Le Chiacchiere dello spogliatoio 2

Anche oggi, in nome del riposo domenicale, ho pensato di pubblicare questa vecchia (è del 2004) puntata delle Chiacchiere dello spogliatoio che scrivevo per un giornale di sport, California.

Niente di imperdibile, ma così… Mi faceva piacere.

Ci sono stati degli anni, quasi dieci adesso che ci penso, in cui parlavo più con il mio allenatore che con i miei genitori. Erano gli anni dell’adolescenza, è vero, e capita a tutti di cercare figure di riferimento fuori della famiglia. Ma oltre a questo c’era il fatto che con l’allenatore passavamo, io e i miei compagni di atletica leggera, praticamente tutto il tempo che la scuola, e poi l’università, ci lasciava.

Con lui, il nostro si chiama Moreno Bottausci, dividevamo la gioia per i successi e la rabbia per le sconfitte, lui ci portava a scegliere le scarpe giuste o a farci fare un massaggio dal fisioterapista, lui ci accompagnava alle gare in trasferta, a lui spettava ogni giorno il verdetto che ci avrebbe consegnato a chissà quali fatiche (e con quale ansia aspettavamo le sue parole quando uscivamo dallo spogliatoio, pronti per l’allenamento: “oggi si fanno dieci quattrocento!”), lui veniva anche a casa, a buttarci giù dal letto nei giorni di festa, se per caso gli saltava in mente che dovevamo fare 25 chilometri a passo sostenuto, così tanto per non perdere una mattina inutilmente. Di discutere non se ne parlava: lui ci dava tutto il suo tempo e le sue energie, noi non lo avremmo mai tradito rifiutandoci di fare fatica, o protestando. La nostra reciproca dedizione era totale, e la passione per l’atletica era assoluta. Non ho mai più avuto una simile totale incondizionata adesione con nessuno, e ancora per molti anni, dopo che ho smesso di allenarmi a livello agonistico (ma non di correre!), ogni volta che ho avuto una figura di riferimento, un professore, un padre spirituale, un caporedattore, finiva invariabilmente che, almeno una volta, mi sbagliavo e lo chiamavo Moreno.

Qualche mese fa, erano anni che non lo vedevo, stavo tornando dalla mia corsa serale strappata a fatica tra un impegno e l’altro: era ancora inverno, faceva freddo, era buio, e mi accingevo a preparare la cena ai bambini, chiedendomi ancora una volta, come sempre quando fa freddo e sono stanca, chi me lo avesse fatto fare di andare a correre. E’ stato allora che ho visto una macchina ferma sul ciglio della strada, con un signore che mi guardava. Oddio, guarda me… Pronta con il cellulare a chiamare i soccorsi mi sono avvicinata ostentando disinvoltura, quando mi sono accorta che era lui, il mio allenatore, che mi aveva riconosciuto (chi altro poteva correre con quel buio e quel freddo, e con quella andatura a lui così familiare, visto che me l’ha insegnata lui?) e si era fermato per salutarmi. Ero così genuinamente felice di rivederlo che ancora mentre parlavo mi chiedevo perché mai non mi fosse venuto in mente di andare a cercarlo io per prima, per salutarlo. E’ vero, vivo in un’altra città, ma ci avrei dovuto comunque pensare prima!

Moreno, dopo un’infinita serie di abbracci e pacche sulle spalle, mi ha raccontato dei ragazzi che allena adesso: alcuni bravi (che invidia, che nostalgia!), molti incapaci di soffrire e sacrificarsi come eravamo io e i miei compagni, che adesso abbiamo appena superato la trentina. E mentre ricordavamo gli anni passati insieme, i pianti (nostri) e le sfuriate (sue) quando non riuscivamo a finire l’allenamento, e la voglia di farlo comunque, quando il segnale che si poteva andare a casa ce lo dava solo un mal di pancia ce non ci consentisse di stare in piedi, mi sono ricordata dove ho imparato la disciplina che tante volte mi è stata preziosa. E’ da quei lontani pomeriggi dei tempi della scuola media che mi viene la capacità di sopportare la fatica, è questa la storia che dovrei raccontare quando mi chiedono “ma come fai a non essere mai stanca?”, è quella la fiaccola che cerco di non far spegnere mai, quando i giorni si passano il testimone, uno dietro l’altro, sempre pieni, sempre complicati, ma uno spazio per la luce della corsa si trova quasi sempre.

