La vita dopo l’aborto

deep-end

di Costanza Miriano

Alessandra aveva diciannove anni quando si è accorta di essere incinta. Era stata cresciuta da una madre emancipata, separata, fieramente autonoma. Alessandra era libera di fare tardi la sera, di dormire fuori, di fare quello che voleva con i ragazzi. La sua mamma per lei era un mito, così diversa dalle altre, così poco opprimente. Perciò è stato naturale per lei correre dalla madre per quell’emergenza, come è stato naturale per la madre portarla dal suo ginecologo, che senza battere ciglio l’ha indirizzata verso l’”eliminazione di quel grumo di cellule”, del quale si è ben guardato di mostrare la vera natura – un cuore che batte, una vita che pulsa da subito! – alla ragazza, “per non impressionarla”. Nessuna alternativa proposta, neppure uno dei colloqui previsti, obbligatori, dalla 194.

Alessandra è stata portata in uno stanzone da cui le madri, una ad una, venivano portate via, addormentate, e liberate del problema. Il risveglio per lei è stato traumatico, per una brutta infezione, e poi, guarita nel corpo, le cose sono andate sempre peggio. Angoscia, tristezza, impossibilità di avere rapporti col suo ragazzo. Una storia finita, poi qualche altra, ma niente che colmasse il vuoto. Intanto per lei era diventato insopportabile il solo pensiero di uccidere un essere vivente, così è diventata vegetariana di stretta osservanza, e se vedeva una coccinella annaspare nell’acqua dal bordo della piscina si spogliava e si tuffava a salvarla, anche se si era appena rivestita per andare a casa, tanto era il dolore che le procurava  l’idea di non avere fatto niente per salvare quell’insettino. Per connettere il dolore alla sua vera causa, l’aborto, ci sono voluti un sacco di anni. Anni in cui ha anche deciso di essere pronta per avere bambini, che però poi non sono più arrivati. Quasi venti anni di sofferenza, mutante, strisciante, sotterranea o esplosiva, manifesta. Culminata con un tentativo di suicidio che è stato per lei come toccare il fondo con le gambe e così darsi una spinta per risalire.

So che ci sono tante sostenitrici dell’aborto che negano che debba essere necessariamente per tutte un trauma, ma io faccio molta fatica a crederlo. Alessandra per esempio era, per sua dichiarazione, atea e bestemmiatrice convinta. Nessun senso di colpa indotto dalla Chiesa può essere responsabile di quello che le è successo dopo. Lei è il prototipo della donna libera, priva di condizionamenti religiosi, bella, bellissima, se questa informazione c’entra qualcosa, intelligente, simpatica e piena di amici. Ma non riusciva proprio a perdonarsi, perché non aveva chiamato per nome quello che aveva fatto, e quindi era lei la prima a non chiederlo, quel perdono, a pensare di non meritarlo.

Poi nella sua vita è arrivato l’amore sconfinato e misericordioso di Gesù, che l’ha ripescata a un passo dal baratro, e la sua vita ha cominciato a rifiorire. È stata perdonata con sovrabbondanza di tenerezza, e ha ricominciato a sorridere. Si è avvicinata, prima piano piano poi con l’ardore di chi non può più respirare senza, alla preghiera, ai sacramenti.

Ho ascoltato la testimonianza di Alessandra qualche anno fa, al convegno il giorno prima della Marcia per la Vita; una grandissima donna che ha avuto il coraggio di  mettere a nudo il suo cuore, buttato in pasto a trecento ragazzi, esposta al loro giudizio, parlando dei suoi errori senza farsi sconti, prendendosi tutte le responsabilità, forse anche quelle non sue. Perché io ascoltandola continuavo a pensare a tutti i condizionamenti che ha subito senza difese, senza anticorpi, senza strumenti per farsi un giudizio diverso da quello dell’ideologia imperante. Nessuno le ha mai prospettato una strada diversa, nessuno si è messo a camminare al fianco di una ragazzina giovanissima e inesperta, per vedere se c’era il modo di aiutarla a tenere il suo bambino. Tutti quelli che aveva intorno, anzi, le hanno detto che era coraggiosa e forte a liberarsi di quel problema per seguire la sua strada, per realizzare i suoi sogni. Non so davvero cosa avrei fatto al posto suo, non lo so.

Alessandra racconta la sua storia, forse con dolore e fatica (ma non si vede, è così dolce e sorridente!), ma lo fa perché spera di aiutare qualche ragazza a capire che l’aborto è una morte doppia, di una mamma e di un bambino. Accetta di farsi umile, umilissima, e di farlo davanti a tutti, anche senza conoscere i suoi interlocutori, anche a rischio di essere giudicata. Accetta di farlo per amore, per salvare qualche vita.

Sono sicura che già lo ha fatto, che già con le sue parole ha salvato almeno un bambino, ed è così diventata madre, in un altro modo, coraggioso, umile, senza avere niente in cambio.

post già pubblicato il 15 maggio 2013

***

8 maggio 2016 a Roma

La Marcia per la Vita

tutte le informazioni su marciaperlavita.it

 

86 pensieri su “La vita dopo l’aborto

  1. gianfranco Falcone

    Grazie, Costanza. Coraggiosa Alessandra ma anche più coraggiosa tu che remi contro una corrente ogni giorno sempre più impetuosa.

  2. lumpy

    Devo però notare -con mio sommo sgomento- che ultimamente l’aborto avviene con più leggerezza. Ho una carissima amica che lavora alle prenotazioni in ospedale e mi dice che quella che una volta era una prenotazione difficile, fatta a occhi bassi e con la voce rotta, ora è in molti casi richiesta da una voce annoiata, spavalda, quasi di routine. La propaganda sulla contraccezione ecc ha fatto sì che anche nelle singole coscienze l’aborto venga de-penalizzato e ho paura che di Alessandre, cioè di persone che si rendono conto di quanto fatto e se ne pentano pubblicamente, ne avremo sempre meno. Per non parlare della pillola del giorno dopo (o dei 5 gg dopo): molte ragazze la prendono come se fosse una caramellina e ancor più ora che è libera a banco. Se fate un giro su internet vi rendete conto del fatto che la preoccupazione principale sia se tale pillola faccia ingrassare oppure se sia veramente efficace, non del suo potenziale abortivo. Mi spiego meglio: ho l’impressione che fino a qualche anno fa l’aborto fosse un passo difficilissimo nella vita di una donna, che lasciava un enorme segno. Ora, invece, pare più un incidente di percorso: ora non mi va, ora non ho tempo, è un bambino imperfetto, non sto più con il padre, non so chi sia il padre, mi devo realizzare, non ne ho francamente voglia, è down (ecc ecc)… e via, basta un poco di zucchero e la RU va giù.

    1. Temo lumpy tu abbia perfettamente (e tristemente) ragione…

      L’effetto di “addormentamento delle coscienze”, è ottenuto anche qui come sui tantissimi altri fronti, dalla mentalità del Mondo (che si traduce in molteplici messaggi e “messaggeri”) che tutto fa passare come un “normalissima normalità” che rifugge e modifica persino le terminologie – che già “aborto” è termine da evitare, meglio “interruzione di gravidanza” o acrostiche e inunfluenti sigle…

  3. .lumpy:

    ..probabilmente è vero quello che dici. L’aborto non è (scrivi ) più un dramma.
    Tanta sofferenza in meno, secondo me (con buona pace di Pasolini e della Fallaci).
    E il bambino non nato? Appunto, è non nato!

    1. Ogni tanto Alvise non sai neppure di cosa parli, ma parli!!

      “Tanta sofferenza in meno, secondo me…”
      Una vera IDIOZIA, secondo me!

        1. Idiozia l’affermazione… mai pensato del tuo solo pensare, diversamente ti penserei un idiota e perché allora meravigliarmi o sottolineare che hai detto (secondo me) un’idiozia?

  4. …vorrei farti presente, Bariom, che non me ne avrei punto a male del fatto che qualcuno mi considerasse un imbecille.
    Aanche io mi autoconsidero un imbecille per tutte le imbecillità che continuo a scrivere, Ma le scrivo perché le penso e questo vuole proprio dire che sono imbecille alla radice, in quanto lo stesso fatto di pensare le cose che mi viene di pensare è riconosciuto (almeno dai più del blog) da imbecille, e quindi pura e semplice imbecillità. Due ce n’è categorie
    di persone: 1 gli imbecilli 2 i non imbecilli. Io sono un imbecille perchè affermo cose da imbecilli (e le penso) (se si pole considerare pensare pensare cose da imbecilli).

    1. Dal latino: imbecillis, composto da in senza baculum bastone.

      Originariamente significava debole, fiacco, malfermo: chi è senza bastone (avendone invece bisogno) appare fragile, impotente, senza forze.

      Così è l’intelligenza, il buon senso o il giudizio dell’imbecille. Non sta sulle sue gambe, impotente.

      Si veda che quindi questa parola, seppur di dispregio, esprime un dispregio meno gratuito di quanto normalmente sembri quando si grida clacsonando per una precedenza rubata. L’imbecille ha un suo perché, e nei discorsi più raffinati (magari con persone aperte ai significati etimologici) si può anche ardire d’usare questa parola nel senso proprio di debolezza – riuscendone a salvare la splendida immagine: così potrebbe essere imbecille un’opinione campata in aria, un’argomentazione illogica, un atteggiamento fiacco.

      E oltretutto, col senno di poi, diventa una delle ingiurie più eleganti e puntuali che si possano scagliare.

      Testo originale pubblicato su unaparolaalgiorno.it: http://unaparolaalgiorno.it/significato/I/imbecille

  5. Enrico

    Credo si debba fare una distinzione tra pillola del giorno dopo e aborto per quanto riguarda gli effetti sulla donna. Mentre la PDGD penso possa essere assunta ‘al bisogno’ senza troppi problemi ( di coscienza ), l’aborto, stando a quel che scrive Alessandra (e non solo lei), ne crea anche a chi prima se ne fregava di religione, problemi morali e via dicendo. E tutte le persone così prodighe di consigli pro-aborto di prima, scompaiono quando la donna sta male per quel che ha fatto.
    Credo quindi che sebbene l’aborto sembri non essere più un dramma prima, come scriveva lumpy, continuerà ad esserlo dopo. E quindi sbaglia secondo me filosofiazzero nel pensare che ci sia meno sofferenza.
    Un appunto sui ginecologi (e medici vari). Si parla tanto di alleanza tra medio e paziente ma se c’è uno specialista che se ne frega di questa alleanza è il ginecologo (parlo in generale, ovvio che esistono le eccezioni). Se c’è un medico che non spiega cosa sta prescrivendo alla paziente (pillole, spirali, PDGD) è il ginecologo. Come dargli torto? Lui sa cosa è meglio per la paziente, perché spiegare e rischiare che quella stupida non segua i consigli per le sue idee retrograde, succube com’è della superstizione cristiana?

    1. @Enrico, la pillola abortiva Ru486, ha delle grandissime controindicazioni per la donna sul piano fisico (lasciamo per un attimo stare quello psicologico che si può assommare in un secondo tempo) e c’è chi ci ha rimesso la vita…
      Basta fare un piccola ricerca, anche per essere informati sulle dinamiche port assunzione di tale farmaco.

      NON PUO’ essere assunta come fosse un’aspirina (chiaro che essendo abortiva non dovrebbe mai comunque essere assunta) e il medico che non informi dettagliatamente la donna che volesse assumerla, commette una grave negligenza.

      1. Enrico

        @Bariom
        mi riferivo a Norlevo e Ellaone, rispettivamente pillola del giorno dopo e dei 5 giorni dopo. Entrambe, nonostante le continue rassicuranti dichiarazioni di certi ginecologi, sono potenzialmente abortive. Essendo prese finora con la ricetta di un qualsiasi medico e ora anche senza (basta essere maggiorenni o avere un/una maggiorenne che te la compra) disturbano meno la coscienza.

