erano molti i sorrisi e ci si scusava se ci si urtava per sbaglio. Del satanasso, manco l’ombra

    1. Alessandro

      Cara Barbara,
      ti ringrazio di aver condiviso con noi le tue convinzioni intime.
      Visto che le hai condivise, interloquisco rispettosamente al riguardo.

      Che un ateo e un agnostico abbia convinzioni è fuori di dubbio, perché è ovvio che chiunque agisce liberamente sceglie A e non B sulla base di convinzioni (atee, agnostiche, cattoliche, protestanti, islamiche o che altro). Sono così inguaribilmente ottimista che penso che ci si possa confrontare sulle convinzioni: nella vita mi è capitato di cambiarne alcune (e non di irrilevanti) perché altri mi hanno mostrato in modo convincente (senza conculcare i miei intelletto e libertà) che erano convinzioni fallaci.

      Il Dio cristiano non è “antropomorfo”, è proprio un uomo (vero Dio e vero uomo). Al riguardo la mia convinzione è che Dio possa, se vuole, far galleggiare una teiera nell’orbita di Marte

      “Credo che si’, sicuramente, la liberta’ porti a errori ma credo anche che non ci sia gloria nell’essere buoni se ci si e’ obbligati”
      Buono è chi esercita la propria libertà per il bene. La libertà non è necessità (“obbligo”). Un cattolico si sforza di esercitare la propria libertà per il bene, e quindi se è buono lo è liberamente (non per obbligo, non per necessità)

      “So di non essere in grado di far male a nessuno”. Consentimi la franchezza: anch’io sono convinto di non essere in grado di far male a una mosca, ma so che (mannaggia a me) questa mia convinzione è superba

      “e credo anche che chi scherza sugli articoli 3 e 21 della Costituzione Italiana lo faccia perche’ non ha mai vissuto quando la Costituzione non era ancora stata scritta. Credo anche che se Don Sturzo, o De Gasperi, o Tina Anselmi, o Pertini li sentissero, tirerebbero loro le orecchie fino a renderle viola”.
      Se parli di me, io non scherzo affatto sugli artt. citati, né li contesto (magari senza scherzare).
      Quanto a Sturzo, non sono il massimo esperto del suo pensiero, ma l’ho letto abbastanza per ritenermi (indegnamente) uno sturziano convinto (ho la tessera ideale del partito popolare…): come don Sturzo cattolico (almeno cerco!) fino al midollo, rispettoso in tutto e per tutto della Chiesa e del Magistero, e come lui sinceramente democratico.

      Ti ringrazio per aver condiviso con noi le tue convinzioni, buona giornata!

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