Grazie, Moreno.


10 pensieri su “Le Chiacchiere dello spogliatoio 2

  1. In effetti lo sport aiuta molto, soprattutto quando si è giovani o magari addirittura piccolini, a formare il carattere…io ho giocato per moltissimi anni a basket e, oltre alla disciplina, mi accorgo che mi ha aiutato molto a giocare di squadra e ad avere un approccio agonistico “sano” e leale nei confronti della vita e degli avversari/concorrenti

  2. Buongiorno a tutti e buona domenica!!
    Siccome IO questa notte a l’una ero a vedere il Giappone muto di Guido e poi mi sono crollati gli stecchini dagli occhi ma mi è parso di addormentarmi con un aggiornamento del TG3 con sigla Foxie Lady e ne ho maturato uno strano senso di estraneazione, stamattina faccio decisamente fatica a carburare.
    In più c’è l’ora in meno (visto?), mio marito sta già facendo la pasta all’uovo (perchè lui è un raro caso, dice, di “Sposati e sii sottomessO) e io ho un programma una Bavarese alle fragole che deve riposare un bel pò in frigo, insomma adesso ho da fare ma vorrei tanto commentare questo bellissimo post di Cost (figo eh?) sui modelli in adolescenza, perchè io la leggo così.
    Cercherò di farlo più tardi.
    Intanto volevo dire a Costance che anche io ho preso dei contatti a Trento per il suo libro e che anche io ho delle idee per nuove scritture 😉 ma magari ne parleremo quando verrò a Roma..quest’estate 😉 😉

    1. raffaella

      Mmmhh, la Bavarese di fragolee!! Mi viene in mente che può essere una gustosa metafora del matrimonio. Tutti gli ingredienti devono essere perfettamente dosati ma soprattutto la gelatina (che costituisce quel qualcosa che lega insieme tutti gli elementi)deve essere nella giusta quantità: non troppa, altrimenti il risultato sarà colloso e appiccicoso ne’ poca altrimenti il dolce non avrà consistenza e si smonterà facilmente. Ma se tutto è ben equilibrato la bavarese è una delle prove dell’esistenza di Dio (e anche il matrimonio)Buona domenica e buon pranzo!!

      1. Di fatti noi, che crediamo anche nelle prove dell’esistenza di Dio, oltre che (io) in Dio, ci mangiamo la Bavarese con grande…credenza!
        Devo dire che dopo questo tuo richiamo, Raffaella, sono andata subito a controllare in frigo e la gelatina sta facendo il suo ruolo.
        In questo momento Dalila (la figlioccia) sta vedendo il servizio di Guido dal link (ma IO l’ho visto alle una!!!) e con i suoi 13 anni (quasi) è colpitissima di vedere il nome di Guido scorrere sullo schermo 🙂
        Ma io volevo chiedere….Raffaella sei tu…la sorella di Guido ??

    2. guido

      grazie per essere stata sveglia fino a quell’ora ( e con l’ora legale, tecnicamente le 2!)

    3. raffaella

      Si sono proprio la sorella di Guido nonché cognata della sposa sottomessa! Bentrovata Paola, è davvero un piacere risentirti, sia pure via blog. Sono rimasta impressionata dall’età dei tuoi figli anche perché, da quello che scrivi, mi sembri sempre la ragazza estroversa ed entusiasta che ricordo. E questo, dopo tanti anni, mi sembra bellissimo. Auguri per i tuoi ragazzi!