    2. .Enrico::

      ..mi riferivo al discorso di lumpy, sì.
      Credo che, comunque, nessuno sia in grado di misurare la sofferenza e nemmeno di fare nessun paragone
      tra ieri e oggi. A me però, nella mia piccola esperienza di casi della vita, è capitato di avere incontrato e di essere anche stato amico di molte donne che hanno abortito e che non mi apparì avessero subito un taruma così terribile e prolungato e indelebile, come il blog suggerisce. Erano gli anni ’70-80, ma credo che la psicologia umana non sia poi tanto cambiata da allora. Peccato che non sia più tra noi “anonimo” 2013 che cercò anche lui di dire qualcosa in proposito e fu ferocemente morso da Andreas Hofer!

      1. lumpy

        @Enrico: “la donna sta male per quello che ha fatto”. Era questo il punto del mio discorso: come sono sparite dall’orizzonte dell’uomo comune molte questioni che afferiscono all’ambito della sessualità (castità prematrimoniale, contraccezione, convivenze pre-matrimoniali o convivenze che non diventano mai matrimoni) allo stesso modo mi pare che anche l’aborto – più lentamente, sia chiaro- stia scivolando nel medesimo mucchio delle cose “ormai accettate”.

        Mi spiego: il punto non è che siano sparite dall’orizzonte valoriale dell’uomo della strada le questioni legate alla continenza sessuale e al suo legame col matrimonio, è che la maggior parte delle persone (alcuni cattolici inclusi) non se le pongono neppure più come problemi. è normalissimo che i ragazzi abbiano rapporti sessuali con il partner del momento: la grande preoccupazione dei genitori è
        a) che facciano sesso protetto e
        b), al limite, che riservino la “prima volta” a qualcuno/a con cui ci sia un po’ di sentimento e non ad una avventura di una notte post-discoteca).

        Ugualmente “è normalissimo” che le giovani coppie vadano a convivere (“poi vedremo…”), così come è normale che il 40-50enne sia divorziato (oggigiorno par quasi strano essere ancora “fermi” al primo matrimonio). Di conseguenza, anche il rapporto “sfortunato” finito con la contraccezione d’emergenza o -nel caso peggiore- con l’aborto sta diventando una tappa piuttosto “normale”. Anche il passaggio dal raschiamento, che comunque era un’operazione, un’anestesia, una barella ecc alla RU, ben meno invasiva ha contribuito ad un notevole addormentamento delle coscienze.

      2. @filosofiazzero
        Ma sai o ricordi se A69 si sia ritirato da solo o se sia stato accompagnato all’uscio?

      3. Enrico

        @filosofiazzero
        ogni anno avvengono decine di migliaia di aborti, immagino che per la maggior parte delle donne sia come dici tu, non costituisca un trauma così terribile, altrimenti avremmo avuto un notevole calo. Ma i casi in cui rappresenta un trauma ci sono, qualcuno salta fuori perché chi l’ha subito ha il coraggio e la possibilità di farlo sapere. Quanti altri casi ci sono di cui non sappiamo nulla? Non sarebbe corretto, se non altro per il mitico principio di precauzione, che medici ed ostetriche mettessero in guardia coloro che vogliono abortire da questo possibile effetto? Invece della legge 194 la parte scomoda viene ignorata dagli abortisti e si pone ogni ostacolo a chi la vorrebbe far rispettare.

    3. lumpy

      Per non parlare della facilità con cui si prescrive la pillola contraccettiva alle adolescenti (sotto lo sguardo benedicente della madre, per carità! Non sia mai che la bambina subisca un incidente di percorso che metta a repentaglio il corso di danza, l’anno all’estero, l’università fuori sede!)

  6. Marco

    Faccio presente a quanti si professano cristiani e poi votano uno degli schieramenti politici favorevoli all’aborto quali a titolo di esempio il PD (i famosi cattocomunisti quali l’attuale presidente del consiglio) che l’aborto (oltre a chi lo pratica anche chi lo esegue o in qualunque modo lo favorisce) è uno dei 4 peccati che normalmente non possono essere perdonati da un sacerdote, ma richiedono l’assoluzione da un vescovo o con speciale autorizzazione della penitenzieria apostolica (potete guardare per conferma il sito web della penitenzieria). Tutti questi protagonisti dell’aborto, infatti, subiscono la “scomunica latae sententiae”, cioè sono scomunicati d’ufficio solo per aver commesso il peccato. Invito quindi tutti i cattolici che si ritengono tali a riflettere prima di entrare nel seggio elettorale e a dare un voto con superficialità.

    1. Enrico

      Intanto di favorevoli all’aborto potrebbero essercene in tutti gli schieramenti e non si possono scegliere i candidati. Poi a parole, a scopo elettorale, puoi dichiararti contro l’aborto ma se la legge non la togli o per lo meno non la modifichi, la politica di sostegno alla famiglia non sai nemmeno cosa sia e non fai nulla per eliminare le cause che si sanno essere determinanti per la scelta abortiva, sei un antiabortista da poco. E questo vale non solo in Italia.
      Ciò detto è chiaro che il PD attuale, che ha fatto di tutto di più contro la famiglia (nessun sostegno economico e favoreggiamento della ludopatia ad esempio) e che si è sempre di più schierato su posizioni radicali sui temi etici, credo riuscirà alle prossime elezioni a dirottare molti voti cattolici ad altre liste.

  7. monitore

    ” l’aborto (oltre a chi lo pratica anche chi lo esegue o in qualunque modo lo favorisce) è uno dei 4 peccati che normalmente non possono essere perdonati da un sacerdote, ma richiedono l’assoluzione da un vescovo o con speciale autorizzazione della penitenzieria apostolica (potete guardare per conferma il sito web della penitenzieria). ”

    vabbe’ siamo nell’anno della misericordia e’ questo problema e’ gia’ stato superato.

    1. Rosaria Caradonna

      Salve, vorrei dire che a volte sono pure i ginecologi, ostetrici a convincere la donna ad abortire.A me è successo proprio questo , l’ anno scorso ho scoperto di essere incinta ed ero già alla 6 settimana ,all’ età di 48 anni.Quando sono andata dal ginecologo ,mi ha detto:Signora ma lo vuole tenere? Ha già 6 figli ,poi a questa età ecc. ecc..Io in quel momento sono stata presa da mille paure,ma poi il Signore mi ha dato la forza di rispondere : Si ,lo voglio tenere.In poche parole fanno il lavaggio del cervello.

          1. Persino tu Giovanni lo sapevi? Ottimo…

            Anch’io sono a conoscenza della cosa. I miei punti di domanda non stavano ad un “a cosa ti riferisci?”, ma piuttosto alla evidente ironia del commento. Ironia alla quale credo tu ti voglia aggregare dato che parli di “festival” della misericordia…

            C’è poco da fare ironia. Ironia che non comprendo e non condivido, perché fare ironia sul tema comporta:
            A) non comprendere il valore di questa possibilità data nell’Anno della Misericordia a coloro i quali sono sinceramente pentiti e consapevoli del grave peccato commesso.
            Da cui
            A1) si presume invece che l’assoluzione verrà data con estrema leggerezza da parte dei confessori (giudizio temerario e privo di ogni fondamento);
            A2) si presume che i penitenti si accosteranno alla possibilità di perdono con falsità e mancanza di vero pentimento (cosa che anche fosse ricadrebbe su loro stessi).

            B) si teme che la possibilità che questa misericordiosa opportunità venga scambiata con una percezione di mancanza di gravità dell’atto… e si questo si potrebbe discutere, ma senza alcuna ironia. Mia idea è che è la mentalità del mondo che ha inculcato il concetto di non gravità di questo peccato, per cui andando ad A2, è proprio che sta facendo un cammino di conversione che comprende e desidera la possibilità di venire perdonato/a.

            C) si fa dell’ironia su una precisa decisione del Santo Padre e questo è atteggiamento decisamente disdicevole per chi vuol dirsi Cattolico, anche perché sottintende una dis-comunione con Pietro ((ma si sa oggi siamo pieni di cattolici “adulti” che ne sanno una più dello Spirito Santo e del Papa soprattutto…).

            D) l’atteggiamento ironico e quindi la non concordanza con questa possibilità data a peccatori che hanno questo particolare peccato (o altri) sulla coscienza, sa tanto di atteggiamento di chi non prova alcuna gioia per il pentimento del peccatore (eppure è ciò che Dio desidera, più che la morte dello stesso) o forse preferirebbe una “condanna a vita”…
            Forse anche partendo dall’errato presupposto che certi peccati non possano MAI riguardare la propria persona. Stolta supposizione paragonabile a quella di chi pensa la malattia mai riguarderà la propria vita, o mai avrà un incidente stradale solo perché lui sa ben guidare l’auto…
            Forse bisognerebbe trovarcisi o avere qualcuno della propria famiglia in simili situazioni per poter apprezzare, ma come detto per taluni è ipotesi che nemmeno si prende in considerazione.

            Mi verrebbero in mente alche un altro paio di punti, ma mi fermo…
            Se poi né monitore, né tu Giovanni facevate dell’ironia, vi chiedo perdono per averlo pensato.
            Chi invece fa dell’ironia (e tanti ce ne sono) si consoli, l’Anno della Misericordia avrà termine, come tutte le cose di questo mondo … solo la Carità d’altronde resta, ma rifletta anche che se questo Anno, come tutte le cose buone della Chiesa, viene da Dio, si sta ironizzando su una Sua precisa Volontà.

            1. Luigi igiul

              @Bariom
              Colgo l’occasione del suo commento per postare qui il link di un articolo interessante che pone l’accento su una questione che molti cattolici hanno scordato…
              E io soffro ogni volta che si critica il Romano Pontefice (chiunque esso sia), soprattutto quando a qualcuno non aggrada per le sue scelte. Anche in questo blog è stato dato dell’eretico al nostro pontefice regnante e, peggio, quando ho scritto che per qualcuno è l’alter ego di quell’angelo che è “decaduto”, non sono neppure stato smentito…
              Il papa ha indetto un Giubileo straordinario? Si ritenga che sia Cristo ad averlo voluto!
              E, se si dissente, si faccia silenzio, piuttosto che mostrare la propria mancanza di fede!!!

              http://isoladipatmos.com/amoris-laetitia-la-teologia-dellassegno-in-bianco-il-potere-delle-chiavi-non-e-sindacabile-salvo-cadere-in-eresia/

              1. Luigi igiul

                Sarebbe bello che anche l’articolo appena linkato da me divenisse un post vero e proprio…
                Se l’admin e/o Costanza vogliono farci un pensierino…

              2. @Luigi, a difesa di questo blog (se mai ne avesse bisogno), devo dire che raramente sono passati termini davvero inaccettabili, rivolti al Santo Padre. Lo so per certo, come lo sa chi ha visto il proprio commento cancellato.
                Poi possono scappare, dato che il nostro admin “non vive di solo blog” e i commenti sono veramente molti.

                Cosa diversa sono le critiche, i ragionati commenti e i confronti anche aspri, che pure evidenziano inevitabilmente talvolta una di certo non profonda stima nel Santo Padre… su questo ci si confronta (come sulla discutibile ironia o le tendenziose battute).
                Io personalmente, non lascerei commenti come alcuni che ho letto a corollario dell’articolo che hai “linkato”.
                Chiamatela censura, non me ne può fregare di meno. Come ho detto in altra occasione un blog – se qualcuno lo gestisce – è un po’ come casa propria, può anche essere un casa “aperta”, ma c’è un limite. Se offendi mio padre – per fare un esempio – la strada della porta e diretta e difficilmente tornerà ad aprirsi!