  3. Ciao Raffaella anche a me fa piacerissimo risentirti!!!
    Sull’estroversione e l’entusiasmo avrei qualcosa da commentare : sì estroversa lo sono ancora, nonostante Trento 🙁 . Entusiasta insomma…è che io sono innamorata di tuo fratello, tua cognata e di tutti e quattro i tuoi nipoti (non mi riprendo ancora dagli scritti di Tommaso che NON SONO ANCORA STATI RIPUBBLICATI) e quindi quando ho a che fare con loro sono sempre allegra ed entusiasta. Questo blog poi è una vera figata.
    Chiudiamo con contrizione sulla “ragazza” : guarda che ridendo e scherzando è iniziato il conto alla rovescia verso i 50 anche se sì, indosso ancora le magliette con snoopy e non batto ciglio!
    Venendo a colui per il quale ho fatto le 1/2 con l’ora legale.. per essere precisi ho messo la sveglia alle 1 : quando ho acceso c’era Bossi poi il Giappone e poi Foxie Lady…quindi l’ho rivisto dal link ed è proprio bello poi sotto ho visto che ce ne sono altri quindi tornerò a guardare.
    Chiudo anche questo passaggio dicendo che il pranzo constava nella pasta all’uovo del marito sottomesso con condimento di piselli, panna, zafferano , fatto da me; il figlio grande è uscito per festeggiare 6 mesi con la morosa, con tanto di regaluccio e fiori e disponibilità a farsi il viaggio in treno perchè lei non abita in città. Io mi sto facendo la tinta, poi mi mangio la bavarese, poi ho un libro da finire (che potrebbe interessare anche a Costanza perchè parla di madri), un film da vedere (Nicolas e i suoi genitori) e mia figlia, anzi la figlioccia, mi ha appena portato un bellissimo disegno-copertina del libro che sta leggendo per la scuola…è proprio brava, padrini!
    Vi lascio : il figlio con fiori e morosa e la tinta sono in riferimento al tempo che passa; tutto il resto al fatto che non so se ce la farò a lasciare un post al post di Cost 🙁

  4. Dopo aver svolto almeno una parte dei miei programmi compreso aver mangiato la bavarese che era un po’ frolla e sbilenca ma Buonissima, aver finito il libro sulle madri che sicuramente spedirò in parte anche a Costance, dopo aver visto e dopo anche consigliare la visione del film franco-belga IL PICCOLO NICOLAS E I SUOI GENITORI, ora che mi manca “solo” la cena, lo stiro e lo stendipanni, trovo qualche minuto per scrivere qualche cosa in commento all’input di Costanza.

    Due cose mi hanno colpito :

    (chi altro poteva correre con quel buio e quel freddo, e con quella andatura a lui così familiare, visto che me l’ha insegnata lui?)

    e

    mi ha raccontato dei ragazzi che allena adesso: alcuni bravi (che invidia, che nostalgia!), molti incapaci di soffrire e sacrificarsi come eravamo io e i miei compagni, che adesso abbiamo appena superato la trentina. E mentre ricordavamo gli anni passati insieme, i pianti (nostri) e le sfuriate (sue) quando non riuscivamo a finire l’allenamento, e la voglia di farlo comunque, quando il segnale che si poteva andare a casa ce lo dava solo un mal di pancia ce non ci consentisse di stare in piedi, mi sono ricordata dove ho imparato la disciplina che tante volte mi è stata preziosa. E’ da quei lontani pomeriggi dei tempi della scuola media che mi viene la capacità di sopportare la fatica, è questa la storia che dovrei raccontare quando mi chiedono “ma come fai a non essere mai stanca?”, è quella la fiaccola che cerco di non far spegnere mai, quando i giorni si passano il testimone, uno dietro l’altro, sempre pieni, sempre complicati, ma uno spazio per la luce della corsa si trova quasi sempre.