                Molto interessante, a prima vista, l’articolo che hai riportato dall’isoladipatmos… me lo leggerò con calma 😉

              3. giovanni

                QuIndi cio’ che vuole il Papa e’ cio’ che vuole Cristo? immagino sia la nuova teologia insegnata nei seminari.

            2. giovanni

              Bariom, la lunghezza del tuo intervento mi ricorda la lunghezza della Amoris Laetitia. Il contenuto pure. Si vede che il mainstream e’ questo.

  8. ESEMPI DI RICORSI ALLA PENITENZIERIA

    Indico soltanto quattro esempi di quanto il Confessore dovrebbe riferire nell’esposto alla Penitenzieria:

    1. Assoluzione del proprio complice in peccato contro il VI Comandamento (Can. 1378).

    L’assoluzione del complice, eccezione fatta per il pericolo di morte, è invalida: per i fedeli orientali in forza del can. 730 CCEO e per i fedeli latini in forza del can. 977 del CJC.

    Il Legislatore sottrae la facoltà a tutti i confessori relativamente ai penitenti complici nel peccato contra sextum. Si esige una vera e propria complicità, la quale richiede:

    1) che il confessore e penitente abbiano partecipato (attivamente o passivamente) ad un medesimo peccato contro la castità;

    2) che il peccato venga commesso da due o più persone, non importa se dello stesso sesso o meno; peccato che può essere commesso in qualsiasi modo: con atti, gesti, segni, colloqui, parole, ecc. E’ opportuno ricordare che circa il sesto comandamento è difficile che si dia parvità di materia.

    3) che il soggetto del delitto sia sacerdos; ciò significa che deve essere presbitero o vescovo, perché il Codice possiede una voce propria per indicare il sacerdote ad esclusione del vescovo (presbyter) e non usa mai sacerdos per indicare esclusivamente il presbitero.

    La pena prevista dal can. 1378 § 1 per l’assoluzione del complice è la scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica. Competente per la remissione della censura è la Penitenzieria Apostolica. Il Can. 728 § 1,2° del CCEO (Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium) riserva l’assoluzione di questo peccato alla Sede Apostolica.

    Il confessore, che assolve il complice o i complici in altri peccati, contro altri comandamenti che non siano il sesto, non incorre nella pena prevista dalla norma in parola. Tuttavia, il rispetto che si deve al Sacramento, dovrebbe distogliere dall’assolvere tali complici, se non in pericolo di morte.

    Ma abbiate pazienza!!!

  9. Fabrizio Giudici

    Sull’Isola di Patmos, per completezza:

    http://isoladipatmos.com/amoris-laetitia-tra-pastorale-senza-dottrina-e-fede-ridotta-a-liquame-emotivo/

    In realtà penso proprio che vale la pena leggere gli articoli che stanno pubblicando (e non solo quelli che piacciono di più). Certo, senza ritenere che dicano la parola conclusiva: sulla condotta del Santo Padre stanno cercando di tenere il giusto equilibrio, e – per quello che vale il mio giudizio – in buona fede. Per questo penso che le letture siano utili e andrebbero meditate.

    Tuttavia, alla fine della lettura, in particolare per quanto riguarda le distinzioni fatte su quello che il Santo Padre scrive, pensa e dice (per cui si vanno a fare sottilissime distinzioni tra quello che scrive e quello che dice su quello che ha scritto, come l’intervista in aereo)… Don Ariel e Padre Cavalcoli scrivono cose con molti fondamenti, ma pare che il cristianesimo sia diventato una puntata di Law & Order, dove si va a spaccare il capello.

    1. Luigi igiul

      @Fabrizio
      Indubbiamente lo sguardo deve essere il più ampio possibile. Del resto, basterebbe leggere gli altri articoli di quel sito per accorgersi che quello che ho riportato non esaurisce il pensiero dell’autore sul papa. Ma un conto è criticare le scelte e le modalità, un altro è affermare che il pontefice stia sovvertendo la dottrina, cosa quest’ultima non vera, come dimostrano i due autori da lei citati.
      Personalmente, il mio intervento precedente era teso a ricordare quest’ultimo aspetto e anche quanto per me è un punto fermo circa il ruolo del pontefice. Mi viene ora in mente l’affermazione di Agostino: “Roma locuta, causa finita”.
      Le perplessità che poi nutro sulla persona del pontefice le tengo per me perché mi fido molto poco di quanto viene riportato dai media. Ma le tengo per me, anche e soprattutto perché non ho il quadro completo della situazione attuale. Pertanto, essendo la mia una visione limitata e parziale, è certo che parziale sarebbe il giudizio…

  10. Fabrizio Giudici

    “Ma un conto è criticare le scelte e le modalità, un altro è affermare che il pontefice stia sovvertendo la dottrina, cosa quest’ultima non vera, come dimostrano i due autori da lei citati.”

    Calma. Posto doverosamente che nessuno di noi è l’interprete autorizzato dell’Isola di Patmos, e invitati i lettori a leggere da sé e farsi un’idea, la frase sopra è decisamente frettolosa. Se si leggono le domande e risposte p.es. sulla frase perentoria “Posso dire di sì. Punto” pronunciata sull’aereo, la tesi dell’Isola è che le interviste papali in aereo sono cosa recente ed anomala e non possono essere considerate Magistero. Questa è questione da teologi, che leggo con interesse, e su cui non ha senso che io esprima un parere, perché non sono teologo. Posso solo prenderne atto. Però rimane che l’intervista è stata pronunciata e, se non si può dire che esprima il Magistero di Francesco, però esprime la volontà di Bergoglio.

    Rimangono poi altri punti non chiariti, come dimostrano certe domande dei lettori (non quelle arrabbiate che accusano padre Cavalcoli di eresia, che sono semplicemente l’espressione della frustrazione – peraltro comprensibilissima – di molti fedeli, ma non sono costruttive).

    A me non importa sapere se Bergoglio sta devastando la Chiesa con atti di magistero o pastorale o di governo, con atti o omissioni, eccetera: per l’appunto questo è argomento da teologi e canonisti. Il punto chiave è la devastazione.

    1. @Fabrizio,

      (non quelle arrabbiate che accusano padre Cavalcoli di eresia, che sono semplicemente l’espressione della frustrazione – peraltro comprensibilissima – di molti fedeli, ma non sono costruttive)

      Sei decisamente molto più misericordioso di me… definirle “non costruttive” è semplicemente un eufemismo. “Espressione della frustrazione” è tutto da dimostrare. Per me infine restano inaccettabili…
      😉

      1. Fabrizio Giudici

        Sì, effettivamente è un eufemismo. Per sfuggire ad un errore cadono in un altro. Ma finché siamo in questo periodo di prova, è molto facile cadere da una parte o dall’altra. Per questo dico che bisogna avere pazienza.

  11. Beatrice

    Leggere gli articoli dell’Isola di Patmos che avete linkato e i vostri commenti mi ha indotto a fare una serie di riflessioni che vorrei condividere nonostante la loro lunghezza. Io con mio padre ho sempre avuto un rapporto conflittuale, entrambi abbiamo sbagliato varie volte l’uno nei confronti dell’altro, ma alla fine ci siamo sempre perdonati a vicenda tutto. Però con tutto il bene che gli voglio e con tutto il rispetto che gli porto, se mio padre oggi si comportasse come Denethor nel Signore degli Anelli e cercasse di bruciarmi viva su una pira come nel romanzo cerca di fare con Faramir, io non glielo lascerei fare; se fossimo su una nave insieme e a un certo punto virasse per andare dritto contro un iceberg, io cercherei di impedirglielo; se prendesse un’Ostia consacrata e cercasse di buttarla nella spazzatura, io mi opporrei con tutta me stessa per impedire quel sacrilegio, perché mio padre è innanzitutto Dio, è Lui che mi ha amata e voluta da prima che nascessi ed è a Lui che io devo obbedienza assoluta. Quindi sinceramente i discorsi degli equilibristi che cercano di tenere i piedi in due scarpe e accettano oggi quello che trovavano inaccettabile ieri non mi convincono né riusciranno mai a farlo. Ho letto in giro su internet tantissime persone che insultano Socci e danno a lui la colpa della divisione presente nella Chiesa, ma per quanto mi riguarda non è stato lui a farmi cambiare idea, anche perché i miei genitori mi hanno sempre regalato i suoi libri da leggere ma da quando si è messo ad attaccare il Papa è stato bandito da casa mia, ora però ho ripreso a leggerlo (anche se a dire la verità i due libri sul Papa non li ho letti). In realtà a farmi cambiare idea è stato leggere durante il sinodo Kasper o qualcun altro della sua linea (linea che è stata palesemente favorita dal Papa e che infatti oggi ha senza ombra di dubbio trionfato) chiedere riguardo al divorzio “può Pietro essere meno misericordioso di Mosè?”, frase allucinante che sottintende il fatto che Mosè sia stato più misericordioso di Gesù, il Dio fatto uomo, e cose di questo tenore ne ho lette tante altre (penso si sia capito che al sinodo stavo dalla parte di Sarah, Pell, Muller, Burke e tutti gli altri); a farmi cambiare idea è stato leggere Spadaro scrivere sul numero del 13-02-2016 di “Civiltà cattolica” riguardo alle leggi sull’aborto: “Questa dinamica libera e fluida della diplomazia di Francesco si è verificata in maniera peculiare negli Stati Uniti, dove i suoi discorsi non hanno offerto alcuna sponda per confermare l’identificazione del cattolicesimo con le categorie […] etiche quali pro-life e pro-choice. […] non dando alcuna legittimazione per definire una legge dello Stato intrinsece malum, né intrinsece bonum” (pag. 215)” (ma di lui ho letto tante altre “perle” come questa!); a farmi cambiare idea è stato leggere sul foglio che forse Enzo Bianchi sarebbe stato fatto cardinale; è stato ascoltare le mille e una sparate di Galantino, l’ultima delle quali l’abbiamo sentita nel programma “A sua immagine” dove si vantava bellamente di aver trasgredito la disciplina sacramentale decisa da Wojtila e da Ratzinger in accordo con le Sacre Scritture; a farmi cambiare idea è stato leggere Cantalamessa prendersela con la devozione mariana perché a suo dire ostacolerebbe i rapporti con i protestanti (io mi chiamo Maria di secondo nome perché i miei genitori volevano avessi la protezione della Madre di Dio e se ci sono due cose che non mi devono toccare sono Gesù e la Madonna!). Io sinceramente non capisco tutte le persone che se la prendono se viene criticato il Papa e non se la prendono se viene attaccato Gesù in quello che è il centro di tutto il cattolicesimo, attorno a cui ruota tutta l’esperienza di fede, l’Eucaristia, dove Cristo è davvero presente col suo corpo e col suo sangue. Non mi possono venire a dire che dare la Comunione ai divorziati risposati è come decidere che la Comunione la possono prendere anche i bambini, o decidere che si può prendere tutti i giorni e non più solo ogni due settimane, perché entrambi questi ultimi due cambiamenti di disciplina non mettono in discussione il fatto che l’Eucaristia debba essere assunta in stato di grazia o il fatto che il matrimonio sia indissolubile o il fatto che l’adulterio sia un peccato da abbandonare e non da condonare come si fa con gli edifici abusivi. Giustamente su Tempi ho letto un articolo in cui si diceva in poche parole “ma se l’adulterio non è più peccato o non lo è in certi casi, se i peccati sessuali dopo tutto non sono così gravi perché come ci dicono spesso ultimamente “basta l’amore!”, le lacrime di Maria Maddalena sui piedi di Gesù a questo punto non avevano senso! Di cosa si pentiva e perché amava Gesù più di tutti gli altri se non aveva niente da farsi perdonare?” Il matrimonio è stato elevato a sacramento da Gesù perché su di esso si basa l’intera società e il suo futuro. Tra l’altro si parla di matrimonio anche nel caso del rapporto tra Cristo e la sua Chiesa. Attaccare il matrimonio è come attaccare la famiglia, non può non provocare danni. Noi semplici fedeli potremo non avere competenze teologiche, ma non siamo scemi: non è possibile che lo Spirito Santo con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI dicesse una cosa, conformemente a quanto espresso nei Vangeli, mentre ora dice esattamente l’opposto. Il principio logico di non contraddizione lo sappiamo usare tutti, non solo i sapienti, che per giustificare l’ingiustificabile usano tante argomentazioni da azzeccagarbugli cercando così di confondere i semplici fedeli o perlomeno di farli tacere se hanno qualche perplessità. Per fortuna il Vangelo non è difficile da capire, perché è stato scritto appositamente in modo che lo comprendessero chiaramente tutti, con buona pace dei teologi equilibristi, che oggi per adeguarsi al nuovo corso della Chiesa hanno deciso di ignorare bellamente le parole di Gesù sul divorzio. Una volta un prete in confessione mi disse che la verità è come un prisma, di cui possiamo vedere solo un lato, ma l’insieme ci sfuggirà sempre: tutto questo è giustissimo, ma i vari lati del prisma non possono contraddirsi a vicenda, perché Dio è Logos, non può entrare in contraddizione con sé stesso, altrimenti dovremmo dare ragione a chi pensa che non esistano verità assolute e che è tutto interpretabile soggettivamente a seconda dei casi (questa è l’essenza del relativismo), ma il cristiano crede nell’esistenza di una verità assoluta e quella verità è Cristo, non ce la siamo inventata noi ma è nei Vangeli. L’uomo naturalmente non potrà mai sapere tutto di ogni cosa e questo anche nella teologia: tante questioni rimangono ancora aperte in attesa di una soluzione convincente, ma non si può mettere in discussione tutto, altrimenti la roccia crolla, devono esistere dei fondamenti saldi inattaccabili su cui il cristiano possa orientare la sua vita in conformità agli insegnamenti di Gesù (una volta questi capisaldi si chiamavano valori non negoziabili, ma oggi l’espressione è entrata definitivamente in pensione). Oggi nella Chiesa si accetta de facto il divorzio, cosa trent’anni fa impensabile, chi mi dice che tra trent’anni non si accetterà di celebrare in chiesa i matrimoni omosessuali, cosa peraltro che già avviene in altre confessioni cristiane e in altre religioni come l’ebraismo e che è stata proposta da più parti anche nel mondo cattolico (vedi Mancuso, l’associazione “Nuova proposta”, i preti arcobaleno, i boyscout, alcuni gesuiti in Cile, le suore ribelli americane non più sotto inchiesta, e chissà quante altre realtà come queste esistono al mondo!)? Se è stato così facile demolire l’insegnamento di Gesù sul divorzio, dove ci sono parole chiarissime al riguardo, quanto sarà più facile demolire in nome della carità e della misericordia l’insegnamento sugli atti omosessuali, su cui Gesù non dice esplicitamente niente. Per invalidare i passi espliciti su questa materia si dirà ancora una volta che la Bibbia va interpretata e che è più fedele chi si attiene allo spirito del Vangelo e non alla lettera, se finora non è stato fatto è perché i tempi non sono ancora maturi, ma i segnali in questo senso ci sono e si leggono tra le parole di Kasper & co, uno dei quali al sinodo ha addirittura sostenuto che attraverso una relazione omosessuale pienamente vissuta ci si possa santificare. I protestanti hanno tutti iniziato con l’accettare il divorzio e ora tanti accettano praticamente tutte le cose presentate come buone dal mainstream ideologico del “love is love”. D’altronde l’ha detto Spadaro: questo Papa avvia processi, i lavori per la nuova Chiesa a misura del mondo non sono ancora terminati. Infine volevo rivolgere queste parole di S. Atanasio ai promotori del compromesso che se la prendono con chi difende ancora l’indissolubilità del matrimonio e il divieto di accesso all’Eucaristia dei divorziati risposati, accusandolo spesse volte con toni sprezzanti di essere un brutto e cattivo e per niente misericordioso tradizionalista che vede le cose solo in bianco e nero, ma effettivamente la scelta del cristiano è tra bianco o nero, luce o tenebre, per Gesù o contro Gesù: “Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portate il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo”.

    1. Tanta roba Beatrice…

      “non è possibile che lo Spirito Santo con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI dicesse una cosa, conformemente a quanto espresso nei Vangeli, mentre ora dice esattamente l’opposto.”

      Ma dove??!

    2. Fabrizio Giudici

      Beatrice, bellissima la citazione finale di Sant’Atanasio. È roba dei primi secoli dopo Cristo, ma pare scritta oggi (questo perché pure Ario accampava motivazioni pastorali). Dimostra che non solo la Verità è sempre la stessa, ma alla fine anche le bugie hanno poca fantasia.

    3. Roberto

      Beatrice, voglio sottolineare le due parti che mi sono piaciute di più di ciò che hai scritto:

      1) “”Non mi possono venire a dire che dare la Comunione ai divorziati risposati è come decidere che la Comunione la possono prendere anche i bambini, o decidere che si può prendere tutti i giorni e non più solo ogni due settimane, perché entrambi questi ultimi due cambiamenti di disciplina non mettono in discussione il fatto che l’Eucaristia debba essere assunta in stato di grazia o il fatto che il matrimonio sia indissolubile o il fatto che l’adulterio sia un peccato da abbandonare e non da condonare come si fa con gli edifici abusivi.””

      e

      2) “”Il principio logico di non contraddizione lo sappiamo usare tutti, non solo i sapienti, che per giustificare l’ingiustificabile usano tante argomentazioni da azzeccagarbugli cercando così di confondere i semplici fedeli o perlomeno di farli tacere se hanno qualche perplessità.””

      Di fatto la tesi di Padre Cavalcoli e don Ariel proprio non sta in piedi e potrebbe bastare la risposta data da don Giovanni Scalese a un lettore nell’articolo ‘Amoris laetitia, “salutare autocritica”’ pubblicato proprio sull’Isola di Patmos medesima e cioè:

      can. 915 («Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto»): “La proibizione fatta nel citato canone, per sua natura, deriva dalla legge divina e trascende l’ambito delle leggi ecclesiastiche positive: queste non possono indurre cambiamenti legislativi che si oppongano alla dottrina della Chiesa. Il testo scritturistico cui si rifà sempre la tradizione ecclesiale è quello di San Paolo […]

      Quando l’anno scorso seguendo il pericoloso atteggiamento mentale definibile come “fasciarsi la testa prima di essersela rotta” Padre Cavalcoli cercò di risolvere il problema dell’accesso all’Eucaristia da parte dei divorziati risposati (divorziati risposati che non hanno alcuna intenzione né di separarsi, se possibile, né di astenersi da rapporti sessuali se la separazione non è consigliabile) derubricando la questione al “potere delle Chiavi”, gli si oppose validamente monsignor Livi qui:

      http://www.fidesetratio.it/28.10.2015-monsignor-livi-risponde-a-padre-cavalcoli-e-don-ariel-levi..html

      e ancora qui:

      http://www.fidesetratio.it/files/su-Cavalcoli-8112015.pdf

      1. ola

        Ok, pero’allora sarebbe interessante che qualcuno “insegnasse agli ignoranti” come me* come si concilia l’articolo di Padre Livi con le affermazioni di padre Cavalcoli – che non mi sembra padre Livi smentisca, ma vi prego correggetemi se mi e’sfuggito qualcosa – secondo cui la il sacramento della Penitenza nel senso contemporaneo non ha sempre fatto parte della prassi della Chiesa.

        * penso che quando si cerca di seguire una discussione fra dei giganti con pochissimi ed elementari rudimenti di teologia sia naturale chiedere spiegazioni.

      2. Però Roberto, devi indicarmi dove è stato scritto (ieri, l’altro ieri, quando sia e in che Documento della Chiesa vincolante) che l’accesso all’Eucaristia è CONCESSO ai “divorziati risposati che non hanno alcuna intenzione né di separarsi, se possibile, né di astenersi da rapporti sessuali se la separazione non è consigliabile”!

        Da http://isoladipatmos.com/amoris-laetitia-la-teologia-dellassegno-in-bianco-il-potere-delle-chiavi-non-e-sindacabile-salvo-cadere-in-eresia/
        (per non usare parole mie):

        L’Amoris laetitia non esclude la possibilità di dare un giudizio circa l’ostinazione perseverante, preferisce però parlare di un caso diverso, nel quale i due «possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre» [n.299]. «Per questo, non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare”, vivono in uno stato di peccato mortale, privi della grazia santificante» [n.301].
        .

        Al n.1 della Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, si afferma poi: «La proibizione fatta nel citato canone, per sua natura, deriva dalla legge divina e trascende l’ambito delle leggi ecclesiastiche positive: queste non possono indurre cambiamenti legislativi che si oppongano alla dottrina della Chiesa». E qui – posto che i teologi dogmatici dovrebbero fare i teologi dogmatici ed i canonisti dovrebbero fare invece i canonisti e non i tuttologi –, si nota una assimilazione del tutto indebita del già citato canone alla legge divina, quasi godesse della medesima autorità. Che il canone derivi dalla legge divina, non si può mettere in discussione. Attenzione però: se deriva, vuol dire che è al di sotto; cosa quest’ultima che non è un sofisma, né un arrampicarsi sugli specchi, è pura logica teologica. D’altra parte, il diritto canonico, per sua essenza, oltre a recepire leggi divine, non fa che raccogliere le leggi positive della Chiesa, come espressione del potere delle chiavi o potere giurisdizionale.
        .

        Al di sopra delle leggi canoniche, che sono le leggi positive della Chiesa – a parte la legge naturale, che qui adesso non c’entra – non c’è altro che il diritto divino o legge divina. Quindi, dire che una legge canonica «trascende la legge positiva» è attribuirle un’autorità divina, il che evidentemente non si può dire, perché in tal caso non ci resta che fare la battuta … Beh, se è scritto sul Codice di Diritto Canonico dai canonisti, allora neppure Domineddio può farci niente!
        .

        La norma dell’esclusione dei divorziati risposati dalla comunione eucaristica non suppone quindi lo stato di colpa individuale, ma ha una finalità pedagogica e simbolica. Pedagogica, per evitare lo scandalo dei fedeli; simbolica, perché c’è una contraddizione fra la Eucaristia, che significa unità, rispetto a quello che di fatto è invece lo stato di divorziati, che significa invece divisione, quindi rottura della comunione.

        .
        Convengo che il grosso rischio sia quello che passi indistintamente l’errato concetto che l’Eucaristia è ora “aperta a tuttti a prescindere da…”, ma di questo tragico errore, sono in primo luogo colpevoli propagandatori gran parte dei media e gli strilloni da strada piuttosto che da blog “del mondo” (e non solo del mondo, ahimè).
        Quello che più mi addolora e che a questi si aggregano allegramente anche se per altro supposto nobile scopo, tutta una serie di fedeli che non solo non vedono nulla di buono, ma persino il Male impersonificato nel Santo Pontefice (e giù a sciorinare tutti i disastri veri e presunti della Chiesa oggi, come Beatrice sopra…), invece di essere in Comunione con Pietro ad ammaestrare su quale sia il vero intendimento e la corretta prassi che interessa le coppie dei separati o divorziati e a smentire chi propaganda falsità di pseudo “amnistie” da “liberi tutti e comunque”.