    Ci sarebbero tante cose da dire : sul fatto che c’è sempre bisogno di bravi maestri e buoni modelli; sul fatto che questi, non solo ci insegnano a camminare, ma anche uno stile per farlo e, soprattutto, insistono nel dirci di rialzarci quando cadiamo e di resistere quando facciamo fatica.
    Essi sono necessari perchè spesso i genitori, che fanno comunque tanto se non l’impossibile, non fanno tutto e non possono farlo.
    Io non ho avuto grandi modelli in adolescenza anche perchè, come scrivevo qualche giorno fa, i modelli ce li ho avuti soprattutto durante l’infanzia, in tutto 3 donne, tutte insegnanti (la prima è stata la maestra d’asilo dai capelli rossi, Carolina poi altre due ma ora non mi dilungo), avevo una sorella maggiore, che viveva lontana da me e lei è stata sicuramente importante e un punto di riferimento.
    Dicevo che non ne ho avuti molti, sbocconcellavo qui e là, ma oggi vorrei tanto che i miei figli ne avessero. Entrambi fanno musica e pensavo che questo fosse un buon ambito, ma finora non lo è stato.
    Mia figlia ha davanti a se qualche attrice o qualche cantante e qualche rivista per giovani ma credo che la grande che ami di più è la sua insegnante di religione, perchè è sempre entusiasta e affettuosa e, soprattutto, parla, comunica, anche troppo. Io a casa mi fotocopio il materiale che usa coi ragazzi perchè è splendido. Ad una gita questa prof ed un’altra hanno accompagnato la classe a fare un’attività ed era richiesto ai ragazzini di complimentarsi con un adulto. Ebbene si era fatta la fila di fronte a questa, Monica, e niente all’altra! E la Monica continuava ad occhieggiare e fare segno di andare anche dalla collega!!
    Mio figlio anche non ha grandi guide però è stra-contento quando qualcuno lo prende per mano : subito si mette ad imitarlo. L’anno scorso aveva un bravo maestro di coro e lui voleva mettersi a comporre musica polifonica; ora ha uno stravagante insegnante di arte scenica che lo ha praticamente adottato e ovviamente ora lui vuole recitare. A proposito: il suo primo melodramma è andato molto bene, lo hanno truccato, pettinato, trasformato e tutto l’allestimento era splendido.
    Adesso dice che il palcoscenico è la sua vita.
    Staremo a vedere….

    Infine ci sarebbe tanto da dire sul fatto che i giovani di oggi non sanno sacrificarsi e soffrire e nemmeno allenarsi : quant’è vero …e secondo me è perchè non hanno molte fiaccole accese davanti a loro, non hanno gente felice e contenta di vivere, non hanno adulti motivati e appassionati, anzi..
    Torno alle mie faccende : ricetta serale, poi stirare e stendere. Qual’è la fiaccola ? Il domani, le persone che devo incontrare, magari aiutare, il sorriso dei miei figli, qualche novità, qualche buona notizia, chiudere la serata sul divano col marito a vedere la grande Litti.
    Spero di non essere troppo terrena per questo blog
    Ciao a tutti

    1. Sei grande, Paola! Pensa che io ero un ostacolista (110 h), se non ricordo male un paio di volte (o tre?…)campione regionale allievo e junior. E vedevo le vostre colleghe fondiste e mezzofondiste tostissime a macinar chilometri (cosa che personalmente ho sempre odiato. che noia!…).
      L’atletica è stata una grande scuola …

  5. Alberto Conti

    Anche se in ritardo (sopratttutto per i tempi di internet) voglio ringraziarti per questo articolo che mi ha commosso facendomi tornare in mente il mio vecchio allenatore di nuoto che è stato in primo luogo un educatore e questo nonostante fosse ateo e molto critico nei confronti della Chiesa.
    Quello che ricordo con particolare affetto, oltre ad avermi insegnato ad impegnarmi per un risultato (ero uno Zero Rendimento assoluto), era il rispetto e la stima per l’altro, anche per quel bambino petulante che in trasferta si andava a cercare da solo la messa domenicale (ero già un baciapile allora).
    Se n’è andato l’anno scorso (senza funerale cattolico, ma il crocefisso nella camera ardente c’era), ciao Dado e grazie ancora.

I commenti sono chiusi.