        Se poi vogliamo essere prorpio “puri e duri”, allora invochiamo per tutti, ma tutti, di tornare come ai primi tempi della Chiesa: il Catecumeno che accedeva al Battesimo e agli altri Sacramenti e diveniva Cristiano, aveva una solo possibilità nella vita di accedere al Perdono… se ricadeva in grave peccato, fuori! Fuori dalla Comunità…

        Poi vediamo chi rimane.

    4. Poi Beatrice, dovresti leggerti tutta la lunga premessa che fa Don Ariel qui: http://isoladipatmos.com/amoris-laetitia-la-teologia-dellassegno-in-bianco-il-potere-delle-chiavi-non-e-sindacabile-salvo-cadere-in-eresia/

      Ma te ne riporto un assaggio, visto che parli di “bianco o nero”:

      ..Questi pochi e brevi accenni fatti alla dogmatica sacramentaria e alla disciplina dei Sacramenti, dovrebbero bastare ai paladini del “o nero o bianco”, per capire che persino i migliori teologi tremano da sempre quando devono muoversi sul complesso e complicato terreno della disciplina dei Sacramenti. E allora perché mai certe persone, passionarie in testa a tutti, non vogliono proprio esercitare quella umana e cristiana umiltà che le porti, non dico a tacere, ma perlomeno a cercare di imparare tutto ciò che in modo evidente mostrano di non sapere?

      1. Enrico

        @Bariom
        A me sembra interessante quello che padre Ariel scrive rispondendo ad un commento.

        Nessuno ha benedetto e nessuno potrà mai benedire l’adulterio.
        Ciò che non ci capisce, o che meglio molti non voglio capire, è questo: da sempre, la morale cattolica, tratta con molta cura e prudenza la materia del peccato, tanto siamo consapevoli che pure dinanzi a peccati oggettivamente molto gravi, vi sono circostanze legate allo stato umano, interiore, psicologico del peccatore, che possono rendere un peccato in sé e di per sé gravissimo, molto meno grave di quanto di fatto è.

        E queste situazioni sono molte, variamente legate soprattutto alla volontà della persona, ma spesso anche a situazioni e condizioni esterne alla persona stessa.

        Ciò che molti non vogliono capire è che queste, per così dire, “attenuanti”, che la morale cattolica di sempre applica da sempre a tutti i casi, sono applicabili anche al caso dei divorziati risposati.

        1. Thelonious

          @Enrico

          certo che le attenuanti personali ci sono e le sfumature e le gradazioni personali sono pressoché infinite, ma proprio per questo solo Dio può conoscere nell’intimo le persone, e stabilire con giustizia come e quanto una persona è colpevole o meno, o quanto è meritevole o meno.
          Nessuno di noi può fare questa valutazione, e proprio per questa ragione nessuno si può arrogare il diritto giudicare nessun altro, se non vuole mettersi al posto di Dio.
          Ma proprio per lo stesso motivo occorre mantenersi sui binari dell’oggettività, seguendo i comandamenti che sono dieci e non infiniti.

          1. Enrico

            Scusa ma non ho capito cosa volevi dire. I comandamenti sono dieci, mi sembra corretto trattarli tutti alla stessa maniera. Mi sembra quasi che non avere la certezza che un divorziato risposato sia in peccato mortale sia un problema, quasi dispiaccia.

            1. Thelonious

              @Enrico

              “Mi sembra quasi che non avere la certezza che un divorziato risposato sia in peccato mortale sia un problema, quasi dispiaccia” chi ha detto questo, scusa?
              Ho semplicemente detto che noi, in quanto imperfetti, non possiamo conoscere in profondità l’animo dell’altro, e per questo motivo non possiamo permetterci di giudicare nessuno.
              D’altro canto i comandamenti sono solo dieci (per rispondere a Bariom) e sono precisi. Non possiamo pensare di applicarli secondo la gradazione infinita delle possibili colpevolezze dell’altro, perché non le conosciamo, e non conosciamo in profondità neppure se stessi.
              Perciò, se OGGETTIVAMENTE una persona è in peccato mortale non può ricevere degnamente un sacramento che è a sua volta OGGETTIVO e che richiede una certa predisposizione. Questo vale innanzitutto per noi stessi: se abbiamo coscienza di un peccato grave (qualunque esso sia) dobbiamo passare attraverso il sacramento della confessione (sto dicendo cose ovvie, da Catechismo delle elementari……).
              Questo non toglie che SOGGETTIVAMENTE la persona abbia tutte le attenuanti possibli, ma queste le sa solo Dio.
              Un prete, insieme ai fedeli, possono certamente accompagnare, abbracciare, pregare con loro e per loro, ma non prendersi l’arbitrio di amministrare un sacramento quando non si può.
              I preti (come anche i Vescovi e il Papa) sono i servitori della Misericordia, non ne sono i padroni.

              1. Enrico

                @Thelonius
                Grazie per il chiarimento. La mia frase che hai evidenziato era uno sfogo non diretto a te in particolare: si ammette in via teorica tutto tranne che un divorziato risposato possa non essere in peccato mortale.

        2. Come per altro sono applicate a TUTTI noi…
          L’impressione è come sempre quella che la Misericordia (che ormai sembra una bestemmia), può essere applicata solo a certi peccati e non ad altri, o se vogliamo, che taluni peccatori non possono mai sperare di ottenerla.
          Sono peccatori condannati a vita ad essere consideratri tali, anche se il loro cuore è in movimento verso una conversione che farà maturare scelte nuove… quando possibile, come possibile.

          Su questo cammino veglia la Chiesa e chi è preposto a vegliare e guidare (torniamo sempre al Confessore o alla Guida Spirituale) e non altri.

          1. Risposta ad Enrico.
            Per Thelonious, non ho afferrato il senso della tua conclusione “Ma proprio per lo stesso motivo occorre mantenersi sui binari dell’oggettività, seguendo i comandamenti che sono dieci e non infiniti” data la premessa (fermo restando che sarebe sempre bene seguire i 10 Comandamenti…)

  12. Fabrizio Giudici

    ” E allora perché mai certe persone, passionarie in testa a tutti, non vogliono proprio esercitare quella umana e cristiana umiltà che le porti, non dico a tacere, ma perlomeno a cercare di imparare tutto ciò che in modo evidente mostrano di non sapere”.

    Peccato però che gran parte dei teologi questa virtù proprio non la dimostrano. Comunque, queste osservazioni lasciano il tempo che trovano.

    “Ciò che molti non vogliono capire è che queste, per così dire, “attenuanti”, che la morale cattolica di sempre applica da sempre a tutti i casi, sono applicabili anche al caso dei divorziati risposati.”

    No, guarda, questo penso che lo capiscano in molti, e proprio perché la dottrina è chiara da tempo: è la distinzione tra responsabilità soggettiva e oggettiva, così come il concetto di “male intrinseco”. Proprio perché questi concetti sono chiari, trovo molto pasticciati i ragionamenti degli aperturisti. D’altronde, il discorso dei comandamenti che non si riducono al sesto – vedasi ultimo post di Don Ariel – può essere interpretato al contrario: perché se due divorziati risposati possono ritenere in tutta coscienza di essere a posto, allora perché non un ladro? Uno che non paga le tasse? E così via dicendo. C’è poco da dire e da fare: o la morale rimane fondata su una cosa che sta fuori di noi, senza eccezioni, oppure diventa inevitabilmente una cosa totalmente soggettiva.

    È poi fondamentale proprio questo punto:

    “Nessuno di noi può fare questa valutazione, e proprio per questa ragione nessuno si può arrogare il diritto giudicare nessun altro, se non vuole mettersi al posto di Dio.”

    La nuova “pastorale” pretenderebbe che un prete sia in grado di fare questa valutazione in foro interno, che per duemila anni la Chiesa ha sempre sostenuto essere impossibile.

    Ritornerei al punto di mons. Schneider. In definitiva, mi par che così si può riassumere il suo discorso (anche facendo riferimento ad altre cose che ci siamo detti recentemente):

    1. Amoris Laetitia è un pasticcio, ambigua, contraddittoria e poco comprensibile.
    2. È necessario un chiaro indirizzo da parte del Papa: le sue interviste sull’aereo non contano niente in senso magisteriale. In altre parole, se rivelano chiaramente quale sia l’intenzione di Bergoglio, non costituiscono un valido pronunciamento di Francesco.
    3. Per cui, Francesco deve scrivere un documento brevissimo e conciso, stile Sillabo, con cui chiarisce le cose e lo fa impegnando esplicitamente il suo Magistero.
    4. Finché non lo fa, niente è cambiato.

    1. Vincent Vega

      Per Fabrizio Giudici

      “perché se due divorziati risposati possono ritenere in tutta coscienza di essere a posto, allora perché non un ladro? Uno che non paga le tasse? E così via dicendo. C’è poco da dire e da fare: o la morale rimane fondata su una cosa che sta fuori di noi, senza eccezioni, oppure diventa inevitabilmente una cosa totalmente soggettiva.”

      La “lievissima” differenza tra un ladro o un evasore fiscale o un omicida è che questi tre danneggiano altre persone, mentre il divorziato risposato (che magari è stato abbandonato o che si è separato di comune accordo dal coniuge da un matrimonio diventato un ergastolo per entrambi, dopo che magari hanno aspettato a separarsi che i figli crescessero per non farli soffrire) non danneggia nessuno, anzi spesso si trova in una situazione nuova che porta felicità a tutti.

      Questa è la differenza tra un ladro, un evasore, un abortista con i divorziati risposati e i conviventi. Ed è una differenza bella grossa.

    2. @Fabrizio,

      “La nuova “pastorale” pretenderebbe che un prete sia in grado di fare questa valutazione in foro interno, che per duemila anni la Chiesa ha sempre sostenuto essere impossibile.”

      Forse ti riferisci alla Coscienza, parlando di “foro interno” ma il foro interno e propriamente altra cosa e la Chiesa né ha giurisdizione e può farne discernimento:

      http://www.penitenzieria.va/content/paenitentiaria/it/attivita/corsoforointerno2014/RelazionePJanDacok.html

      Corso sul Foro Interno 2014 – Il “Foro Interno”: realtà e problematiche

      A) La Penitenziaria Apostolica e le sue competenze Le competenze di questo Dicastero si estendono a tutto ciò che appartiene al Foro Interno sacramentale e al Foro Interno non sacramentale. La problematica che appartiene al Foro Interno non è solo di carattere canonico, ma anche di carattere teologico-morale-spirituale. Foro Interno sacramentale e Foro Interno non sacramentale sono strettamante collegati, distinti ma non separati, poiché essi appartengono ad un’unica potestà di governo che nella Chiesa «viene denominata anche potestà di giurisdizione» (CIC, can. 129, § 1). Secondo il Codice di Diritto Canonico (1983) la potestà di giurisdizione nella Chiesa viene esercitata «di per sé nel Foro Esterno, talora tuttavia nel solo Foro Interno, in modo tale però che gli effetti che il suo esercizio ha originariamente nel Foro Esterno, in questo Foro non vengano riconosciuti, se non in quanto ciò è stabilito dal diritto per casi determinati» (CIC, can. 130).

      C) Foro interno e Foro Esterno I termini «forum» o «forus» venivano intesi come la «piazza». Secondo il diritto romano, è il luogo pubblico dove si compievano i negozi giuridici. Per la Chiesa, sotto il termine «foro» si intendeva il luogo dei giudizi. Più tardi, sotto l’influsso dei teologi scolastici, il tribunale del perdono dei peccati veniva chiamato «foro della coscienza» o «foro penitenziale».

      Si deve sottolineare che la Potestà di governo nella Chiesa cattolica è soltanto una. Secondo il Codice di Diritto Canonico (1983) e secondo i canonisti odierni è chiaro che si tratta sempre della stessa ed unica Potestà di governo. È chiaro anche che quest’ultima viene esercitata per l’uno o per l’altro Foro e che il Foro Interno non viene identificato con la coscienza [5]. Il Foro Interno canonico non si può semplicemente identificare con la coscienza.

      Il Concilio Vaticano II insegna che «la coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria» (Gaudium et spes, 16). Da questo segue che solo Dio è giudice della coscienza umana davanti a Dio. Nel Foro Interno, però, interviene anche la Chiesa con l’esercizio della sua Potestà di governo. E per questi motivi anche l’esercizio della Potestà di governo per il Foro Interno, come quello per il Foro Esterno, fa parte dell’ordinamento canonico. In altre parole: il Foro Interno è anche regolato dalla legge canonica (ad es.: il digiuno quaresimale) ed anche produce effetti nell’ordinamento canonico, e non solo nella sfera della coscienza (ad es.: confessione e comunione pasquale). Questo giustifica l’appartenenza del Foro Interno all’ordinamento canonico. Lo conferma il Codice attuale che presenta un duplice modo di esercitare la stessa Potestà di governo nell’ambito dell’ordinamento giuridico, e quindi l’estensione degli effetti dell’uno e dell’altro modo (Cfr. CIC, can. 130)[6].

      .
      Diversamente perché si terrebbero annualmente corsi di formazione?

      Poi siamo realistici e concreti… cosa mi starebbe a significare “…perché se due divorziati risposati possono ritenere in tutta coscienza di essere a posto, allora perché non un ladro? Uno che non paga le tasse? E così via dicendo.”?

      Cioè secondo te in pratica uno va a confessare un peccato (che poi perché dovrebbe confessarlo se si sente a posto “in coscienza” ?!) e siccome dichiara al confessore di non sentirsi in coscienza colpevole, questi lo assolve?? Di che parli?
      Se invece costui, si “auto-assolve” e continua per la sua strada di peccato, in più accostandosi alla Santa Eucarestia, beh, temo si condanni da solo e nessuno può farci un bel nulla, né potremmo scandalizzarci se i suoi peccati sono nascosti, mentre ci scandalizziamo per chi ha (o ha avuto) una situazione di peccato palese e sta cercando un faticoso e a volte doloroso cammino di conversione (perché di questo parliamo), quasi non ne avesse diritto…

      Ci stiamo tanto ad arrabattare e sbraitare su questo specifico tema, quando temo siano migliaia (stima senza alcuna validità) i “bravi cristiani” che non confessano alcunché (e ne avrebbero), perché “in coscienza” si sono già assolti…

      1. Ancora spunti interessanti da altro “corso di formazione”

        Il Confessore: testimone privilegiato dell’amore misericordioso di Dio – P. P. Fernandez Rodriguez, O.P.

        Il confessore testimone privilegiato della misericordia di Dio

        È evidente la differenza tra la misericordia divina, proprietà essenziale di Dio e caratteristica fondamentale dell´amore di Dio verso di noi, e la misericordia del confessore, una virtù cristiana frutto della carità, che il sacerdote deve esercitare verso i penitenti. Quindi, il confessore è testimone privilegiato della misericordia di Dio, sotto un duplice livello: la misericordia come virtù infusa nel sacerdote confessore, ricordando che la virtù della misericordia è l´atteggiamento principale del cristiano verso il suo prossimo, e secondo, la misericordia di Dio significata, contenuta e comunicata dal ministro nella celebrazione del sacramento della penitenza. Cioè, il confessore non è invitato soltanto a essere misericordioso, ma innanzitutto a celebrare la misericordia divina nel sacramento della penitenza, che è ben un´altra cosa.

        “Nell´uomo, il quale ha come superiore Dio, la carità che unisce a Dio è superiore alla misericordia, la quale supplisce le deficienze del prossimo. Ma tra tutte le virtù che riguardano il prossimo la prima è la misericordia e il suo atto è quello più eccellente, poiché soccorrere l´altrui miseria è per sé stesso un atto degno di chi è superiore e migliore” (II-II, 30 4c).
        …..

        3. Ma è possibile la virtù della misericordia con i peccatori, quando il peccato è, sempre, volontario e quindi meritevole di castigo e non di compassione?

        “La colpa è essenzialmente volontaria. E sotto questo aspetto non è degna di compassione, ma di punizione. Siccome però la colpa in qualche modo può essere una punizione, cioè in quanto c´è in essa un aspetto che ripugna al volere di chi pecca, da questo lato può essere degna di compassione. Ed è per questo che possiamo avere misericordia e compassione dei peccatori” (II-II, 30, 1 ad 1m). È possibile la misericordia verso i peccatori perché il peccato è un inganno, perché quando uno pecca non si rende conto, ma sta eleggendo un male. Pure come nel castigo della colpa sempre c è qualcosa non voluta e degna di compassione. Ricordare le parole di Cristo sulla croce: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34).

        4. Il confessore deve essere misericordioso con i penitenti senza offendere la giustizia

        “Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell´amore misericordioso di Dio verso il peccatore” (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 1465). Il rischio della misericordia è quello di essere fraintesa, cioè, non rendersi conto che la misericordia implica un impegno verso se stesso (la conversione) e verso il prossimo (il perdono). La misericordia ha un prezzo, la conversione. La misericordia a buon mercato è una frode, un inganno. La misericordia non è un diritto; è un bisogno. La misericordia divina è senza limiti; ma il tempo della misericordia è limitato.

        Il confessore deve distinguere tra il sentimento istintivo di compassione della miseria altrui -la visione sentimentale della misericordia- e la virtù della misericordia, che emana dalla ragione e dalla fede, seguendo il giusto mezzo tra la commiserazione e giudicare giusto chi soffre un castigo. La misericordia, virtù, non è una passione, ma il dispiacere spirituale del male altrui, regolato per la ragione e la fede. Ascoltare e parlare al penitente con pazienza e soprattutto con carità pastorale è il vero esercizio della misericordia e la giustizia.

        Il confessore non deve separare mai la misericordia e la giustizia, perché in Dio sempre sono unite; ma non è facile contemplare ambedue le proprietà allo stesso tempo in Dio, senza cadere nel legalismo e nello spirito severo, rigido, inclemente (desiderando la condanna dei cattivi, rallegrarsi della esistenza dell´inferno e della condanna di alcuni). Anche è necessario valutare la legge e non lasciarsi muovere dalla ragione, dicendo se lo merita, ma dalla compassione, frutto della carità, dicendo poveri peccatori, si sono sbagliati. Un sacerdote quando perde lo zelo per la salvezza delle anime, tutte le anime, perde la sua identità sacerdotale.

        La misericordia e la giustizia divina invitano il confessore a essere molto cauto quando parla su questi argomenti. La giustizia è concepita nella Parola di Dio essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volontà di Dio. Dio castiga, ma castiga per amore. Sappiamo cosa succede quando si colma la pazienza di Dio? Quindi, il confessore deve incoraggiare al penitente a accettare con pazienza e con amore i travagli della vita.

        Il confessore è obbligato a identificare quali siano realmente oggi le pompe del diavolo, perché la maggioranza dei cristiani vive secondo i criteri del mondo; i cristiani la domenica sentono una cosa nella santa Liturgia, ma tutti i giorni leggono i giornali e vedono la televisione. Spesso si determina nelle persone un doppio vissuto: uno sociale, l´altro religioso, non privo dei conflitti interiori. Tutti gli uomini sono da salvare dalle insidie di Satana.

  13. A sostegno di nessuna tesi, ma solo per l’ennesimo grazie all’Emerito Papa Benedetto XVI.
    ………………………….

    Discorso del Papa ai partecipanti al Corso sul Foro Interno

    Cari amici,

    sono molto lieto di rivolgere a ciascuno di voi il più cordiale benvenuto. Saluto il Cardinale Fortunato Baldelli, Penitenziere Maggiore, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato. Saluto il Reggente della Penitenzieria, Mons. Gianfranco Girotti, il personale, i collaboratori e tutti i partecipanti al Corso sul Foro Interno, che è diventato ormai un appuntamento tradizionale e un’importante occasione per approfondire i temi riguardanti il Sacramento della Penitenza.

    Desidero soffermarmi con voi su un aspetto talora non sufficientemente considerato, ma di grande rilevanza spirituale e pastorale: il valore pedagogico della Confessione sacramentale. Se è vero che è sempre necessario salvaguardare l’oggettività degli effetti del Sacramento e la sua corretta celebrazione secondo le norme del Rito della Penitenza, non è fuori luogo riflettere su quanto esso possa educare la fede, sia del ministro, sia del penitente. La fedele e generosa disponibilità dei sacerdoti all’ascolto delle confessioni, sull’esempio dei grandi Santi della storia, da san Giovanni Maria Vianney a san Giovanni Bosco, da san Josemaría Escrivá a san Pio da Pietrelcina, da san Giuseppe Cafasso a san Leopoldo Mandić, indica a tutti noi come il confessionale possa essere un reale “luogo” di santificazione.

    In che modo il Sacramento della Penitenza educa? In quale senso la sua celebrazione ha un valore pedagogico, innanzitutto per i ministri? Potremmo partire dal riconoscere che la missione sacerdotale costituisce un punto di osservazione unico e privilegiato, dal quale, quotidianamente, è dato di contemplare lo splendore della Misericordia divina. Quante volte nella celebrazione del Sacramento della Penitenza, il sacerdote assiste a veri e propri miracoli di conversione, che, rinnovando l’”incontro con un avvenimento, una Persona” (Lett. enc. Deus caritas est, 1), rafforzano la sua stessa fede. In fondo, confessare significa assistere a tante “professiones fidei” quanti sono i penitenti, e contemplare l’azione di Dio misericordioso nella storia, toccare con mano gli effetti salvifici della Croce e della Risurrezione di Cristo, in ogni tempo e per ogni uomo. Non raramente siamo posti davanti a veri e propri drammi esistenziali e spirituali, che non trovano risposta nelle parole degli uomini, ma sono abbracciati ed assunti dall’Amore divino, che perdona e trasforma: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve” (Is 1,18). Conoscere e, in certo modo, visitare l’abisso del cuore umano, anche negli aspetti oscuri, se da un lato mette alla prova l’umanità e la fede dello stesso sacerdote, dall’altro alimenta in lui la certezza che l’ultima parola sul male dell’uomo e della storia è di Dio, è della sua Misericordia, capace di far nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5). Quanto può imparare poi il sacerdote da penitenti esemplari per la loro vita spirituale, per la serietà con cui conducono l’esame di coscienza, per la trasparenza nel riconoscere il proprio peccato e per la docilità verso l’insegnamento della Chiesa e le indicazioni del confessore. Dall’amministrazione del Sacramento della Penitenza possiamo ricevere profonde lezioni di umiltà e di fede! E’ un richiamo molto forte per ciascun sacerdote alla coscienza della propria identità. Mai, unicamente in forza della nostra umanità, potremmo ascoltare le confessioni dei fratelli! Se essi si accostano a noi, è solo perché siamo sacerdoti, configurati a Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, e resi capaci di agire nel suo Nome e nella sua Persona, di rendere realmente presente Dio che perdona, rinnova e trasforma. La celebrazione del Sacramento della Penitenza ha un valore pedagogico per il sacerdote, in ordine alla sua fede, alla verità e povertà della sua persona, e alimenta in lui la consapevolezza dell’identità sacramentale.

    Qual è il valore pedagogico del Sacramento della Penitenza per i penitenti? Dobbiamo premettere che esso dipende, innanzitutto, dall’azione della Grazia e dagli effetti oggettivi del Sacramento nell’anima del fedele. Certamente la Riconciliazione sacramentale è uno dei momenti nei quali la libertà personale e la consapevolezza di sé sono chiamate ad esprimersi in modo particolarmente evidente. È forse anche per questo che, in un’epoca di relativismo e di conseguente attenuata consapevolezza del proprio essere, risulta indebolita anche la pratica sacramentale. L’esame di coscienza ha un importante valore pedagogico: esso educa a guardare con sincerità alla propria esistenza, a confrontarla con la verità del Vangelo e a valutarla con parametri non soltanto umani, ma mutuati dalla divina Rivelazione. Il confronto con i Comandamenti, con le Beatitudini e, soprattutto, con il Precetto dell’amore, costituisce la prima grande “scuola penitenziale”.

    Nel nostro tempo caratterizzato dal rumore, dalla distrazione e dalla solitudine, il colloquio del penitente con il confessore può rappresentare una delle poche, se non l’unica occasione per essere ascoltati davvero e in profondità. Cari sacerdoti, non trascurate di dare opportuno spazio all’esercizio del ministero della Penitenza nel confessionale: essere accolti ed ascoltati costituisce anche un segno umano dell’accoglienza e della bontà di Dio verso i suoi figli. L’integra confessione dei peccati, poi, educa il penitente all’umiltà, al riconoscimento della propria fragilità e, nel contempo, alla consapevolezza della necessità del perdono di Dio e alla fiducia che la Grazia divina può trasformare la vita. Allo stesso modo, l’ascolto delle ammonizioni e dei consigli del confessore è importante per il giudizio sugli atti, per il cammino spirituale e per la guarigione interiore del penitente. Non dimentichiamo quante conversioni e quante esistenze realmente sante sono iniziate in un confessionale! L’accoglienza della penitenza e l’ascolto delle parole “Io ti assolvo dai tuoi peccati” rappresentano, infine, una vera scuola di amore e di speranza, che guida alla piena confidenza nel Dio Amore rivelato in Gesù Cristo, alla responsabilità e all’impegno della continua conversione.

    Cari sacerdoti, sperimentare noi per primi la Misericordia divina ed esserne umili strumenti, ci educhi ad una sempre più fedele celebrazione del Sacramento della Penitenza e ad una profonda gratitudine verso Dio, che “ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (1Cor 5,18), Alla Beata Vergine Maria, Mater misericordiae e Refugium peccatorum, affido i frutti del vostro Corso sul Foro interno e il ministero di tutti i Confessori, mentre con grande affetto vi benedico.

    25 marzo 2011

    [© Copyright 2011 – Libreria Editrice Vaticana]

  14. Fabrizio Giudici

    “La “lievissima” differenza tra un ladro o un evasore fiscale o un omicida è che questi tre danneggiano altre persone, mentre il divorziato risposato (che magari è stato abbandonato o che si è separato di comune accordo dal coniuge da un matrimonio diventato un ergastolo per entrambi, dopo che magari hanno aspettato a separarsi che i figli crescessero per non farli soffrire) non danneggia nessuno, anzi spesso si trova in una situazione nuova che porta felicità a tutti.
    Questa è la differenza tra un ladro, un evasore, un abortista con i divorziati risposati e i conviventi. Ed è una differenza bella grossa.”

    Caro Vincent, te lo dico fraternamente: del cristianesimo tu non hai capito una mazza, se pensi che il peccato sia esclusivamente “danneggiare qualcuno”. I primi tre comandamenti sono riferiti a Dio, e solo a lui. Solo gli altri sette, che vengono dopo, regolano le questioni tra uomini. E non hai capito una mazza neanche della felicità. Questa è la bella conseguenza del post-concilio.

    Dopodiché potrei fare qualche controesempio sonante, ma distoglierebbe dal punto fondamentale, che è quello che ho scritto.

    1. Poi, uno è il caso di chi viene abbandonato (che ha molte attenuanti, ma vede un solo Matrimonio valido), altro è il caso di che si separa di “comune accordo”, dove il fatto di essere “d’accordo”, non annulla la gravità di stato se i due pur tra loro consenzienti, iniziano altra relazione che è e rimane adulterio.

      Ma su questo tema Vincent, ci siamo già confrontati a lungo altrove e per te è tema ancora irrisolto…

    2. Vincent Vega

      Per Fabrizio

      “Caro Vincent, te lo dico fraternamente: del cristianesimo tu non hai capito una mazza, se pensi che il peccato sia esclusivamente “danneggiare qualcuno”. I primi tre comandamenti sono riferiti a Dio, e solo a lui. ”

      E io infatti non mi riferivo ai primi tre comandamenti, ma al sesto, ovvero uno di quelli che tu definisci come quelli che “regolano le questioni tra gli uomini”.

      “E non hai capito una mazza neanche della felicità. Questa è la bella conseguenza del post-concilio.”

      Facciamo così: spiega ad una donna che si è separata da un matrimonio che ormai era diventato un ergastolo, e che ha trovato un uomo che la rende felice, che quella che sta vivendo non è felicità, e che avrebbe dovuto vivere il resto della sua vita in stato monacale.

      Oppure spiega ad una che è stata abbandonata dal marito dopo essersi sposata che la felicità che sta sperimentando nella nuova unione è maledetta, e che avrebbe dovuto vivere il resto della sua vita da sola. Poi sei ti chiedi “perchè, che sto facendo di male?” Le risponderai che Dio vuole così e che quindi la sua felicità è illegittima.

      Al contempo però spiegale anche che la legge è per l’uomo e non l’uomo per la legge, senza far notare la contraddizione se ci riesci.

      Per Bariom

      “valido), altro è il caso di che si separa di “comune accordo”, dove il fatto di essere “d’accordo”, non annulla la gravità di stato se i due pur tra loro consenzienti, iniziano altra relazione che è e rimane adulterio.”

      Il problema è convincere queste persone che stanno commettendo adulterio, e che non lo commetterebbero vivendo come “fratello e sorella”, quando sappiamo bene che per commettere adulterio non è certo necessario l’atto carnale (vedi mono comandamento).

      Perciò una che vive come fratello e sorella per paura dell’inferno ma non considera più il suo ex marito come coniuge e desidera e ama il suo compagno che deve fare? Farsi fare il lavaggio del cervello?

      Come vedi quando si antepone la legge all’uomo nascono sempre un mare di problemi.

      Per Fabrizio

      “Per quanto riguarda l’evasore fiscale, pensa questo: Tizio non paga le tasse (tutte o in parte, ovviamente non importa). Non lo fa da decenni e con quello che ci ha “guadagnato” ha costruito un certo stile di vita per la sua famiglia. A parte l’origine di questo benessere, diciamo che i soldi li spende bene: per esempio, si occupa dell’educazione dei figli, sia religiosa che scolastica, eccetera. Si prende cura della sua famiglia. Qualcuno gli fa presente che non pagare le tasse dovute è peccato. E lui: sarà anche peccato, ma ormai sono in questa situazione. Se iniziassi a pagarle, e per di più dovessi pagare gli arretrati, non potrei più condurre lo stesso stile di vita, pensare all’educazione dei miei figli; la mia famiglia rischierebbe di sfasciarsi. Dunque, peccato o non peccato, continuerò a far quello che facevo. Dopotutto, se una coppia di divorziati risposati può addurre le stesse giustificazioni alla rottura di un sacramento, e alla violazione del sesto comandamento perché ormai si è rifatta un’unione, ha dei figli e deve badare a loro; non potrò ben farlo io?”

      Questo discorso è completamente insensato, perché mentre i divorziati risposati non fanno del male a nessuno e non danneggiano nessuno (e il sesto comandamento si rivolge proprio alle questioni dei rapporti tra uomini) l’evasione fiscale ruba alla comunità, a chi le tasse non può evaderle e ai più poveri, per quanto cerchi ipocritamente di giustificarsi dicendo che “non si fa rubare i soldi dallo stato”.

      Perciò il paragone non regge minimamente.

      Mi dispiace ma sulla morale sessuale e famigliare sto completamente dalla parte della Chiesa Ortodossa, e vedo che anche la Chiesa attuale sta prendendo quella china, grazie a Dio.

      1. ola

        @Vincent Vega – quello che dici e’assolutamente sensato, se misuriamo i tuoi esempi secondo il metro umano quello che viene richiesto e’senza dubbio impossibile, e nessun sano di mente potrebbe evitare di convenirne. Ma ricordati che nel matrimonio sacramentale Dio benedice l’amore degli sposi e lo innesta nel Suo. Chi puo’allora mettere limiti a quello che e’possibile o no?
        Secondo me la Chiesa fa invece bene a tenere alta l’asticella e a proporre alle coppie di sposi qualcosa che va oltre la “felicita’” di aver finalmente trovato una persona con cui si sta bene insieme.

        1. Vincent Vega

          Per Ola

          “Secondo me la Chiesa fa invece bene a tenere alta l’asticella e a proporre alle coppie di sposi qualcosa che va oltre la “felicita’” di aver finalmente trovato una persona con cui si sta bene insieme.”

          Sicuramente, la Chiesa deve tenere fermo l’ideale migliore, il punto è che non tutti gli uomini hanno la forza per adeguarvisi, e non tutti i cristiani hanno la forza per vivere le virtù cristiane in modo eroico (altrimenti sarebbero tutti Santi, che sono appunto coloro che vivono queste virtù in modo eroico) cionondimeno rimangono cristiani lo stesso.

          Perciò ecco, si all’ideale, ma ci vuole comprensione per chi non riesce ad adeguarsi concretamente ad un’ideale che va ben oltre la legge naturale, ed è per questo che non si può più considersre semore e comunque chi non riesce ad adeguarvi si come peccatori mortali, ma ci vuole l’epikeia, il discernimento caso per caso. Se perfino gli apostoli, che erano grandissimi Santi, dissero “allora non conviene sposarsi” puoi immaginare il cristiano comune, che spesso e volentieri è ben lontano dal riuscire a vivere le virtù cristisne eroicamente.

          “Ma ricordati che nel matrimonio sacramentale Dio benedice l’amore degli sposi e lo innesta nel Suo. Chi puo’allora mettere limiti a quello che e’possibile o no?”

          Il punto è che, purtroppo, non sempre le cose vanno per il verso giusto, e ci sono situazioni che diventano veri e propri ergastoli a due. Poi a volte Dio fa miracoli e cambia le cose inaspettatamente, ma non sempre accade, purtroppo, e quando ciò non accade ci vuole comprensione, visto che Gesù stesso saprà certamente che ha posto l’asticella talmente in alto che ben pochi umani sarebbero riusciti a seguire in toto certi precetti.

          Perciò sto totalmente con la Chiesa nella sua decisione di discernere caso per caso, senza inutili assolutismi kantiani.
          http://www.lanuovabq.it/it/articoli-kasper-divorziati-risposati-il-papa-ha-aperto-la-porta-15969.htm

          1. ola

            @Vincent rifletti su una questione: tu credi che quello che e’impossibile a noi con le nostre sole forze sia possibile a noi con la grazia che ci viene da Cristo? Non rispondermi ma riflettici.

          2. Thelonious

            @Vincent

            Gli Apostoli erano persone proprio come noi, né più né meno, con le loro grandezze e i loro limiti: basta leggere il vangelo per capire quanto erano limitati.
            Sono diventati grandi, si, ma in virtù della grazia santificante di Cristo, non perché fossero dei supereroi.
            Ciò che pare umanamente impossibile diventa possibile per la grazia di Cristo.
            Altrimenti bisognerebbe dire che Cristo propone qualcosa di impossibile e di irrealizzabile (l’asticella troppo alta) oppure che esiste la categoria “santi” e la categoria “comuni mortali”.
            Questo, perdonami, è una sciocchezza. Come ebbe a dire Madre Teresa di Calcutta, la santità non è un lusso per pochi, ma un semplice dovere per tutti noi.
            Uno degli insegnamenti del pontificato di S.Giovanni Paolo II è proprio la proclamazione di tanti santi, e moltissimi avevano fatto una vita “comune”, un eroismo quotidiano senza grandeur. Questo indica esattamente che la santità è una via percorribile da tutti.

            1. Vincent Vega

              Per Thelonius

              “Altrimenti bisognerebbe dire che Cristo propone qualcosa di impossibile e di irrealizzabile (l’asticella troppo alta) oppure che esiste la categoria “santi” e la categoria “comuni mortali”.”

              De facto i Santi come Padre Pio o San Francesco o molti altri sono persone che sono state in grado di incarnare tutte le virtù cristiane in modo eroico, e questa si è una cosa per pochi.

              Di sicuro Cristo propone un ideale altissimo che per molti è quasi impossibile da realizzare in toto. Non è invece affatto imoossibile far fruttare i propri talenti e le proprie capacità, che sono diverse da persona a persona.

          3. “visto che Gesù stesso saprà certamente che ha posto l’asticella talmente in alto che ben pochi umani sarebbero riusciti a seguire in toto certi precetti.”

            Questa è semplicemente un’eresia. 😐

            1. Vincent Vega

              Per Bariom

              “Questa è semplicemente un’eresia.”

              I santi sono coloro che riescono a vivere le virtù cristiane in modo eroico, ma è semplicemente un dato di fatto che non tutti ci riescano, semplicemente perché le capacità delle persone variano da ciascuno a ciascuno.

              Inoltre non tutti abbiamo le stesse virtù e gli stessi pregi. Molti martiri cristiani che stanno morendo di questi tempi e che sono morti in passato, di certo non erano campioni di ogni virtù, magari in alcuni punti erano anche molto carenti, eppure si fanno uccidere per non rinnegare Cristo.

              Era questo che intendevo, ovvero che l’essere capaci di incarnare il Vangelo in TUTTO quello che Gesù ci ha chiesto è roba per pochi, non per tutti, invece cercare di far fruttare al meglio i propri talenti (diversi da persona a persona, io ad esempio sono molto più portato per la Carità che per la Castità, c’è chi invece è all’opposto di me, eppure ha la stessa mia Fede) è per tutti.

      2. @Vincent,

        “Come vedi quando si antepone la legge all’uomo nascono sempre un mare di problemi.”

        No, direi che in questo caso si antepone la mentalità dell’Uomo (o il pensiero meramente umano) alla Legge Divina – che sono è bene ricordarlo Leggi per las nostra piena realizzazione e gioia – e si pongono precisi limiti alla possibilità della Grazia Divina (nulla è impossibile a Dio, ma tu enumeri le difficoltà umane) “nasce sempre un mare di problemi”.

        Non il contrario… 😉

        Ciao

  15. Fabrizio Giudici

    @Bariom.

    Penso che tu abbia ragione sui termini: quindi sopra è come se avessi scritto “coscienza”.

    “Cioè secondo te in pratica uno va a confessare un peccato (che poi perché dovrebbe confessarlo se si sente a posto “in coscienza” ?!) e siccome dichiara al confessore di non sentirsi in coscienza colpevole, questi lo assolve?? Di che parli?”

    Bariom: temo che tu abbia il privilegio di conoscere solo buoni preti. Nota la sottile ironia di questa frase: ne sono contento per te, ma non è un campione realistico di quello che succede.

    Per quanto riguarda l’evasore fiscale, pensa questo: Tizio non paga le tasse (tutte o in parte, ovviamente non importa). Non lo fa da decenni e con quello che ci ha “guadagnato” ha costruito un certo stile di vita per la sua famiglia. A parte l’origine di questo benessere, diciamo che i soldi li spende bene: per esempio, si occupa dell’educazione dei figli, sia religiosa che scolastica, eccetera. Si prende cura della sua famiglia. Qualcuno gli fa presente che non pagare le tasse dovute è peccato. E lui: sarà anche peccato, ma ormai sono in questa situazione. Se iniziassi a pagarle, e per di più dovessi pagare gli arretrati, non potrei più condurre lo stesso stile di vita, pensare all’educazione dei miei figli; la mia famiglia rischierebbe di sfasciarsi. Dunque, peccato o non peccato, continuerò a far quello che facevo. Dopotutto, se una coppia di divorziati risposati può addurre le stesse giustificazioni alla rottura di un sacramento, e alla violazione del sesto comandamento perché ormai si è rifatta un’unione, ha dei figli e deve badare a loro; non potrò ben farlo io?

  16. @Fabrizio,

    “Bariom: temo che tu abbia il privilegio di conoscere solo buoni preti. Nota la sottile ironia di questa frase: ne sono contento per te, ma non è un campione realistico di quello che succede.”

    Si, grazie a Dio conosco molti buoni preti, ma non per questo non credo non ne esistano di meno buoni o pessimi… ma c’è un fatto, se pensiamo ai pessimi, pessimi preti, come ai pessimi fedeli, dove arriviamo?
    Da nessuna parte!

    E nessuna legge o decreto e nemmanco l’esercito, potrà cambiare un bel nulla… quindi di che parliamo?

    Il seguente paragone divorziati > evasore, mi spiace non mi dice nulla… cioè il paragone regge, ma sempre in quanto alla possibile cattiva fede o ipocrita auto-assoluzione di cui già sopra ho detto…

    Per l’evasore che con le disoneste ricchezze ha mantenuto famiglia, io so e credo che chi si converte non avrebbe problema a comportarsi come Zaccheo.

    ‘Notte (che è tardi) 😉

    1. Fabrizio Giudici

      @Bariom Il seguente paragone divorziati > evasore, mi spiace non mi dice nulla… cioè il paragone regge, ma sempre in quanto alla possibile cattiva fede o ipocrita auto-assoluzione di cui già sopra ho detto…

      Ma ripeto: è proprio questo il punto. Dei divorziati risposati non frega niente né a Kasper né ad altri: sono una percentuale marginale dei fedeli praticanti (Tosatti fece qualche conto tempo fa). Quello che deve passare è la soggettività dell’auto-assoluzione.

      Vuoi un aneddoto personale? Amici che, qualche anno fa, non si facevano problemi a far battute sui “froci”. Per carità, l’umorismo in certe dosi si può fare su tutte le categorie di persone, ma diciamo che in non pochi casi era indice di un atteggiamento non proprio in linea con i dettami del catechismo. Poi è arrivata la “misericordia” di Francesco… e vedessi che faccia hanno fatto quando gli ho detto che andavo al Family Day. Perché? Perché avevano un paio di cose da auto-assolversi e avevano percepito il “liberi tutti” (oltre alle reticenze vaticane sulla manifestazione). Insomma, non rimproverare altri, per non essere rimproverato. Ecco perché ha senso il mio paragone.

      PS Belle risposte sopra, di Bariom, Thelonius, Ola.

      @Vega “Al contempo però spiegale anche che la legge è per l’uomo e non l’uomo per la legge, senza far notare la contraddizione se ci riesci.”

      Perché Cristo è legislatore, oltre che redentore, ed è stato chiaro sul tema. Non ti fidi di lui? Pensi che sei in grado di far meglio di lui? Quindi, la storiella “la legge è fatta per l’uomo” si può applicare alle leggi umane, imperfette per necessità. Non a quella divina. È presunzione pensare di trovare la felicità fuori dalla legge che Dio ha dato.

      E poi, si diceva, non ci sono solo i divorziati risposati. Pensa ad uno che ha perso i figli per malattia, o per incidente; o che ha avuto la famiglia sterminata. Cosa deve chiedere a Dio, che glieli resusciti? E siccome non lo fa, allora Dio è ingiusto? E se dunque certe persone devono sopportare questa croce, perché altre devono ritenersi esenti? Perché sono superiori?

      Il tuo è cristianesimo senza croce. Qualche giorno fa leggevo un articolo che prendeva spunto da una frase incisa su un’edicola con un crocefisso: “Io ho dato la mia vita per te. E tu cosa pensi di fare per me?” (più o meno, virgolettato a memoria).

      1. Il bello è che non ci chiede di fare un bel nulla “per” Lui (è da intendere bene il “per Cristo, con Cristo e in Cristo), ma di CREDERE in Lui e che Lui in noi, può operare qualunque cosa.

        “In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile.”

        Continuare a mettere avanti i nostri o comunque gli umani limiti, può significare solo due cose:
        O non aver capito nulla.
        O non avere Fede.

      2. Vincent Vega

        Per Fabrizio

        “Perché Cristo è legislatore, oltre che redentore, ed è stato chiaro sul tema. Non ti fidi di lui? Pensi che sei in grado di far meglio di lui? Quindi, la storiella “la legge è fatta per l’uomo” si può applicare alle leggi umane, imperfette per necessità. Non a quella divina. È presunzione pensare di trovare la felicità fuori dalla legge che Dio ha dato.”

        Quindi una coppia di divorziati risposati è in realtà infelice senza saperlo, anche se crede di essere felice e quell’unione ha portato solo frutti positivi per tutti (ho visto con i miei occhi diverse di queste persone rifiorire letteralmente dopo essersi liberati dall’ergastolo che era diventato il loro matrimonio, magari persone che hanno aspettato anni ed anni per separarsi per non far soffrire i figli)?

        Gesù, che appunto oltre che Redentore è Legislatore (vederLo solo come aredentore è un’eresia condannata dal Concilio di Trento), ci ha dato la legge perché fossimo felici, ma come regolarsi nei casi in cui la legge significherebbe l’infelicità? Ecco l’epikeia, il discernimento caso per caso che applica la Chiesa, conformemente a quanto ha già fatto in passato, PRIMA dello scisma cogli ortodossi. Non mi credi? Leggi, ho aperto io stesso quella discussione http://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=72411228#entry591230916 )

        “E poi, si diceva, non ci sono solo i divorziati risposati. Pensa ad uno che ha perso i figli per malattia, o per incidente; o che ha avuto la famiglia sterminata. Cosa deve chiedere a Dio, che glieli resusciti? E siccome non lo fa, allora Dio è ingiusto? E se dunque certe persone devono sopportare questa croce, perché altre devono ritenersi esenti? Perché sono superiori?”

        Scusami ma non capisco il paragone. Allora si potrebbe anche dire che Dio a volte ha fatto la Grazia, dopo che uno dei due coniugi ha abbandonato l’altro, di far tornare il coniuge fedifrago dal coniuge fedele quando ormai si erano perse le speranze, mentre invece non ho notizie di persone (di questi tempi, almeno) alle quali Dio abbia resuscitato i figli morti.

        Quindi? Sono paragoni assurdi, perchè allora dovremmo dire che DIO fa dei miracoli per far si che delle famiglie non si disuniscano ma non è (più) disposto a farli per resuscitare le persone.
        È la morte di un figlio rovina la vita ai genitori, è una disgrazia immane, un divorzio invece, in alcuni casi, può essere un’autentica liberazione.

        “Quindi, la storiella “la legge è fatta per l’uomo” si può applicare alle leggi umane, imperfette per necessità. Non a quella divina.”

        Come ti ho mostrato più sopra, la Chiesa, già ben prima dello scisma con gli ortodossi, si è regolata come si sta regolando ora coi divorziati risposati, proprio perché il decidere se ammetterli o meno alla Comunione è una legge ecclesiastica, che deriva dal potere papale di sciogliere e legare, come il celibato dei preti.

        Se la Chiesa è stata misericordiosa verso queste persone nel passato, più di mille anni fa, a maggior ragione potrà e dovrà esssrlo oggi, nell’epoca in Occidente più secolarizzata ed empia della storia.

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